Edito in Italia da Armenia, Ladri di Spade (diviso in La Cospirazione della Corona e Avempartha) è il primo volume della trilogia The Riyria Revelations, scritta dall’americano Michael J. Sullivan. Si tratta di 681 pagine di carne al fuoco: buon potenziale, ma non sempre un risultato ottimale. Andiamo, però, con ordine.
Senza fare eccessivi spoiler, la trama ruota attorno alle vicissitudini di due ladri, Royce Melborn e Hadrian Blackwater, che si ritrovano ben presto e di malavoglia invischiati in complotti internazionali completi di immancabile regicidio (di cui loro vengono ingiustamente accusati), evasioni di maghi millenari da prigioni magiche supersegrete, draghi artificiali serial killer creati dagli elfi e la discendenza di un mitico e antico imperatore da trovare.
Iniziamo col dire che molto di ciò che si legge in questo libro sa palesemente di già visto. Nani scacciati dal sottosuolo a causa di un’orda malvagia, mentre gli elfi sono schiavizzati o trattati da paria nei regni umani? Sembra quasi Dragon Age. La magia chiamata “Arte”? Tipico di Robin Hobb. Razze fantasy rispettivamente create ognuna da una divinità diversa? Devo anche citare Tolkien? E un lettore un po’ inesperto potrebbe anche pensare che due cinici protagonisti ladri, di cui uno palesemente più abile dell’altro in combattimento, siano un’idea originale. Se non fosse che ci ha già ampiamente pensato (e con risultati ben superiori) Scott Lynch ne Gli Inganni di Locke Lamora. E sicuramente mi sono dimenticata qualche altro “prestito” per strada.
Chiariamoci: è difficile che un libro non abbia affinità con altre opere famose e per il fantasy è quasi impossibile non rimandare a Tolkien, però mi pare che Sullivan si sia fatto ben poche remore a prendere spunto dal lavoro di altri autori. Tuttavia, credo anche che lo scrittore abbia recuperato molti punti grazie ad un lavoro di worldbuilding profondo e dettagliato, in cui ha cercato di inserire elementi originali e di rendere il suo mondo coerente e funzionante, premurandosi anche di studiare le basi della scherma medievale per dare realismo ai propri combattimenti. Ma le sviste, anche banali, sono sempre in agguato, e si notano facilmente in un’opera che, in questo ambito, strizza così tanto l’occhio ai lettori puntigliosi: sottolineiamo un dito posizionato male su un arco, ma poi parliamo di cicale in inverno e di fortezze pentagonali (appositamente costruite per resistere ai cannoni) in un mondo privo di polvere da sparo?
Inoltre, questo approfondito lavoro di ricerca non sempre emerge con naturalezza: infatti, le informazioni sul mondo di solito sono fornite in lunghi infodump, che spesso risultano artificiosi e messi in bocca ai personaggi forzatamente. Ciò in effetti cozza abbastanza con lo stile piacevole e la grande sapienza nell’impostare il ritmo narrativo solitamente sfoggiati da Sullivan, che ha l’accortezza di iniziare il libro nel bel mezzo di una scena d’azione e di segmentare i capitoli per creare suspense (sebbene i colpi di scena siano quasi tutti molto prevedibili).
Positivi, comunque, i personaggi, ben caratterizzati e molto umani, senza che nessuno di loro risulti stereotipato o infallibile. Royce e Hadrian sono due protagonisti che funzionano, risultando genuinamente piacevoli, sebbene troppo spesso diano l’impressione di essere due personaggi di una campagna di D&D: l’uno il ladro Caotico Neutrale alla perenne ricerca di trappole, con il massimo dei gradi in Furtività, Percezione e Scalare; l’altro il guerriero Neutrale Buono competente in tutte le armi, ma con un bel po’ di gradi anche in Diplomazia. Inoltre, Sullivan si è premurato di dotare Royce di un background raccontato da un personaggio secondario (mai più rivisto) e totalmente ininfluente ai fini della storia, mentre Hadrian sfoggia tre spade (Zoro, sei tu?), senza poi mai destreggiarsi nell’uso di quella alta quasi quanto lui (Gatsu, ti sei forse affidato ad un autore che scrive molto?).
Infine, un’ultima tirata d’orecchi va alla revisione italiana del libro: purtroppo si incappa in decine di refusi, la cui gravità va da un doppio spazio fra due parole, a un discorso diretto ripetuto due volte, fino a seri problemi col verbo avere, spesso erroneamente usato come ausiliare in costrutti come “avresti dovuto restare”.
Insomma, Ladri di Spade è carino, si lascia leggere, intrattiene e ha anche buone idee. Ma siamo ben lontani da un capolavoro: voi l’avete già letto? Che ne pensate?
–Gloria Comandini–
[amazon_link asins=’B073W2L7YG,B014OESGXK,B074DJ95ZW’ template=’ProductCarousel’ store=’isolilly-21′ marketplace=’IT’ link_id=’f3f57f36-7901-11e7-969a-89fcec877e0b’]
‘Ladri di Spade’ di Michael J. Sullivan – Recensione
Gloria Comandini
- Buon ritmo narrativo;
- Personaggi simpatici e ben caratterizzati;
- Evidente impegno nel worldbuilding;
- Troppi “spunti” da altre opere;
- Infodump pesanti e innaturali nella narrazione;
- A volte pare di essere di fronte a personaggi smaccatamente tratti da una campagna di D&D;
- Numerosi refusi nella versione italiana;