“Ghost in the shell” è quel capolavoro d’animazione del 1995 diretto da Mamoru Oshii che ha influenzato enormemente il cinema di fantascienza degli anni a venire, fu infatti una delle principali fonti di ispirazione per la creazione di Matrix ed ebbe dei seguiti di successo sia al cinema che come serie televisive.
Da tempo circola in rete la notizia di un suo adattamento cinematografico di stampo hollywoodiano ad opera della Dreamworks, diretto da Rupert Sanders, con il ruolo della protagonista affidato a Scarlett Johansson, e finalmente è stata rilasciata una prima foto ufficiale. Scarlett interpreterà Motoko Kusanagi, una cyborg a capo della squadra che si occupa di crimini legati al mondo della tecnologia in un futuro nel quale le intelligenze artificiali hanno sviluppato “il Ghost”, quella che potremmo anche definire l’anima o l’istinto umano, il che li rende vivi e pericolosi.
Scarlett è ormai avvezza a ruoli simili, le eroine che ha interpretato iniziano a essere parecchie, dalla “Vedova Nera” di casa Marvel alla francese “Lucy”. Non sempre i copioni sono riusciti a valorizzarla, ma nelle mani giuste ha saputo regalare perle interpretative che lasciano ben sperare. Basti pensare a “Under the skin“, uno dei film più disturbanti degli ultimi anni, al suo lavoro come doppiatrice in “Her“, o a capolavori come “Match Point” e “Lost in translation“.
L’operazione “Ghost in the shell”, attualmente in fase di ripresa, è assai rischiosa. Il prodotto alla base ha un nutrito gruppo di fan che vorrebbe vedere una trasposizione rispettosa della fonte originale e non il solito rifacimento hollywoodiano fatto di effetti speciali e poco altro.
Il regista Rupert Sanders è un punto interrogativo grande quanto l’attesa che abbiamo del film: avendo all’attivo tra i lungometraggi solo “Biancaneve e il cacciatore” (2013), non sembra a prima vista la persona sulla quale avremmo puntato per una mossa tanto delicata. Eppure, spulciando nella sua filmografia, si scorgono alcuni cortometraggi e video musicali che lascerebbero ben sperare. Hanno quel tocco inquietante e quella cura del dettaglio che potrebbero fare al caso, sempre ammesso che i produttori gli concedano piena libertà stilistica.
In fondo non vogliamo un “Ghost in the shell” uguale a quello di Oshii. Deve essere un film diverso, ma intelligente e che sappia soffermarsi sulle tematiche di fondo
– Andrea Carbone –