In ogni ambito ci sono nomi che vengono pronunciati con un misto di venerazione e rispetto, e così è anche nel campo videoludico. Mostri sacri come Warren Spector, il padre di Deus Ex, oppure Peter Molyneux, prolifico autore di Black & White o Fable, solo per citarne due, oppure ancora Ron Gilbert e Tim Schafer, la coppia di geniali autori di alcune delle avventure grafiche più belle di tutti i tempi. Ma c’è un nome in questa rosa di grandi creativi del mondo dei videogiochi che non può non mancare, e di cui ogni videogiocatore che si rispetti ha sicuramente sentito parlare: Hideo Kojima.
Di questo signore se ne è sentito parlare ancora di più in questo periodo, per quello che a molti è sembrato un vero e proprio fulmine a ciel sereno, ovvero la fuoriuscita di Kojima dalla Konami, la casa di produzione in cui aveva sempre lavorato e che aveva pubblicato i suoi capolavori. In realtà la rottura era inattesa e impensabile soltanto per l’osservatore esterno al settore, magari appassionato di videogiochi ma poco informato per quanto riguarda quello che accade sotto la superficie, ovvero in quei luoghi oscuri dove i videogiochi vengono realizzati. Ma andiamo con ordine.
L’aura leggendaria che avvolge Kojima, l’enfant prodige, o forse l’enfant terrible di Konami (i più appassionati coglieranno la citazione), proviene quasi esclusivamente dalla sua opera più famosa, la saga di Metal Gear, nonostante Kojima abbia al suo attivo diverse altre opere, come l’ottima saga di Zone of the Enders, due titoli action per Playstation 2 basati su epici scontri a bordo di mecha ambientati in quel di Marte. Quando nel 1987 uscì il primo Metal Gear su MSX, l’uomo non poteva ancora sapere di aver dato l’avvio a quella che sarebbe stata la sua serie più longeva e di successo; erano i suoi primi passi nel campo degli stealth, ovvero di quei giochi in cui non è possibile approcciarsi al nemico in maniera aggressiva ma è necessaria una più meditata pianificazione, nascondendosi e sfruttando l’ambiente per essere notati il meno possibile e colpire al momento giusto. Questo primo capitolo, insieme al seguito, Metal Gear 2: Solid Snake (del 1990), erano interamente realizzati in 2D, con una visuale dall’alto, e presentavano una spiccata componente action, che rimarrà presente in tutti i capitoli successivi. Il fatto che questi due primi capitoli siano quasi sconosciuti, e che i più considerino il terzo il capostipite dell’intera saga, la dice lunga sull’importanza di Metal Gear Solid, il primo gioco della serie in 3D, uscito per PlayStation nell’ormai lontano 1997. Fu un successo clamoroso: finalmente Kojima poteva mostrare in un videogioco tutte le sue qualità di grande autore. Riversò nel titolo tutta la sua grande passione per il cinema, raccontando una storia complessa e appassionante con un ritmo sempre incalzante, ricco di colpi di scena e di personaggi memorabili. Lunghi filmati dal taglio cinematografico, una scelta stilistica d’avanguardia, che cerca sempre di stupire il giocatore nei modi più impensabili (chi può dimenticare lo scontro con Psycho Mantis, che ti leggeva nella mente se non sostituivi lo slot del controller?) e un gameplay curato fin nel più piccolo dettaglio sono tutti marchi di fabbrica di Kojima, presenti in questo primo capitolo così come in tutte le produzioni successive.
Le vendite eccezionali del gioco fornirono a Kojima una libertà creativa senza pari, che utilizzò per lavorare ai due sequel per la nuova PlayStation 2, Metal Gear Solid 2: Sons of Liberty e Metal Gear Solid 3: Snake Eater, nonché ai due Zone of the Enders, che però ebbero un riscontro di mercato decisamente inferiore, e che quindi non videro mai un seguito. Poi venne la PlayStation 3 e Metal Gear Solid 4: Guns of the Patriots, del 2008, oltre a diversi spin-off per console portatili, come lo splendido Peace Walker per PSP. Ma, nel mentre che ognuno di questi titoli riscuoteva un successo straordinario, Kojima non si rendeva conto di star costruendo, con le sue stesse mani, la sua gabbia dorata. Le sue ambizioni creative venivano subordinate alle necessità del mercato, che chiedeva, senza sosta, sempre più Metal Gear Solid, e di un’utenza che andava soddisfatta, riproponendo di continuo le stesse formule che avevano decretato il successo della serie.
