Nella serie di Sandman, tramite un veggente umano, Gaiman diceva che “i sogni plasmano la realtà”. Il solitario di Providence, ben 90 anni prima, già la pensava in maniera simile, anche se i sogni, per Lovecraft, plasmavano una terra incantata che semplicemente chiamò Dreamlands (Reami del Sogno).
Perché a distanza di anni troviamo ancora interessante il Ciclo dei Sogni, questo gruppo di racconti ambientati nel mondo onirico, che per molti anni successivi ha ispirato numerosi scrittori che hanno fatto proprio il pantheon cthulhiano e portato avanti lo studio della geografia del mondo? Per prima cosa dobbiamo ringraziare più o meno direttamente Lord Dunsany che, grazie al suo God of Pegāna, donò l’ispirazione necessaria al papà di Cthulhu per far nascere la propria creatura.
Perché definiamo questo ciclo di Lovecraft un fantasy? Per prima cosa dobbiamo capire che l’ambientazione, anziché essere, per così dire, horror-pulp, è invece un mondo fantastico dove i Gatti “domestici” combattono le loro guerre contro i Gatti di Saturno, o dove indomiti cavalieri lottano cavalcando zebre armati di scimitarre. Non è abbastanza? Allora aggiungo che molte divinità vivono in mezzo ai comuni sognatori e si ritrovano alla corte di Azatoth, nello sconosciuto Kadath.
Analizziamo ora in dettaglio le sue opere. Lovecraft cominciò a scrivere i suoi racconti ambientati nei Reami del Sogno già nel 1917, e la sua prima opera è Polaris, alla quale seguirono molte altre tra le quali Oltre il muro del Sonno, La nave bianca, e Hypnos. Queste produzioni permisero all’autore di elaborare una mappa del Mondo dei Sogni, piena di città frutto della sua fantasia e molti altri luoghi mistici e immaginari, alcuni anche raggiungibili direttamente dalla nostra Terra – almeno a suo dire.
La produzione onirica delle storie è anche facilmente divisibile in due filoni principali: quello che vede come protagonista Randolph Carter (alter ego dell’autore), e quei racconti che non lo vedono presente.
Questo personaggio viene presentato nel racconto La dichiarazione di Randolph Carter, ed è a partire da qui che diviene ricorrente. Egli rappresenta un po’ tutto ciò che non è Lovecraft, ma al tempo stesso è il suo specchio: è melanconico e introverso, contemplativo e sognatore, ma anche coraggioso e risoluto nelle proprie ricerche, tanto da essere pronto ad affrontare gli orrori cosmici. Tra i suoi antenati figurano un crociato, imprigionato durante un combattimento in Terra santa (che venne iniziato alle conoscenza degli “oscuri segreti” del mondo dai Mussulmani), e un noto mago della corte della Regina Elisabetta I, e nei cinque racconti che lo vedono come protagonista affronta, oltre agli orrori del mondo reale, anche quelli del mondo onirico.
In La ricerca onirica dello sconosciuto Kadath Carter si ritrova immerso in quella che è a tutti gli effetti una storia fantasy: ci sono gli dei, gli scontri con le creature magiche, dei compagni di viaggio unici, dei gatti (con cui il personaggio riesce a parlare, conoscendo la loro lingua), dei ghoul, l’amicizia con un pittore che abbiamo avuto modo di conoscere in un altro racconto dell’autore (Il modello Pickman), e la possibilità di visitare la Luna dei Reami del Sogno, così come le sue profondità (ebbene sì, il concetto di sottosuolo artificiale che permette di raggiungere tutte le zone del mondo non è una prerogativa dei Forgotten Realms di Greenwood, anzi). La ricerca del nostro eroe si conclude con un parziale successo, che però non starò qui ad approfondire, nel caso non abbiate ancora avuto modo di leggere l’opera.
Insomma, conoscevate questa vena fantasy del nostro adorabile solitario? Avete mai letto qualcosa in proposito che non fosse solamente “suo”?
–Riccardo Gallori–
[amazon_link asins=’8804669446,B0062ZKOMG,8869132781′ template=’ProductCarousel’ store=’isolilly-21′ marketplace=’IT’ link_id=’5cb0fdaa-917a-11e7-aa09-f78033793afc’]