Vi ricordate di Marlon James? L’autore, già vincitore di numerosi premi per il suo “Breve Storia di Sette Omicidi”, rilasciò poco più di un anno fa alcune dichiarazioni, con le quali criticava aspramente Il Signore degli Anelli e Il Trono di Spade (ma più in generale il fantasy classico, come vi riportammo qui), asserendo che questi fossero poco “africani”, e aggiungendo che avrebbe costruito il suo fantasy personale con Blackjack e squillo di lusso (cit.). In molti credettero che quella dell’autore fosse la solita critica atta a far parlare di sé, e che si sarebbe spenta autonomamente dopo qualche mese, e invece, con grande sorpresa di tutti, James ha fatto seguire davvero i fatti alle sue parole.
Pare che il buon Marlon abbia lavorato per ben otto anni sulla stesura di una trilogia denominata Dark Star, e che sia rimasto a sua volta impressionato dalla quantità di materiale che sarebbe riuscito a reperire per i libri. I tre volumi, che saranno ispirati alla mitologia e all’epica africana, hanno già un titolo: Black Leopard (in uscita nell’autunno del 2018), Red Wolf – Moon Witch, e Night Devil – The Boy and the Dark.
La saga ruoterà intorno a tre personaggi, The Tracker (il cacciatore, forse?), Moon Witch (una maga, forse?) e The Boy (il nuovo arrivato, forse?). Questi si ritroveranno segregati all’interno di una cella nel castello di un re morente, in attesa di torture per aver fallito la missione che gli era stata assegnata nove anni prima, e cioè trovare un ragazzo, probabilmente il figlio del sovrano. I tre libri racconteranno la stessa vicenda, ma dal punto di vista di ogni personaggio, che quindi narrerà i fatti secondo la propria visione, andando magari a screditare le opinione degli altri due, senza quindi far capire al lettore (almeno non immediatamente) cosa sia realmente accaduto.
Marlon ha anche rivelato che i libri sembreranno ambientarsi in una sorta di Terra di Mezzo, una Mogadishu appena uscita dall’Età del Ferro, per essere più precisi. Per recuperare questa ambientazione lo scrittore ha scavato nell’epica africana, senza accontentarsi di quella comune di Son-Jara o Askia Mohammed. “Una volta giunto così nel profondo delle tradizioni africane” ha commentato l’autore, “il libro si è praticamente scritto da solo. Così come in Europa ci sono stati i giganteschi Imperi di Roma e carolingi, in Africa v’erano quelli ghanesi, etiopi. Ma non volevo scrivere un romanzo storico, volevo qualcosa che fosse fantasy, volevo mostri, magia, cose così. E quindi ce li ho messi. Nelle prime 50 pagine il protagonista si trova a nuotare fino a raggiungere il fondo dell’oceano, incontrando il popolo acquatico per curare una misteriosa malattia. Sto anche cercando di inserire un linguaggio proprio del libro” ha poi continuato, tra una risata e l’altra. “Insomma, ciò che ha fatto Tolkien con l’Elfico è stato fantastico. Voglio provarci anche io, studiando la lingua africana e cercando di costruire un linguaggio comprensibile e concreto. Il lavoro da fare in merito, però, è ancora lungo”.
Sembra quindi che lo scrittore abbia sì preso le distanze dal fantasy europeo, ma che allo stesso tempo abbia alleggerito molte delle critiche che aveva mosso contro quest’ultimo, andando a costruire quello che pare un fantasy africano che non sia in contrasto con quello più classico, ma che invece gli si affianchi. Vedremo come si evolverà questa storia.
–Yari Montorsi–