La storia che vi racconto oggi inizia nel 1987, nella regione sud orientale dell’Iraq, dove furono intrapresi scavi archeologici da parte del Centro Scavi di Torino per il Medio Oriente e l’Asia. I lavori portarono alla luce le ‘Tavolette di Kutu’, assi di argilla sulle quali erano incise iscrizioni in sumero, rinvenute nel sancta sanctorum di una ziqqurat rovesciata. Incaricato della traduzione fu la massima autorità mondiale del tempo in ambito assirologico, il professore Venustiano Carranza. Nel corpus delle tavolette fu individuata un’edizione apocrifa del Poema della Creazione babilonese, l’Enuma Elish, nella quale spiccavano i riferimenti ai Grandi Antichi: Yogsothoth, Hastur, Nyatrlathotep, Shub-Niggurath e Azatoth. La datazione radiometrica al carbonio-14 fece risalire i frammenti di argilla all’VIII secolo d.C., lo stesso in cui visse l’arabo pazzo Abdul Alhazred, estensore dell’Al Azif, il Necronomicon.
Nella storia della letteratura occidentale, l’Al Azif viene citato intorno al 1927 da Howard Phillips Lovecraft, nella pubblicazione dedicata al Necronomicon, uno pseudobiblium (cioè un libro esistente solo nell’immaginario collettivo, e quindi mai scritto), con il solo scopo di prendere in giro gli appassionati di fantastico e delle arti occulte che qualche decennio prima avevano preso piede, soprattutto grazie alla teosofia dell’occultista e massone Helena Blavatsky, scomparsa nel 1891.
Ma davvero il Necronomicon è solo frutto del genio di Lovecraft? È certo che tutto si risolva in una burla tra amici?
Questa storia ha radici che affondano in profondità nella famiglia di Lovecraft. Suo padre, Winfield Lovecraft, era un iniziato della Massoneria Egiziana dell’Antico e Primitivo Rito, fondata dal Conte Alessandro di Cagliostro, iniziato, a sua volta, dal Maestro Althotas nel 1776, lo stesso anno della fondazione dell’Ordine degli Illuminati, di cui il Conte ne fece parte come membro segreto. È plausibile, quindi, che Howard Phillips avesse avuto accesso al grimorio fin dall’adolescenza, o che addirittura fosse stato istruito in merito dal padre. Il testo giunto nelle mani dei Lovecraft sarebbe una copia di quello di traduzione greca di Teodoro Fileta (950 d.C. circa), sopravvissuto alla purga ordinata dal vescovo Michele, Patriarca di Costantinopoli, nel 1050. Da questa versione greca sarebbe anche derivata una traduzione latina del tardo medioevo, ad opera dello studioso danese Olaus Wormius. Quest’ultima edizione sarebbe quella oggigiorno più diffusa ma, in quanto traduzione, conterrebbe informazioni meno precise di quella studiata da Lovecraft. In una ricostruzione analitica e credibile, il Dottor Stanislaus Hinterstoisser, Presidente dell’Istituto Salisburghese per lo Studio della Magia e dei fenomeni Occulti, sostiene che l’Al Azif sarebbe stato insegnato al padre del Solitario di Providence da Tall Cedar (nome con cui era conosciuto un Alto Iniziato e, presumibilmente, sacerdote del culto dei Grandi Antichi): questi lo avrebbe appreso da Innermost Shrine, a sua volta iniziato alle scritture del Necronomicon da Fouquier Tinville, che ne era entrato in possesso torturando i seguaci di Cagliostro, filo monarchici, durante la Rivoluzione Francese. Il Presidente Hinterstoisser dichiara, inoltre, di aver ricostruito la catena fino a giungere alla setta chassidica (rinnovatori dell’ortodossia ebraica) e ai Sephardim spagnoli (iberici di discendenza ebraica).
I sette libri che compongono il Necronomicon tratterebbero dei Nomi Perduti, degli Antichi, dei luoghi terreni e ultraterreni leggendari, delle parole di potere per aprire i Cancelli dei Reami, dei materiali necessari per i rituali, dei linguaggi e delle cerimonie per evocare gli Antichi e i loro servi. Pare che sia tramandato oralmente tra i sacerdoti dell’Antico Culto che, di generazione in generazione, difendono i segreti dei Grandi Antichi, vincolati, dagli Dei Primordiali che li avevano sconfitti, in un sogno, con i loro corpi immersi nelle acque profonde.
L’Al Azif potrebbe non essere, in conclusione, una semplice leggenda: le traduzioni greche e latine risalenti al 900 e al 1200, le tavolette di Kutu, e i riti egizi tramandati e studiati a fondo dalla famiglia Lovecraft fanno pensare che ci sia più di un fondo di verità. Lo stesso anno di iniziazione di Cagliostro e la ‘coincidenza’ della fondazione della setta segreta degli Illuminati fanno pensare che il culto dei Grandi Antichi sia ben lungi dall’essere una vacua leggenda o un ricordo sommerso dalle sabbie del tempo.
Burla o verità, il Necronomicon ha influenzato molti Autori del tempo, così come dei giorni nostri: Chambers, Howard, Stephen King, Neil Gaiman… tanti hanno subito il fascino del Libro dei Morti. Non mancano ispirazioni anche nel cinema (‘Klaatu… verata… n… Necktie. Nectar. Nickel. Noodle’ vi dice nulla?), nei videogames (era possibile trovare il libro in giochi come Max Payne e Tales of Symphonia) e nella musica metal (gli Iron Maiden hanno riportato la celebre frase dell’Introduzione del Necronomicon sulla lapide della loro mascotte Eddie in occasione del ‘World Slavery Tour’ del 1984).
Una sola domanda continua a rimbalzarmi in mente: e se lo stesso Lovecraft fosse stato un cultista di Cthulhu, una sorta di bardo dei Grandi Antichi mosso dallo scopo di non far dimenticare l’antica dottrina? D’altronde se non si vuole far trovare una cosa, bisogna nasconderla dov’è più in vista …
– Fabrizio Palmieri –