Quando a Matt Damon venne proposto il classico quesito della pillola blu o rossa, in cui la blu avrebbe sanato il debito pubblico mondiale e la rossa lo avrebbe portato a recitare nel primo kolossal cinese interpretato da un americano, per di più in lingua inglese, siamo quasi certi che il prolifico attore (più di 30 film negli ultimi 17 anni) che ha dato i natali a Jason Bourne e più volte candidato all’Oscar, non abbia avuto alcun dubbio: pillola rossa, e resto nel paese delle meraviglie. Dopotutto, lavorare gomito a gomito con Zhang Yimou ed Andy Lau (e Jing Tian, aggiungo io), per la prima volta nella storia del cinema tutti assieme, avrebbe fatto gola a chiunque.
Già nel momento del suo annuncio, The Great Wall suscitò la curiosità e a volte le ironie del mondo del web, e non solo quello.
Comprensibile, a conti fatti, viste le premesse del tutto particolari.
Condivisibile, dopo i 120 minuti di proiezione a cui abbiamo assistito.
Con la promessa di non farmi tuttavia influenzare dal fastidioso prurito che mi ha causato la visione del trailer e delle armature da Power Ranger dei soldati cinesi, decido di metter da parte ogni pregiudizio, sia positivo che negativo, e di inserire il disco Blu-Ray nel lettore.
Jas… ehm, William (Matt Damon) e Tovar (Pedro Pascal) sono due mercenari di origine europea che si ritrovano coinvolti in un viaggio alla scoperta dell’oriente, con lo scopo di accalappiare la preziosissima polvere nera, arma segretamente (ma manco troppo) conservata da quei birboni dei cinesi, allo scopo di rivenderla al miglior offerente in occidente. Il problema è che i suddetti cinesi se ne stanno belli e rintanati dietro la maestosa muraglia e vanto connazionale, nonché una delle sette meraviglie del mondo moderno, quindi arrivare dall’altra parte potrebbe essere un reale problema. Quello che, tuttavia, il mondo al di qua del muro non sa è che tale complesso di mattoni e barriere naturali non è posto lì solo per tener fuori le minacce degli invasori del nord: un nemico ben più pericoloso si acquatta da qualche parte tra i monti. Un nemico affamato, numeroso e virtualmente imbattibile (no, non stiamo parlando degli assicuratori): i Taotie. È proprio dall’incontro ravvicinato con uno di questi nemici che William e Tovar cominciano a comprendere che forse l’idea del viaggio orientale non sia stata un’idea propriamente geniale. E così, tra una cosa e l’altra, il dinamico duo si ritrova coinvolto fianco a fianco a un Ordine segreto dell’Impero cinese, impegnato nella difesa della Muraglia contro migliaia di creature aliene che minacciano di cibarsi dei milioni di abitanti della Cina, ottenendo le energie necessarie a riprodursi e proseguire in questo modo, divorando il mondo intero. Sullo sfondo, un Willem Dafoe con pessime intenzioni architetta una fuga con un carico di polvere nera assieme ai due protagonisti.
Il plot alla base di The Great Wall è questo e, detto tra noi, potrebbe non essere neppure un’idea malvagia per un prodotto fantasy. Anzi, in un certo senso, messe da parte le pretese storiche che molti avevano nei confronti della pellicola, non è il concept più folle a cui ci siamo avvicinati. I problemi reali arrivano quando si vanno ad analizzare quegli elementi che fanno di un film un buon film. Fa purtroppo un po’ tristezza constatare che Zhang Yimou non riesca a far molto per sopperire a una sceneggiatura pregna di cliché, scene già viste e dialoghi prevedibili. Da uno Wu Xia Pian ti aspetti altro, ovviamente, e in quel senso The Great Wall mostra i muscoli: le scene di combattimento sono piacevoli e quasi sempre ben congegnate, eccezion fatta per certe idee a dir poco subottimali che non riescono a distogliere dai problemi insiti della pellicola, generando nello spettatore il dubbio di guardare realmente a un film con un inizio, uno svolgimento e un finale. Tutto è coreografico, ben allestito, fin troppo colorato, e ciò che rimane in bocca è il sapore e l’impressione di aver assistito a un’esibizione della nazionale cinese di aerobica. La totale assenza di climax, purtroppo, mina gravemente gli sforzi fatti per realizzare scene coreograficamente ineccepibili.
