Senza dilungarci su quello che sappiamo tutti – l’incredibile pervasività di Lovecraft nella cultura moderna, il revivement del suo immaginario degli ultimi anni, la sovrapproduzione ludico-artistica a lui ispirata – andiamo direttamente all’oggetto del contendere odierno: Nyarlathotep, fumetto partorito dalla penna di Julien Noirel e adattato da Rotomago, edito in Italia da Nicola Pesce Editore. In realtà parlando di “adattamento” e di “fumetto” non saremmo precisi, e adesso andremo a vedere perché.
Nyarlathotep è uno dei racconti più famosi di Lovecraft, quasi interamente partorito in sogno dall’Autore e steso in uno stato di febbrile eccitazione ai margini del risveglio. Ce lo ricorda la lettera che il Solitario scrive a Reinhart Kleiner, suo amico e corrispondente, opportunamente trasposta in fondo al volume insieme al ventunesimo Fungo di Yuggoth, un pezzo di poesia a sua volta chiamato “Nyarlathotep”. Nelle cinque pagine finali del volume, che riportano i versi del Maestro accompagnandoli con delle tavole in bianco e nero, c’è un po’ l’essenza di tutto il resto.
Il lavoro è senza dubbio di qualità, sia da un punto di vista dei materiali che da quello della resa grafica – il che è un primo elemento in grado di giustificare il prezzo (14,90€). Sulla resa narrativa e l’adeguatezza della qualificazione come fumetto, però, c’è qualche dubbio. Il testo è lo stesso del racconto, senza alcun tipo di adattamento, inserimento di discorso diretto o altri espediente simili che potrebbero avvicinare il lavoro (come tipologia) a quello più noto di Alberto Breccia. Qui, più che adattare il contenuto al medium fumettistico, si è fatta una scelta dogmatica: illustrare le parole. Ogni tavola è, infatti, la resa per immagini del pezzo di narrazione prescelto.
Formalmente il lavoro è ineccepibile: si avverte la progressiva discesa verso la follia nell’uso dei colori, via via più scuri, e le inquadrature scelte per rappresentare quanto sognato dall’Autore sono estremamente rappresentative. Ma su tutto sembra regnare una sorta di pedissequa aderenza all’originale, di rispettoso timore d’andare a trasformare un materiale tanto onirico quanto difficile. Il racconto, in effetti, è peculiare: le parole stesse attraversano in maniera trasognata una serie di immagini, senza l’esistenza di una canonica trama. È il genere di testo che sarebbe ben difficile adattare senza andare a toccarne l’essenza stessa.
Nondimeno non si può fare a meno di proseguire nella lettura con la sensazione di avere di fronte qualcosa di ingessato, forse anche a causa della estrema linearità di tavole e impaginazione: splash pages e vignette si compongono con geometrie fin troppo euclidiane. Non c’è, insomma, quell’utilizzo delle forme del disegno che in un fumetto unisce parole e immagini per creare una narrazione nuova, autonoma. La stessa figura di Nyarlathotep, che avrebbe potuto irrompere con maggiore forza, resta piuttosto scialba, incapace di imporsi sulle immagini come, magari, ci si sarebbe potuti aspettare. Più che di un fumetto vero e proprio, sarebbe il caso di parlare di una versione illustrata del racconto.
Acquisita questa consapevolezza, resta però da chiedersi se il disegno sia così eccellente, evocativo, dirompente nella sua autonomia grafica da giustificare la spesa alla base dell’acquisto. Per quanto sia commendabile lo sforzo (non facile, e in questo caso parzialmente riuscito) di rendere le visioni allucinate delle ultime parti del racconto, ciò dipende esclusivamente da voi. Siete fan di Lovecraft? Allora vi godrete il prodotto. Cercate semplicemente un nuovo fumetto? In questo caso potreste avere difficoltà a raggiungere la fine, il che sarebbe un peccato, perché proprio sul finale il testo guadagna tutti i punti che non riesce ad accumulare nel corso del lavoro – con un piccolissimo, timidissimo tocco di invenzione che invece avrebbe meritato maggior spazio.
– Luca Pappalardo –
Nyarlathotep di Rotomago e Noirel: la recensione
Luca Pappalardo
- La produzione è filologicamente rigorosa;
- Il tratto è particolarmente pulito;
- La sorpresa finale è graditissima;
- L'impaginazione è troppo lineare;
- Manca un adattamento vero e proprio
- C'è poco fumetto;