Disclaimer: Questo articolo contiene spoiler. Procedete nella lettura se non li temete.
La next gen ci ha regalato, nel corso di questi mesi, tante sorprese. A volte si è trattato di belle novità, altre di cocenti delusioni, ma probabilmente nessuno dei titoli fino ad ora usciti era atteso con tanta impazienza e passione quanto Metal Gear Solid V: The Phantom Pain.
Una trama sempre coinvolgente e mai banale miscelata sapientemente con una regia di altissimo livello dalle mani del suo creatore, Hideo Kojima, hanno reso questo titolo uno dei più appasionanti e dei più seguiti del mondo videoludico. Forse anche per questo tra i più sopravvalutati.
MGSV, dal periodo di rilascio del 1 settembre, ha macinato grazie a recensioni di riviste di settore, voti altissimi (sono piovuti 9 e 10 come durante la valutazione delle competenze del MIT del Massachussets) che osannavano il titolo come uno dei migliori della serie, nonostante tutti i problemi che la sua creazione aveva portato con sé, ma ci arriveremo con calma. Il punto è che anche noi dell’isola, lo attendevamo con ansia (a riprova di questo vi rimando al nostro articolo che esprime le attese alla vigilia del suo rilascio), l’abbiamo giocato e ne siamo rimasti davvero delusi.
Sia chiaro, MGSV è un titolo di tutto rispetto per cui di certo non cadiamo nell’insufficienza, ma ci sono alcune scelte e dinamiche che mi hanno lasciato veramente di stucco. Ma andiamo con ordine.
I PROBLEMI DI SVILUPPO E L’ATTESA
Il gioco è stato annunciato per la prima volta agli Spike Video Game Awards del 2012 con uno dei classici giochetti alla Kojima (il simpaticone mostrò solo alcune scene del gioco facendo intendere che fosse un survival horror, per poi successivamente rivelarsi tutt’altro). Si sono susseguite quindi tutta una serie di immagini e video rilasciati durante le varie manifestazioni degli anni successivi, dove sono state mostrati alcuni elementi distintivi del gioco, come la componente open world e alcune scene di gameplay. L’hype aumentava sempre di più fino a quando il 4 Marzo 2015, dopo un countdown di 48 ore sul sito ufficiale, venne annunciata la data del rilascio: 1 Settembre 2015.
Dopo un mese, però, qualcosa di strano cominciò a rimbalzare nei rumors della rete. Le riviste di settore parlavano sempre più frequentemente di screzi tra Kojima e Konami sino alla pubblicazione di un Tweet ad Aprile da parte dello stesso Kojima dove veniva ufficializzata la fine della collaborazione tra l’ideatore giapponese e la casa di produzione nipponica. Apriti cielo. Iniziò il bombardamento da parte dei fan del loro amato maestro del Sol Levante contro la Konami e la loro miopia impreditoriale. La cosa è proseguita fino a Luglio quando la Konami ha annunciato la chiusura della Kojima Productions.
Il motivo ufficiale sarà: “una ristrutturazione che impone la centralizzazione di tutte le produzioni legate al franchise”. Una serie di sfortunati eventi che, però, assicuravano entrambe le parti, non avrebbero in alcun modo intaccato la bellezza di MGSV, che a detta dello stesso Kojima: “Sarà il titolo più bello di sempre!“. Ricordatevi di questa affermazione.
ARRIVA IL 1 SETTEMBRE…
… ed il gioco arriva nelle nostre mani. Non mi dilungherò su tutte le meccaniche e le novità di questo gioco, perché vorrei concentrarmi su quelle che sono le motivazioni principali per cui scrivo questo pezzo. Partiamo subito col dire che il gioco si presenta come un Open World, a detta degli sviluppatori Free Roaming, in cui per andare avanti nella storia dovremmo superare diverse missioni.
