Da un paio di decenni, ormai, Howard Phillips Lovecraft è considerato da critica e pubblico un mostro sacro della letteratura fantastica, uno di quegli autori imprescindibili di un genere già di per sé spesso relegato ai margini di ogni dibattito culturale, riproponendo di fatto un copione già interpretato da tantissimi scrittori attivi nell’ambito del fantasy, della fantascienza e della narrativa dell’orrore, ai quali sono stati riconosciuti i propri meriti letterari solo diversi anni dopo la propria morte. Non starò qui a fare l’elenco delle personalità che hanno conosciuto questo triste destino – sarebbe troppo lungo –, ma giusto per farvi capire lo stato delle cose in tutta la prima metà del Novecento, citerò solo il nome, oramai giustamente famoso, di Philip K. Dick e quello dell’altrettanto importante Richard Matheson, padre della prima invasione di non-morti che la letteratura ricordi, che proprio in questo periodo imperversato dalla moda degli zombie sta venendo timidamente riscoperto. Lovecraft nasce però parecchi anni prima, nel 1890, in un periodo ancora più difficile per chiunque avesse ambizioni letterarie nel campo del fantastico, ambizioni che portavano senza scampo ad essere denigrati dall’ambiente accademico e dai contesti culturali “che contavano”, per finire pubblicati solo su pulp magazine ben poco rispettabili. Non è un caso, appunto, che la quasi totalità dei racconti di Lovecraft ebbe come unico canale di distribuzione le riviste come Weird Tales, conoscendo ben poca fortuna e fama.
Un discorso completamente diverso va fatto invece per il più anziano Harry Houdini (1874-1926), illusionista leggendario a cui certo non era mancata già in vita un’immensa notorietà, tanto da essere considerato nel mondo dello spettacolo di quel tempo una vera e propria celebrità, paragonabile, senza essere troppo audaci, alle odierne pop star o ai più conosciuti attori di Hollywood. Oltre a essere un genio dell’escapologia e un illusionista di ineguagliabile bravura, Houdini era anche un avido lettore di racconti fantastici e un grande estimatore proprio del nostro Lovecraft, con il quale strinse una forte amicizia nutrita dalle numerose lettere che i due erano soliti mandarsi. Il legame era tale da portarlo a commissionare allo scrittore di Providence una storia nel quale il famoso illusionista non solo fosse il protagonista, ma anche l’apparente autore: il racconto venne pubblicato nel 1924 sulle pagine di Weird Tales con il titolo “Under the pyramids” (“Sotto le piramidi“), testo precursore delle tante storie successive di mummie e maledizioni dell’antico Egitto, firmato proprio da Houdini in persona, un nome all’epoca certamente più vendibile di quello di Lovecraft.
Ma Houdini utilizzò la penna dell’amico anche in un’altra occasione, per scopi di gran lunga più meritori: la grande battaglia che il famoso illusionista portò avanti lungo tutta la sua carriera fu quella che doveva servire a far comprendere al pubblico che la sua arte non aveva nulla a che vedere con la magia, che le azioni strabilianti che compiva durante i suoi spettacoli (prima fra tutte la fuga dalla vasca piena d’acqua della tortura cinese, rimasta nell’immaginario di tutti come la sua impresa più eroica) erano tutte il risultato di una tecnica impeccabile, di una bravura tutta umana che nulla aveva a che fare con il paranormale, rappresentando piuttosto il risultato di un esercizio costante e durissimo.
Per questa ragione, dagli anni venti in poi Houdini si dedicò a denunciare con tutte le sue forze le false credenze e superstizioni, smascherando i trucchi dei medium e dei parapsicologi e le menzogne dello spiritismo, le cui pratiche esoteriche avevano affascinato larga parte della società già dagli inizi dell’Ottocento, suggestioni che venivano accolte persino da importanti uomini di cultura come Artur Conan Doyle, autore dei racconti polizieschi incentrati sulla figura dell’investigatore Sherlock Holmes – che al contrario del suo creatore viene descritto ironicamente come un paladino del razionalismo e della scienza. Houdini si scagliò dunque contro questo vero e proprio sistema di credenze così radicato nella società dell’epoca, e per farlo al meglio ebbe l’idea di commissionare all’amico Lovecraft un saggio nel quale venisse presa in esame l’evoluzione della superstizione nel tempo, mettendone in evidenza le infondatezze e le assurdità rispetto alla conoscenza scientifica e alla prospettiva razionale. Lo scrittore, perfettamente concorde con l’amico su questi argomenti (nonostante il soprannaturale fosse la materia prima con cui plasmava i suoi racconti dell’orrore), iniziò così a scrivere il saggio “The Cancer of Superstition” (“Il cancro della superstizione“), un testo di cui fino ad oggi si conosceva solo un breve riassunto dello stesso autore e il primo capitolo, pubblicati per la prima volta nel 1966 nella raccolta The Dark Brotherhood and Other Pieces.
Dico fino ad oggi, poiché è stato da poco ritrovato il manoscritto completo di 31 pagine di questo testo, rinvenuto in maniera del tutto casuale – “quasi per magia” verrebbe da dire, ma faremmo rivoltare il povero Houdini nella tomba – a Chicago, in un negozio per illusionisti chiuso da molti anni che conservava, tra le tante cose, diversi documenti appartenuti a Beatrice Rahner, vedova e assistente di Houdini, tra i quali si trovavano appunto i fogli del saggio dell’autore del Ciclo di Cthulhu, che verrà venduto all’asta proprio oggi 9 aprile con un’offerta di partenza di 13mila dollari, mentre gli esperti del settore si dicono sicuri che il prezzo di vendita si attesterà tra i 25mila e i 40mila.
Non saranno certo le pagine del Necronimicon, che per una questione di prudenza speriamo rimangano nascoste ancora a lungo, ma questo ritrovamento rimane senza dubbio importante in quanto permette agli studiosi di approfondire ancora di più l’importante produzione saggistica che Lovecraft dedicò ai meccanismi interni della sua narrativa e del genere fantastico in generale, argomento che già aveva trattato nell’importante opera “Supernatural Horror in Literature“, nella quale cerca di dimostrare come la letteratura fantastica si fondi sulla capacità dell’autore di provocare terrore nel lettore, con affascinanti osservazioni poi riprese dalla critica letteraria più recente. La speranza è che presto, a prescindere dalla vendita all’asta dell’originale, tutti potranno leggere il contenuto di questo interessante studio, mentre nel nostro piccolo l’unico consiglio che possiamo dare è quello di prendere una delle tante edizioni complete dell’opera di Lovecraft (la Mondadori ha recentemente pubblicato un corposo volume comprendente tutti i racconti, nell’ottima traduzione di Giuseppe Lippi), di scegliere a caso una delle sue storie e di immergersi in un universo angosciante e minaccioso dove l’ignoto è sempre pronto a strangolarvi con i suoi tentacoli di tenebra.
– Davide Carnevale –