Quando pensi di averle viste tutte, ecco che ti imbatti nell’idea che non avresti potuto avere neanche in un miliardo di anni. Prima di provare il gioco di cui vi parlo oggi mi ero debitamente documentato, ma niente di quello che avevo letto avrebbe mai potuto prepararmi a ciò che poi mi sono trovato davanti. ‘Salt and Sanctuary’ è un titolo sviluppato da Ska Studios, una software house decisamente piccola (forse la ricorderete per i due ‘The Dishwasher‘ pubblicati su Xbox 360), ma che è tornata sotto i riflettori proprio grazie a questo videogame decisamente geniale.
‘Salt and Sanctuary‘ è disponibile dal 15 marzo su PlayStation 4; è previsto anche un porting su PC e PS Vita, ma in merito mancano ancora date precise. Vi dico subito che si tratta di un piccolo gioiellino, che riesce ad essere perfettamente derivativo e, al contempo, pienamente originale.
SALE E SANTUARI
Ho parlato di derivazione in quanto ‘Salt and Sanctuary’ rappresenta uno smaccato adattamento in 2D dei giochi della serie ‘Souls’ che hanno reso celebre From Software e il visionario Hidetaka Miyazaki. Chi ha giocato a ‘Dark Souls’ o a ‘Bloodborne’ si ritroverà immediatamente a proprio agio con l’interfaccia e con i comandi, anche se magari appena spaesato dalla grafica bidimensionale, che trasforma il gioco in un videogame a scorrimento. L’editor consente una discreta personalizzazione del nostro avatar (occhi, barba, capelli…) con tanto di scelta di classe fra Cavaliere, Mago-guerriero, Cacciatore, Chierico e così via. Nei primi livelli ci si imbatte in dei messaggi in bottiglia incastrati nel terreno, che si possono aprire col tasto cerchio e che rappresentano tutto il tutorial (ricorda nulla?). Alcuni di questi messaggi invitano apertamente a “Lodare il Sole il Sale” del titolo. Il sale è quello che si raccoglie dai nemici uccisi e che sostituisce le anime dei ‘Souls’: lo si può usare per sbloccare potenziamenti e aumentare di livello, e viene “sequestrato” dal nemico che vi ha ucciso e perso per sempre se al vostro primo respawn non doveste riuscire a recuperarlo. Procedendo con l’avventura ci si rende conto di quanto sia plateale la somiglianza con i giochi di From Software non solo a livello superficiale (editor, classi, interfaccia…), ma anche nelle meccaniche: i combattimenti esigono grande reattività nelle schivate e nelle parate, anche il nemico più banale può mandarci all’altro mondo (se gestito male), e ogni volta che si muore ci si deve far strada fra il respawn dei nemici già uccisi, ripartendo da un Santuario strettamente imparentato con i falò e le lanterne dei giochi di Miyazaki. Suona familiare? Ancor più delle meccaniche, però, quello che ‘Salt and Sanctuary’ ricrea sono proprio le sensazioni dei ‘Souls’: il costante terrore nel procedere verso luoghi sconosciuti, la frustrazione quando si tarda a prevedere i pattern d’attacco dei nemici, e il senso di trionfo quando si riesce a uccidere un boss particolarmente ostico.
ORIGINALITÀ: MISSIONE IMPOSSIBILE?
Voglio però spazzar subito via ogni equivoco: nonostante queste premesse, il gioco non si risolve in una mera copia dei ‘Souls’; ha invece a mio avviso una forte personalità, riesce a essere in qualche modo davvero originale, a citare senza copiare, a celebrare la fonte di ispirazione senza scadere nella pedissequa imitazione. Gran parte della “personalità” del gioco passa sicuramente dalla bidimensionalità del gameplay, scelta dettata probabilmente da ragioni di budget, ma che finisce per diventare una fortissima rivendicazione di identità. C’è poi, forse ancor più che in ‘Dark Souls‘ e affini, la sensazione di essere smarriti in un mondo gigantesco e solitario, fra paludi, castelli e labirinti sotterranei rispetto ai quali il nostro avatar appare minuscolo e impotente.
Il lore viene a malapena svelato dagli occasionali PNG con cui scambiare poche parole, e la sua comprensione passa per i già citati Santuari. Questi sono piccole oasi di pace in un mondo di morte costante, luoghi dove salire di livello (con un sistema che ricorda la Sferografia di ‘Final Fantasy X’), acquistare armi e armature, e tirare il fiato prima dello scontro successivo. Molti santuari appartengono a divinità appena accennate che sarebbe stato interessante approfondire; alcuni invece sono abbandonati e sta allora a noi rivendicarli in nome dei nostri dèi, customizzandoli con venditori e altri utili servizi.
ARCHETIPI FANTASY E SCOGLI LINGUISTICI
La quest che il nostro eroe deve portare a compimento è il classico salvataggio della principessa, dunque idealmente un compito assai lineare, reso nella sostanza impervio dai nemici che si parano sulla nostra strada con il solo scopo di ucciderci – e state pur certi che ci riescono benissimo. Purtroppo devo inserire qui l’unica nota negativa, che non attiene al gioco in sé, ma all’adattamento italiano: ahimè, il problema è che la traduzione è stata effettuata con il peggiore dei traduttori automatici, per cui le frasi risultano spesso prive di senso, quando non totalmente in inglese o per metà in italiano e metà in inglese. In queste condizioni è quasi impossibile capire anche quel poco che ci viene detto dagli NPC. È davvero un peccato che un gioco stupendo sia azzoppato da una localizzazione deficitaria: la speranza è che chi ne cura l’adattamento fornisca quanto prima una traduzione degna di questo nome ma, se ve la cavate con la lingua d’Albione, il mio consiglio è di settare la console in inglese, in modo da poter giocare in questa lingua.
E il gioco, ribadisco, è davvero stupendo. Nella semplicità dell’idea, nella fedeltà al prototipo originale e al tempo stesso nella manifesta indipendenza dalla fonte di ispirazione, ‘Salt and Sanctuary‘ mi ha convinto oltre ogni aspettativa. Credo che chiunque si sia seduto davanti a un falò nella propria vita videoludica debba proprio dare una chance al titolo di Ska Studios.
– Stefano Marras –
Salt and Sanctuary: recensione e gameplay
Isola Illyon
- Formula consolidata "presa in prestito" dalla saga 'Souls', ma riproposta in modo originale;
- Geniale la scelta del 2D;
- Accattivante il design di mostri e personaggi;
- Grande cura per i dettagli;
- La sensazione di terrore mentre ci si inoltra in luoghi inesplorati, la frustrazione delle continue morti, l'ebrezza della sopravvivenza;
- Il sistema dei Santuari;
- Localizzazione italiana da dimenticare;
- Lore quasi per nulla approfondito;