Il solerte Dungeon Master ha speso settimane preparando la sua nuova avventura. Ogni stanza delle segrete del castello è stata descritta minuziosamente, sviscerata in ogni particolare: colorite sezioni descrittive da leggere ai giocatori, dettagli sugli occupanti delle stanze, sui loro equipaggiamenti, sulle loro ipotetiche reazioni alle azioni dei personaggi giocanti (e non). Quando finalmente arriva il momento di sedersi al tavolo, però, si accorge che non tutto procede secondo i piani. Talvolta la memoria lo tradisce, e di fronte al muro di parole da lui stesso eretto si trova spaesato, costretto a rileggere tutto al volo per ricordare cosa diavolo debba accadere in seguito, imponendo lunghe e devastanti pause ai giocatori che iniziano a distrarsi e annoiarsi. In altri casi, specialmente quando il gioco si focalizza su ambienti che ha sviluppato di recente, la sua memoria è talmente fresca da permettergli di condurre il gioco ad occhi chiusi, senza bisogno di tutto quel testo scritto per il quale ha sprecato una montagna di tempo. Quelle dettagliate descrizioni lette ai giocatori, poi, invece di creare atmosfera e generare interesse, spezzano il ritmo di gioco, provocando sbadigli e disattenzione. Più tardi, i personaggi intraprendono un corso d’azione inaspettato e il povero DM non riesce a ricordare dove si trovino le informazioni necessarie per gestire correttamente l’evento. Decide di improvvisare per evitare ulteriori lunghe attese e, sorprendentemente, quella parte di sessione risulta la più divertente e memorabile dell’intera sessione. Stessi problemi, amplificati, gli si presentano quando utilizza un modulo prodotto da terzi: anche dopo averlo letto tutto (meglio se un paio di volte) da cima a fondo, difficilmente sarà padrone dei suoi contenuti al punto da evitare amnesie e rallentamenti. Risultato: spenderà molto più tempo vagando con occhi angosciati sulle pagine estranee di quanto ne trascorrerà interagendo con i giocatori, e la qualità della sessione colerà a picco. È davvero questo il modo migliore di approcciare una campagna di GdR?Per rispondere alla domanda retorica, osserviamo la foto qui sopra, che ritrae Gary Gygax (per i due neonati che mi leggono, lo ripeto: è uno dei papà di D&D e fondatori del Gioco di Ruolo!) alla Geneva Convention nel 2007: da una parte la mappa, intricatissima, dei sotterranei; dall’altra un foglietto con alcune scarne righe di descrizione. E basta! Come faceva, il Grande Maestro, a condurre le epiche partite per cui era rinomato? Semplicemente, avendo creato e utilizzato in innumerevoli sessioni il dungeon, conosceva a menadito i suoi contenuti senza alcun bisogno di soffermarsi a leggere. Inoltre, l’avere solo poche indicazioni generiche gli permetteva di improvvisare tutto il resto con maestria, rendendo la partita molto più dinamica e influenzata in tempo reale dalle azioni dei giocatori, risultando in sessioni sempre diverse e appassionanti.
Chi vi scrive è familiare con questo sistema: le mie prime avventure come DM consistevano in rozze mappe scribacchiate a matita su fogli a quadretti e stringati appunti scritti sullo stesso foglio, magari direttamente sopra la stanza interessata. Eppure molte di esse sono ancora celebrate, dai miei ormai attempati giocatori, come le partite più memorabili della loro esperienza.
Una corrente di pensiero, particolarmente popolare tra gli appassionati di lunga data, sostiene che tutto ciò di cui si ha bisogno per condurre una partita di D&D (o di altri GdR, se è per questo) sia una mappa, degli appunti con i fatti più importanti ridotti all’osso e magari una tabella di incontri casuali con sintetici blocchi di statistiche. Il resto lo fa l’immaginazione, la creatività, la capacità d’improvvisazione. Da questa filosofia è nato, dalle discussioni su blog e forum di vari appassionati in rete, il concetto estremo (ma non troppo) di One Page Dungeon (dungeon di una pagina), secondo i cui precetti tutte le informazioni dello stesso (o al limite del livello corrente, se si parla di sotterranei particolarmente vasti), mappa e legenda, debbano stare su un unico foglio, permettendo al DM di avere tutte le indicazioni necessarie sempre dinanzi a lui. Il concetto iniziale prevedeva un template preciso con una griglia di 30×30 quadretti in alto a sinistra, e il resto del foglio dedicato alle informazioni di gioco, ma nel tempo il concetto si è sviluppato in direzioni molto diverse.