Le missioni e gli eventi narrati non sono collegati in maniera lineare, ma ognuno di essi costituisce un evento a sé stante che, se completato, sbloccherà nuovi incarichi da dover svolgere. Tutte queste missioni e le vicende narrate nel gioco si dividono in due grandi Capitoli, ognuno con un proprio tema di fondo che fa da linea guida allo stesso.
IL PRIMO CAPITOLO: VENDETTA
Parliamoci chiaro. Il gioco non è insufficiente, anzi. Tutto il primo capitolo è studiato attentamente e ha delle scelte di regia, trama e gameplay, in alcuni punti, straordinari. Ma già qui si può notare una netta differenza rispetto ai capitoli precedenti. Poca narrazione e molte missioni lontane dalla trama rallentano di molto l’evolversi degli eventi.
Pur essendo lente, le vicende ed il gameplay risultano essere scorrevoli e divertenti. Le missioni legate poi direttamente alla trama sono ben studiate e si riesce facilmente ad entrare nello spirito del momento, bestemmiando contro i nemici più ostici, preoccupandoci e interessandoci alle vicende che accadono durante lo svolgersi della stessa o durante i filmati di ogni fine missione.
Sin dall’inizio la figura di Snake viene presentata in maniera estremamente ambigua e grazie a diverse altre interazioni che avremo nel gioco, quello che si pensava essere solo una sensazione diventerà una certezza sempre più concreta, fino alla fine in cui arriverà al fatidico “colpo di scena“, ma ne parleremo più tardi. Ora entriamo nel vivo del discorso.
SECONDO CAPITOLO: LA RAZZA
Qui inizia quello che non mi vergogno a definire un vero e proprio declino. Sto parlando delle ultime 19 missioni (dalla 32 alla 50). In questa fase abbiamo un totale ribaltamento della situazione. Se infatti nella prima parte ci siamo trovati a giocare missioni dalla difficoltà variabile e con ambienti ed eventi sempre nuovi ed imprevedibili o che perlomeno presentavano degli elementi di novità, narrativa o di gameplay, nel secondo capitolo ci troviamo di fronte ad un vero e proprio COPIA e INCOLLA delle missioni della prima parte.
Su 19 missioni giocabili solo 6 sono effettivamente diverse da quelle già giocate e tra queste 6, narrativamente, quelle effettivamente importanti per l’evolversi della trama dei personaggi saranno sì e no 3 o 4. Uno scompenso enorme che è impossibile non notare. Tutte le altre sono semplicemente una riproposizione, ad un livello di difficoltà molto più elevato e FISSO, di missioni già effettuate precedentemente, per lo più Boss Battle. Tutto qui.
Dimenticatevi la sorpresa di arrivare in una nuova zona, scoprire nuovi avamposti o confrontarvi con nuovi nemici. Stiamo parlando di missioni di cui già conoscete obiettivi, dinamiche e pattern della maggior parte dei nemici, presentati ad un livello di difficoltà, a volte, addirittura frustrante. Frustrante, però, non per l’effettiva difficoltà, che in parte ha sempre contraddistinto il brand, ma perchè manca quell’appagamento finale, quel sapere che dopo questa missione verrà ricostruito un altro pezzetto di quella storia che tanto volete conoscere.
La cosa che poi, personalmente, mi ha urtato abbastanza è stato vedere come la Konami, non abbia avuto nemmeno il buon gusto di eliminare i filmati iniziali e finali delle missioni, così che una volta completata ci si ritrova in un dejavù forzato che non c’entra niente con la trama che si sta seguendo in quel momento. Rivedere lo stesso filmato già visto quando si compie la specifica missione nel primo capitolo. Quest’ultimo elemento è una ulteriore dimostrazione che gli sviluppatori Konami hanno “rattoppato” volutamente questa seconda parte, rendendo almeno 1/3 di questo gioco una ripetizione mal celata.
E, cari illyoners, non è neanche questa la cosa più grave.