Perché abbiamo ripercorso le tappe fondamentali del lavoro di Kojima con questa abbondanza di date? Perché altrimenti non potremmo capire il nocciolo della questione sul caso Kojima. Guns of the Patriots, come abbiamo detto, è stato pubblicato nel 2008, mentre il nuovo capitolo, Metal Gear Solid V: The Phantom Pain uscirà il primo settembre di quest’anno. Sette anni da un capitolo all’altro deve essere sembrato un periodo troppo lungo alla stessa Kojima Productions e alla Konami, visto che sono corsi ai ripari pubblicando Metal Gear Solid: Ground Zeroes, atteso da molti come il nuovo capitolo e che si è rivelata essere invece poco più di una lunga demo. È abbastanza chiaro che Konami abbia voluto, con questa mossa, recuperare un po’ degli enormi costi di produzione del progetto principale, anche considerando che più diventa lungo lo sviluppo di un gioco, più questi costi crescono, e possono diventare problematici da sostenere nei titoli tripla A, soprattutto in questo periodo in cui il mercato videoludico sta velocemente cambiando. Tutte le grandi case di sviluppo e di distribuzione stanno rivedendo le loro strategie, basti pensare al cambio di rotta di Nintendo (ne abbiamo già parlato in questo articolo) o ad una software house storica come Capcom, che ormai sta puntando molto sui MMORPG free-to-play. In questa situazione Konami non se la passa certamente meglio, considerando che i suoi conti sono costantemente in rosso. A mio personale modo di vedere le cose, il mercato del videogioco tradizionale sta vivendo un brusco momento di crisi, sopraffatto da quello dei titoli online gratuiti e da quello dei giochi per smartphone, che prevedono costi di produzione enormemente inferiori e guadagni rapidi. In un quadro del genere, una ristrutturazione interna a Konami era inevitabile e prevedibile, ed è questo lo scenario del caso Kojima, che ha infine portato l’autore ad allontanarsi dall’azienda.
Alla base della rottura potrebbe esserci stato l’interesse di Konami ad assorbire di nuovo a sé la divisione di Kojima, con lo scopo di riappropriarsi della IP di Metal Gear Solid, probabilmente per sfruttarla maggiormente sul mercato, magari con una strategia simile a quella che sta seguendo Ubisoft per il suo Assassin’s Creed (ovvero episodi a cadenza annuale). Ecco quindi che il logo della Kojima Productions scompare dalla copertina di Ground Zeroes, così come ogni richiamo all’autore sul materiale pubblicitario. È facile immaginare che Kojima si sia rifiutato di partecipare ad un simile scempio della sua opera, che a suo dire avrebbe dovuto chiudersi già con il quarto capitolo. Oltre a non voler vedere svilita la sua creazione solo a favore del mero guadagno, è probabile che ormai si trovi un po’ stretto a dover lavorare solo sulla saga di Snake, senza poter allargare gli orizzonti su nuove produzioni. È la sclerotizzazione creativa che sta vivendo il mondo videoludico (così come quello cinematografico, oserei dire), che si nutre solo di quello che è già stato fatto, senza tentare nuove vie e sviluppare nuove idee. Ed è certo che Hideo Kojima di buone idee ne ha da vendere, in tutti i sensi.
A pagare le spese di questa rottura non sono solo i fan di Metal Gear Solid, che potrebbero anche ritrovarsi con un capitolo o più all’anno come succede ormai con altri titoli, ma che non vedranno più comparire il nome di Kojima sul proprio schermo. Anche gli appassionati dell’orrore hanno pagato, con la cancellazione del tanto atteso Silent Hills, che avrebbe dovuto riportare la storica saga horror ai fasti di un tempo e che avrebbe dovuto vedere Hideo Kojima nel ruolo di direttore e produttore, affiancato dal grande regista Guillermo del Toro. Moltissimi non sono riusciti a mandare giù una notizia del genere e hanno creato una petizione per far tornare sui suoi passi Konami, riuscendo ad oggi a raccogliere ben 130.000 firme. Nel caso siate anche voi tra questi che, come noi, non sopportano l’idea di vedere cancellato un progetto così importante che, già con la demo denominata P.T., ci aveva lasciati entusiasti, potete firmare la petizione collegandovi qui. Lungi dall’essere concluso, il caso Kojima farà ancora parlare, e noi saremo pronti a cogliere ogni più piccola notizia che trapelerà, come i più esperti agenti segreti, ovviamente e rigorosamente nascosti nella nostra brava scatola di cartone.
– Davide Carnevale –