Questa serie di speculazioni e considerazioni sono culminate, nel 2009, nella One Page Dungeon Contest, una competizione online dalle regole semplici: i partecipanti devono presentare un dungeon (o un’avventura) con tutte le informazioni necessarie al Dungeon Master contenute su una sola pagina, o meglio, facciata, di dimensioni standard (A4 o US Letter). Non starò a tediarvi in questa sede con date e nomi degli ideatori; se siete interessati potrete trovare tutto a questo link. Nato come una competizione di nicchia, il concorso sta però lentamente crescendo sia come numero di partecipanti che come interesse da parte degli addetti ai lavori. L’edizione del 2014 è stata sponsorizzata da diversi marchi prestigiosi del GdR internazionale, e la giuria preposta a valutare le opere dei partecipanti era composta da personaggi molto noti agli appassionati, vere e proprie “star” del GdR, tra i quali Ernie Gygax (figlio di Gary e primo giocatore e playtester di Dungeons & Dragons!) e Steve Winter (carriera ultra ventennale con TSR e WotC, co-autore della campagna “Tyranny of Dragons” per la nuova edizione 5.0 di D&D).
Basterà visitare il sito del concorso e dare un’occhiata alle opere presentate dai concorrenti per avere conferma di un assunto di cui il vostro umile cronista è fermamente convinto: restrizioni e limitazioni stimolano la creatività, invece di soffocarla. È incredibile constatare di cosa sono stati capaci i game designer partecipanti, in sei anni di concorsi. Si trovano prodotti fedeli all’idea originaria, con mappa in un angolo e descrizioni sul resto della pagina, mappe isometriche, illustrazioni artistiche di pregevole fattura estetica, costrutti modulari in grado di generare dungeon immensi con pochi elementi, avventure “potenziali” dove viene soltanto delineato un abbozzo di ambientazione e alcuni personaggi, o addirittura mappe di interi territori con appunti sufficienti per creare una vera e propria campagna. Il tutto negli stili più disparati: schizzi fatti a penna su fogli a quadretti, scannerizzati e inviati così come sono, accanto a vere e proprie opere digitali professionali realizzate in Photoshop, diagrammi di flusso di eventi, caotici collage di idee e personaggi, dungeon isometrici disegnati a mano con stile fumettistico e chi più ne ha più ne metta. Nessuna delle opere viene sottovalutata o snobbata, perché quello che conta maggiormente è il suo valore ludico, mentre il fattore estetico, per quanto non guasti, è secondario. Un dungeon ben concepito, divertente da giocare, ed esposto con chiarezza può tranquillamente venir preferito ad opere esteticamente più spettacolari o dall’aspetto superficialmente più professionale. Inutile tentare di descrivere a parole ciò che l’umano ingegno è stato in grado di concepire: andate a vedere di persona e resterete allibiti, cari amici illyoners. Le opere prodotte vengono raccolte in “Compenda” annuali scaricabili gratuitamente (o lasciando un’offerta simbolica che serve a finanziare le edizioni future) da siti come DriveThruRPG e sono vere e proprie fonti di mappe e avventure con cui divertirsi per anni.
C’è da dire che il concorso è interamente in lingua inglese, e questo può svantaggiare non poco chi non lo mastica dignitosamente. È forse per questo che la maggioranza dei partecipanti attuali sono nordamericani, inglesi, australiani, ma con un po’ di impegno e dedizione lo scoglio linguistico può essere superato. Dopotutto non è necessario scrivere un saggio di letteratura, la legenda può essere semplice e sintetica, purché ci si assicuri che sia corretta e comprensibile. Perché vi sto dicendo questo, cari amici? Vedete, si dà il caso che il vostro umile relatore si sia assunto l’onere e l’onore di rappresentare la creatività italica nell’edizione 2014, ottenendo tra l’altro un lusinghiero piazzamento. Quest’anno sarebbe oltremodo gradita la compagnia di altri appassionati compatrioti. Orsù, amici Illyoners, l’edizione 2015 è alle porte! Unitevi alla contesa e dimostriamo che il buon vecchio stivale è ancora la culla della creatività! Raccoglierete il guanto di sfida?
– Lorenzo Santini –