UN FINALE CHE NON ESISTE
Ebbene sì. Non esiste un finale. Non esite una Boss Battle finale. Non esiste una conclusione vera a quello che succede nel gioco. Perchè quello che viene rivelato nella Missione 46 “THE MAN WHO SOLD THE WORLD” non è la conclusione di nulla. Arrichisce sicuramente la storia riallacciandosi alla prima missione, ed il vero “finale”, se vogliamo chiamarlo così si riassume in quella scena con la registrazione di Big Boss e la chiamata tra i suoi due comprimari.
Scelta stilisticamente carina e anche ben pensata ma che non conclude l’evoluzione di un personaggio, Big Boss, né le vicende di personaggi come Ocelot o Miller. Non conclude nemmeno le vicende narrate in game, e la riprova di quello che sto dicendo è tutta riassunta nella ormai arcinota Missione 51, la missione “fantasma”, non inserita e mostrataci a mò di sfottò nella Collector Edition. Quella doveva essere la conclusione del gioco e non si capisce per quale motivo Konami o Kojima non l’abbiano portata a termine. Scontri? Troppi soldi già spesi? “Colpo di Genio” del maestro Kojima che vuole farci assaporare il dolore fantasma? Ancora non si sa, ma una cosa è certa, quelli a cui brucia davvero il culo sono i giocatori che hanno acquistato questo titolo.
IN CONCLUSIONE – IL DOLORE FANTASMA
Mai un titolo fu più azzecato. Il dolore di qualcosa che non c’è. Una promessa mancata o la consapevolezza di qualcosa che sarebbe potuto essere ma che in realtà non è. Stiamo parlando di un gioco INCOMPLETO in cui, per i motivi già spiegati precedentemente, manca un finale e, nessuno dice questa cosa, MANCA UN SECONDO CAPITOLO, ALMENO DAL PUNTO DI VISTA DELLA TRAMA. “La Razza” è un capitolo di puro gameplay ripetuto, ripetitivo e sbattutoci in faccia senza alcuna considerazione di sorta.
Per fortuna, in questo rimescolamento delle carte, si salvano alcune perle come la Missione 45 ed in parte la Missione 46, ma poi finisce li. Alla fine quello che provi è davvero un senso di mancanza fisica.
Allora quello che vi chiedo è: È giusto? È giusto che un gioco con queste mancanze evidenti prenda voti altissimi e venga osannato come il migliore della serie? La mia risposta è assolutamente NO.
- NO, perché dopo 8 anni di progettazione non potete uscirvene con un gioco INCOMPLETO.
- NO, perché a livello di trama non regge il confronto con i capitoli precedenti.
- NO, perché la presenza dell’open world non può essere la scusa per rallentare così tanto l’evolversi delle vicende, inserendo missioni riempitive senza una reale valenza narrativa.
- NO, perché se fosse stato un altro gioco, probabilmente si sarebbe arrivati a dargli a malapena la sufficienza con delle pecche così evidenti.
- NO, perché se inizi a raccontarmi una storia non puoi lasciarmi appeso senza farmi capire che fine fanno alcuni dei personaggi e facendomi vedere che in realtà il finale c’era ma non è stato inserito.
- NO, perché non puoi lasciarmi in sospeso personaggi come Code Talker, Ocelot, Kazuhira Miller, BIG BOSS e poi concludermi il filone narrativo di Quiet che non aggiunge niente alla trama principale.
- NO, perché se tutto questo è derivato dagli scontri tra Konami e Kojima, non si può mancare così tanto di rispetto ai giocatori da non impegnarsi a sistemare le mancanze del titolo.
- NO, perché tu Kojima non puoi venir fuori dicendo “Non ho rimpianti. Sarà il più bel Metal Gear di sempre” regalandomi poi un gioco incompleto.
- NO, perché bisogna smetterla di portare avanti questo “Dogma fanboy” secondo cui ai giocatori non importa niente delle pecche di un gioco, ma lo difendono a spada tratta e ne osannano le virtù solo perché fan della serie, senza considerare le gravi mancanze o i problemi che continuamente le case produttrici non si preoccupano di curare quando rilasciano prodotti di un’importanza tale.
-Vincenzo Mirra-