La verosimiglianza ultimamente non va troppo di moda a Hollywood (o nel resto del mondo cinematografico, se è per quello). Prima che salti fuori chi di turno e dica “eh, ma è un film di fantascienza/fantastico! Non puoi pretendere che sia reale!”, sgombriamo subito il campo da fraintendimenti: la verosimiglianza non è realtà, ma coerenza interna di un universo fantastico senza la quale lo stesso non avrebbe senso di esistere – non ci stancheremo mai di ripeterlo. Altrimenti si può fare tutto e il suo contrario, compreso Lino Banfi imprigionato nella ragnatela Tholiana tessuta in trasferta da Shelob (che detto così non sarebbe nemmeno il soggetto più assurdo visto ultimamente).
Visoni post peperonata a parte, tutto ciò è da tenere particolarmente in considerazione nel caso di Criminal, thriller con venature fantascientifiche ed un cast da urlo (Kevin Costner, Ryan Reynolds, Gal Gadot, Tommy Lee Jones, Gary Oldman) uscito al cinema mercoledì 13 aprile, per la regia dell’australiano Ariel Vromen: il “backup” delle informazioni da un cervello umano ad un altro non è un tema nuovissimo (vedi per esempio Self/less di Tarsem Singh dell’anno scorso, tra l’altro proprio con Ryan Reynolds), ma rimane uno dei più interessanti della sci-fi per tutta la serie di riflessioni morali, scientifiche, filosofiche e al limite teologiche che può suscitare. A patto, ovviamente, di affrontarlo come si deve, senza superficialità. Sarà questo il caso?
SINOSSI
Bill Pope, agente della CIA, viene gravemente ferito in azione a Londra e muore gettando nel panico il suo caposezione, essendo l’unico ad avere contatti con il misterioso hacker detto “l’olandese” che, grazie ad un wormhole, ha assunto il controllo della rete difensiva missilistica americana (!). Disperati, i suoi superiori tentano un trasferimento sperimentale di informazioni dal suo encefalo a quello di un ricevente, tale Jerico Stewart, soggetto violento e sociopatico che ha passato praticamente la sua vita in galera. Tecnicamente il trasferimento riesce, ma ovviamente non tutto va come deve andare, senza contare che l’accesso alla rete di difesa USA fa gola a molti governi e non solo….
ERRORE DI SISTEMA
La narrazione di Criminal corre essenzialmente su due binari paralleli: vorrebbe essere contemporaneamente un film d’azione spionistico (a tratti un disaster movie) e un fantascientifico venato di interrogativi filosofici ed esistenziali come nella migliore tradizione sci-fi, finendo però purtroppo, come spesso accade, per non essere né l’una né l’altra cosa. La prima metà del film si concentra sul primo filone, risultando una specie di omaggio (involontario?) agli action movie fracassoni e “ignoranti” degli anni ’80 (per esempio Trappola di Cristallo con Bruce Willis), con protagonisti ancora più fracassoni e ignoranti, categoria nella quale rientra perfettamente il personaggio di Jerico. E fin qui, si tratterebbe di una pellicola senza infamia e senza lode, con qualche momento divertente, al netto della mole di evidenti e lampanti incongruenze e assurdità assortite di cui è costellata e di cui parleremo tra poco. Nella seconda parte del film, invece, il regista dà spazio alla sci-fi filosofica di cui sopra, intessendo alla trama principale l’affiorare della personalità (oltre ai ricordi razionali) e dei sentimenti del defunto Bill Pope nella mente sociopatica di Jerico. E qui non funziona proprio nulla. Prevedibilità estrema, sentimentalismo, dialoghi tanto banali da rasentare l’irritante fanno da sfondo ai tentativi (riusciti) del regista di dribblare le vere domande che il tema pone: siamo quello che ricordiamo? L’anima è solo la somma dei ricordi immagazzinati nei nostri neuroni? L’intreccio di queste due narrazioni, fatte di stili, linguaggi e temi che più diversi non si potrebbe, creano un effetto disorientante per lo spettatore.
A questo aggiungete assurdità e incongruenze varie, tipo l’imbranatissimo caposezione della CIA, interpretato da Gary Oldman, che deve essere stato selezionato ai provini di qualche talent ad hoc a giudicare dalla serie di idiozie che inanella una dopo l’altra, combinandone una più di Bertoldo e incasinando sempre la situazione quando questa pare sul punto di risolversi da sola – tanto che a un certo punto si finisce quasi per tifare per l’organizzazione antagonista pseudo-spectre: dico quasi, perché pur sforzandomi non ricordo un villain più scialbo, inutile e senza un filo di autoironia come l’anarchico-miliardario spagnolo Heimdal, oppure l’arcano motivo per il quale l’unico cervello compatibile per il trasferimento dovrebbe essere quello di un sociopatico con manie omicide.
Insomma, mettete insieme tutto e capirete come l’immedesimazione se ne fugga a gambe levate, e pure sbattendo la porta.
Di questa simpatica atmosfera risente il cast, decisamente sprecato. Se Kevin Costner è quasi commovente nel tentare di mettere qualcosa di suo nell’interpretazione, portando a casa la sufficienza, Tommy Lee Jones appare completamente spaesato, con la faccia di chi si chiede per quale motivo sia capitato lì; se Michael Pitt tutto sommato se la cava nei panni dell’hacker disilluso, Gary Oldman sembra non credere nemmeno lui alla serie di stupidaggini che la sceneggiatura gli fa dire e fare; Ryan Reynolds legnoso, Gal Gadot svolge il compitino senza infamia e senza lode.
Un pressapochismo che sembra il marchio di fabbrica del film, purtroppo.
– Luca Tersigni –
Criminal: la recensione
Luca Tersigni
- L'ignoranza anni '80 delle sequenze d'azione;
- La discreta prova di Costner e Pitt;
- La banalità della narrazione fantascientifica;
- Incongruenze e assurdità a iosa;
- Il naufragio di attori come Oldman e Jones (e non per colpa loro);
- La generale mancata integrazione tra la narrazione action e quella sentimental-fantascientifica;