Dopo aver scoperto la storia del Principe di Sansevero, ora vi conduco nella sua cappella, intrisa di mistero, alchimia e desideri. Alcuni realizzati, altri troppo blasfemi per un uomo…
Fate attenzione, siamo arrivati. Dobbiamo attraversare anfratti bui per giungere alla cappella dei Sansevero, che deve la sua misteriosa fama a Raimondo di Sangro Principe di San Severo che ne è stato il vero protagonista. Il Principe era un personaggio particolare per il suo amore della ricerca, il piacere della scoperta e dell’alchimia, la nobile arte; amava molto gli esperimenti di laboratorio e preparava da solo anche le misture e i solventi per dare ai colori resistenza e vivacità. Una prova è l’affresco della cappella, La Gloria del Paradiso: i colori sono rimasti intatti per quasi tre secoli, senza bisogno di alcun restauro, grazie, pare, alle sostanze usate dal Principe e ancora oggi sconosciute. Da alchimista, esercitava spesso l’arte di “sciogliere e coagulare” la materia, tanto da ottenere un particolare mastice per cornicioni, capitelli e statue, capace di restituire notevoli effetti plastici.
Intrigante, vero? Uno dei più grandi misteri che ancora accompagna costui sono due figure, due corpi, misteriosi, artefatti visionari e organici orrori, che si trovano nel sotterraneo annesso alla Cappella. Si sente il peso del tempo scendendo per la piccola scala di ferro, alla fine della quale si accede ad una stanza nella quale campeggiano due grandi teche. Qui sono conservate le cosiddette “Macchine Anatomiche“, due scheletri rivestiti da una intera rete di vene e arterie, solidificate, pare, con un processo di metallizzazione inventato dal Principe e di cui si è perso il procedimento misterioso e segreto (ricordiamoci che era pur sempre un alchimista).
Avrebbe, si dice, iniettato una sostanza alchemica nei corpi ancora in vita di due servitori, distruggendo l’involucro corporeo e lasciando al liquido il potere di disegnare le vene, le arterie e perfino i capillari, districandosi in esso e consumando la vita ai due. Verità di una maniacale ricerca o luminare scoperta, a noi non è dato sapere. Quello che si pensa è che il Principe privilegiava lo studio dell’alchimia e dell’anatomia umana per raggiungere l’immortalità. Una ricerca che potrebbe averlo portato alla morte, o forse solo follia.
In una vicina struttura trovo un vecchio racconto sul nostro principe misterioso, è uno scritto di Benedetto Croce. Pare che egli avesse scoperto un elisir prodigioso, capace di dar vita ai cadaveri, e che lo volesse sperimentare su di sé. Così diede ordine ad un servitore di tagliare il suo corpo a pezzi, una volta morto, e di chiuderlo in un baule, in attesa della sua rinascita. Qualcuno, però, aprì prima del tempo il baule: il corpo del Principe si sollevò semivivo, urlò e ricadde subito dopo, definitivamente morto, così a noi non resta che l’ombra di un mistero. È certa la sua morte, è certo il suo fascino, il suo intelletto, è d’ombra come il mistero la sua passione per l’esoterismo e l’alchimia, e le sue ricerche. Non sapremo mai cosa e perché lo stesse cercando, ma quel che potremmo sempre portarci dietro dopo questo viaggio è la certezza che ogni uomo segue una propria ricerca. Quale che sia la vostra, tutte hanno un valore, e per quanto macabra e triste possa essere la fine del principe ancora se ne canta nelle canzoni popolari, poiché quel che forse alla fine conta è quello che si fa della propria vita e non di come si parla della propria morte.
Ma come posso saperlo con certezza, non sono che un viaggiatore, quindi, Principe, ti lascio al tuo sonno, devo continuare il mio viaggio…
Shar-Karn, Viaggiatore di Mondi
–Michele D’Elia–