L’Ordine Senza Volto è una organizzazione ben coordinata: 5 tipi di unità differenziati dalle proprie specialità e, soprattutto, dai propri colori distintivi, tutte più o meno utili alla causa. Tutte, tranne una. Davvero, mi dispiace per le Lanciatrici, ma io non ho trovato nella loro presenza un reale senso che non fosse nella mera coreografia e nella facile scenetta drammatica. Sostanzialmente si tratta di unità formate da sole donne che fanno bungee jumping dal bordo della muraglia per abbattere corpo a corpo i Taotie, col solo risultato di crepare malissimo nel tentativo di portare nella tomba anche un solo nemico. A parte il fatto che lanciarsi con delle corde legate alle caviglie indossando delle armature di 40 chili dovrebbe rappresentare un’idea folle, le Lanciatrici sono dei veri e propri kamikaze, sprezzanti del pericolo, ma che non riescono neppure nel tentativo di decimare la prima linea nemica. Semplicemente, si gettano nel vuoto, colpiscono un mostro a caso, quando va bene lo uccidono, per poi morire travolte da uno sciame di suoi confratelli. Ha senso? No. È utile alla trama? Non proprio. Ha un messaggio? Sì. Xin-Ren, letteralmente “fiducia”: l’essere umano deve gettarsi nel vuoto, ma fidandosi del compagno che regge per lui la corda. Certo, poco importa che dall’altro capo della corda ci sia uno sciame di fauci da sfamare.
Certe scelte registiche devono tuttavia rimanere tali: poetiche, affascinanti, belle da vedere quanto inverosimili e, come detto, è proprio in queste sfumature che bisogna apprezzare The Great Wall. Il problema sorge quando gli unici punti di forza vanno ricercati nei combattimenti e nelle scene d’azione in generale: se sono deboli anche quelle, allora la sceneggiatura, i colpi di scena inesistenti e la totale assenza di pathos si fanno sentire… e purtroppo, vedere le principali cariche dell’Ordine Senza Volto vestite come dei Cavalieri dello Zodiaco, scusate, smorza un po’ l’entusiasmo.
La simbologia, il sottile messaggio che trapela da questo The Great Wall, però, va quantomeno analizzato, sebbene non sia assolutamente bastevole a coprirne le carenze. Lo spettatore saggio capirà che il vero nemico non è rappresentato dalla razza aliena pronta a divorare tutti quanti, ma va ricercato al nostro fianco, dentro di noi: è l’essere umano, l’avidità, l’ingordigia e il desiderio di possesso che il duo di protagonisti esprime sin dal principio per la polvere nera, concetto che emerge quando l’Ordine Senza Volto decide di farne finalmente uso contro il ben più materiale nemico divoratore. Gli stessi alieni vengono raccontati come una punizione divina per l’avidità dell’uomo. Tutto molto bello, tutto molto lineare.
Il Blu-Ray da me visionato non presenta particolari magagne dal punto di vista tecnico. L’immagine risulta sempre fluida e i colori vividi. L’audio, che si presenta in italiano e inglese, è il classico Digital Theather System, di qualità lievemente superiore rispetto al più diffuso Dolby Digital, ma che viene proposto nella sua versione DTS-HD Master Audio 5.1 solo nella lingua inglese, mentre ci si deve accontentare del DTS a bassa definizione per la lingua italiana. Niente di nuovo, insomma. Nessun particolare colpo di scena neppure nei contenuti speciali, a parte qualche minuto di dietro le quinte con un paio di interviste, tra cui quella a Matt Damon che ci tiene a dire che il film è bellissimo, senza dare l’impressione di crederci nemmeno per un secondo.
A conti fatti, un’occasione persa per un film che avrebbe potuto (e dovuto!) rappresentare una pietra miliare del genere, ma che ai miei occhi risulta solamente un salto nel vuoto, bellissimo, ma senza corda di sicurezza.
–Alessandro Fresta–
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The Great Wall – Recensione della versione home video
Isola Illyon
- Le coreografie dei combattimenti sono coinvolgenti;
- I colori sono mozzafiato;
- C'è Jing Tian!
- La sceneggiatura non è all'altezza;
- La recitazione è piuttosto lineare;
- L'audio in italiano è in bassa definizione;
- I dialoghi sono un po' scontati e ci sono molte scene slegate tra loro;