È passato un anno esatto da quando, su queste stesse pagine, ho avuto l’onore di recensire per voi il settimo episodio di Star Wars, “Il Risveglio della Forza” (qui). E ora sono di nuovo qui a parlarvi, con il cuore in mano e senza farvi nessun tipo di anticipazione, di un nuovo capitolo della mia storia preferita. O meglio, di uno spin-off, perché è questo che è “Rogue One”, una parentesi sul passato che ci mostra un altro punto di vista sulla Galassia. E che punto di vista, ragazzi.
Qui non guardiamo più dagli oblò del Falcon, attraverso gli occhi degli eroi con le spade laser; la pellicola non ci viene introdotta con musiche trionfali e introduzioni con testi a scomparsa, e scopriamo che in quel mondo c’è molto di più dei Jedi o dell’Impero. Ci sono le persone e la loro vita in tempo di guerra. Sembra banale dirlo, ma in sette episodi il nostro sguardo non si è mai posato su di loro, perché per noi sono sempre state comparse, solo un contorno dovuto per una storia dal respiro epico. E invece, ora ci viene ricordato che non c’è niente di più epico del sacrificio per un bene più grande. Ce lo raccontavano gli antichi greci, ce lo raccontano le gesta dei protagonisti di “Rogue One”. E dopo questo film, credetemi, rivaluterete il significato della Trilogia Originale e lo comprenderete ancora più profondamente, oltre a comprendere finalmente uno dei più grandi misteri che ha attanagliato l’umanità per anni: com’è possibile che la Morte Nera possa esplodere con un solo colpo.
L’Impero regna sovrano. Interi pianeti sono presidiati dalle sue truppe che pattugliano le strade, dalle grandi città ai più piccoli insediamenti. L’atmosfera che si respira è quella di un’occupazione nazionalsocialista (molto più convincente dei pur arrembanti proclami del Primo Ordine) con cui i comuni mortali hanno imparato a convivere per non dover soccombere. Ma c’è chi a tutto questo non vuole sottostare, ed è nelle mani di costoro che giace il destino della Galassia, perché, scomparsi i Jedi, ogni speranza di aiuto “divino” sembra essere completamente svanita. Il fuoco sacro della Forza rimane acceso solo grazie a pochi individui che non smettono di credere che un futuro migliore sia ancora possibile. Perché la ribellione, che abbiamo finora identificato con l’idealismo aggregante della Principessa Leia, in realtà è un coacervo di fazioni spesso in disaccordo, se non in lotta, fra loro. Senza contare che c’è chi, pur non essendo complice dell’Impero, ritiene che la ribellione sia solo un’altra causa di perdite in vite umane.
E qui c’è il primo tocco magico di Edwards e degli sceneggiatori: dimenticatevi la favola di Lucas, perché la famiglia Skywalker qui non c’entra nulla. La guerra è guerra, la violenza è cruda da entrambe le parti, il doppio gioco è all’ordine del giorno, i civili inermi muoiono – proprio sotto i nostri occhi – e anche quelle forze che possiamo definire del bene devono in qualche modo sopravvivere. Vivi e lascia morire, sembra essere il motto del capitano Cassian Andor. Perché in gioco c’è qualcosa di più importante della vita dei singoli, e tutto quello che fanno i ribelli, anche le cose più terribili, le fanno per un bene superiore. Perché è vero, anche loro si sono macchiati le mani con atti violenti di cui si vergognano, esecuzioni sommarie, azioni sovversive, spionaggi. Sì insomma, i ribelli sono partigiani, niente di più e niente di meno.
Non ci sono i soliti titoli di testa, né temi musicali da batticuore. Una scelta giusta che sottolinea la discontinuità di atmosfere – solo con quelle, perché per il resto è una figata dietro l’altra – con gli episodi principali della saga. Si inizia in medias res ma la concitazione, che ci accompagnerà per quasi tutto il film, si prende il giusto tempo. Perché inizialmente è la Galassia con i suoi tanti pianeti a essere una specie di co-protagonista. Finalmente voliamo su mondi finora sconosciuti, avendo l’impressione che le terre di cui abbiamo sempre sentito solo parlare esistano davvero; un altro aspetto del realismo in cui “Rogue One” vi farà immergere.
Jyn Erso, eroina suo malgrado di cui ci vengono spiegate le origini, è la protagonista assieme a Cassian Andor di una missione disperata, apparentemente suicida. Ma cos’è che li spinge a esporsi a pericoli tanto grandi? Pericoli che forse solo un Jedi sarebbe in grado di affrontare, non certo una squadra di volontari scapestrati. Secondo colpo di genio: nei tempi più bui, è il sogno di un futuro luminoso per chi verrà dopo a muovere i cuori più puri. È il bisogno di sapere che il sacrificio di molti non sarà vano.
È proprio un punto di vista diverso, che si libera dall’eroismo classico raccontandoci una storia appassionante che cattura, ma allo stesso tempo si inserisce alla perfezione nella continuità narrativa della storyline principale. E qui il terzo tocco da maestro: l’onestà dei protagonisti, che convince e commuove (altro che Finn e Kylo Ren, mi spiace). Perché dicono quello che ci aspettiamo che dicano – senza battute eccessive e fuori luogo –, agiscono come ci aspettiamo che facciano, imparano a credere senza aver visto. Perché «le ribellioni si fondano sulla speranza».
Il cambio di punto di vista è forte, ma necessario. Tutto sembra più violento, crudo, cupo. Compreso Darth Vader. Servirebbe un mezzo articolo a parte per parlare del suo ruolo in questa pellicola, come quello di altre vecchie glorie di cui non vi dico nulla! “Rogue One” è un film di guerra, girato meravigliosamente. Con scene di battaglie coinvolgenti, adrenaliniche e dal destino in bilico. Parte lento, ci avvolge con la sua trama ed esplode in un crescendo finale che lascia semplicemente abbagliati, a bocca aperta. Una cosa ve la posso dire, però, perché so che state aspettando che vi dica se questo film è migliore di Episodio VII: al di là del fatto che siano due vicende completamente diverse che non si possono paragonare, dopo aver visto “Rogue One” vi sarà più chiaro quante siano le cose che la Disney ha da farsi perdonare per “Il Risveglio della Forza”.
E ora via, correte a comprare i biglietti. Io posso tornare a dormire in pace con la Galassia, perché la Forza è in me e sono un tutt’uno con la Forza.
–Michele Martinelli–
Rogue One: A Star Wars Story – Recensione (NO SPOILER)
Michele Martinelli
- Darth Vader;
- La Morte Nera più terrificante che mai;
- Perfetta continuità con le due trilogie, tutto è dove deve essere in un film di Star Wars;
- Una svolta realista che si integra alla perfezione con quella sognante cui eravamo abituati;
- Tecnicamente uno dei più bei film di guerra (non solo spaziale) mai girati;
- Personaggi e attori convincenti, mai banali e perfettamente funzionanti tra loro;
- Dialoghi di spessore davvero alto;
- Alcune scelte di doppiaggio non mi hanno convinto del tutto;
- La musica è un po’ troppo debole in alcune scene, dove dovrebbe invece essere più di sostegno all’azione;