Il 15 marzo cadeva l’anniversario di morte del solitario di Providence. Se la sua coscienza potesse scavalcare le barriere del Tempo e fare capolino nel ventunesimo secolo, cosa penserebbe di noi? Cosa ne penserebbe, della sua eredità?
Gli inizi del ventesimo secolo sono stati caratterizzati da profonde rivoluzioni scientifiche. Einstein elabora la teoria della relatività generale e il mondo scientifico va in visibilio. Howard no. Lui scrive lettere in cui evoca la destrutturazione dell’Universo, la riduzione del creato a poco più che una beffa. Jeez, Howy, è solo luce. D’altronde, se la paura non fosse stata parte della sua persona, ciò che ha scritto non l’avrebbe mai evocata in chi legge. E di paura il Solitario ne aveva parecchia: l’ha riversata in fiumi d’inchiostro, che su carta si sono amalgamati per dar sostanza a creature da incubo.
Oggi la paura sembra essere un elemento marginale del lascito dell’autore. Oggi Lovecraft si gattizza, per la gioia di chi viene da Ulthar. È l’inevitabile processo di sfaldamento di ciò che entra nell’immaginario collettivo. A furia di maneggiarlo e guardarlo al microscopio, l’Incubo per antonomasia l’abbiamo scoperto meno spaventoso del previsto.
Insomma, secondo me Lovecraft (se ci sta guardando) non è molto contento. In omaggio al suo spirito immortale e al viaggio interdimensionale che mi auguro stia compiendo, eccovi un elenco delle sette mostruosità più “underrated” della sua narrativa: poco note, sottovalutate, o che ho deciso di mettere in questo elenco perché me ne servivano sette, l’autore sono io, il mio giudizio è insindacabile, se non ti piacciono CIAO. A meno che non siate uno che su Lovecraft ci sta scrivendo la tesi di dottorato (sì, sto guardando proprio te), è probabile che non le conosciate tutte. Il che significa che dall’elenco resteranno fuori, per ovvi motivi, Cthulhu, Dagon, Yog-Sothoth, Nyarlathotep, quel caprone di Shub Niggurath e l’incorreggibile, balbuziente e poco opportuno ai party Azathoth.
Nodens
Nodens è forse l’unico amichetto che un povero viaggiatore dell’Incubo potrebbe mai farsi (anche se è pur sempre una massa “grigia e orribile” che si agita all’interno di una conchiglia trainata da creature leggendarie). Ispirato all’omonima divinità celtica, compare in due storie: The Strange High House in the Mist e The Dream-Quest of Unknown Kadath, nel quale se la ride bellamente delle sconfitte del Caos Strisciante (Nyarlathotep). Vanta un primato: è una delle poche creature sovrannaturali (se non l’unica) benevoli partorite da H.P.. Ma chiamiamolo pure un deus ex machina: senza di lui Randolph Carter non sarebbe andato lontano.
Yig
Il cobra non è un serpente, e manco un pensiero indecente, è LA PROLE DI UNA DANNATA ENTITÀ ALIENA CHE TI DIVORERÀ NEL SONNO. The Curse of Yig introduce il Padre dei Serpenti, vagamente ispirato al più noto Quetzalcoatl. Ciò che piace davvero di Yig è che non lo si vede mai: a causa della sua paranoica fobia per quest’entità, la protagonista del racconto finisce per accoltellare a morte il marito. Poi impazzisce, partorisce un’entità mezzo uomo e mezzo rettile e crepa. Yig c’è, ma non si vede.
Elder Things
A loro va il merito di essere stati i primi. Forse non i primi a essere creati, ma sicuramente a posare le loro zampacce sulla terra. Da dove? Ma volando dallo spazio profondo, si capisce. Hanno le ali mica per niente. Testa a forma di stella marina, cinque tentacoli tubolari con in fondo cinque occhi, resistono a pressioni incredibili, possono ibernarsi per lunghi periodi di tempo, non hanno bisogno di respirare e soprattutto non scopano. Si riproducono con le spore. “Ecco perché non ha senso essere un puffo Elder Thing: che cazzo vivi a fare, se non hai il pisello”, cit. Donnie Darko William Dyer.
Shoggoths
Creati dagli Elder Thing come schiavetti aggiusta-tutto, sono il sogno di ogni alieno pigro e poco democratico: creature informi amebose fatte di catrame nerastro (ma con tanti occhi, che non guastano mai), possono assumere qualunque forma, non pensano, e sono fortissimi. Abdul Alhazred trovava spaventoso anche solo immaginarseli. Oggi li chiameremmo Ditto.
The Color From Outer Space
Alle volte bastano le parole dell’Autore. “Che cosa sia, Dio solo lo sa. In termini di materia suppongo che la cosa sia un gas, ma obbediente a leggi che non sono quelle del nostro cosmo […] era soltanto un colore venuto dallo spazio, messaggero spaventoso degli informi reami dell’infinito, al di là della natura che conosciamo”.
Insomma: era un colore, e veniva dallo spazio. E basta. Nell’omonimo racconto si mangia il bestiame, fa impazzire la gente e a cose fatte se ne va. Sarà stato un pacchetto vacanze della Cthulhu Viaggi Interstellari?
High Priest Not to Be Described
Su di lui i teorici del complotto si possono sbizzarrire. Servitore degli Outer Gods, unico abitante di un solitario monastero al centro dell’Altipiano di Leng, suona un flauto d’avorio coperto di seta gialla e il suo volto è nascosto dietro una maschera di ugual colore. Kuranes riesce ad evitarlo in Celephais e Randolph Carter ha la stessa fortuna in The Dream Quest. Chi si cela dietro la maschera? Qualcuno dice “avatar di Nyarlathotep”. Ma il sottoscritto ha pochi dubbi: ciao, Hastur (a.k.a. Il Re in Giallo), a quanto pare sei stato declassato.
Gli Allogeni
Nessun mostro tentacolare faceva paura, al Solitario, quanto gli allogeni. Quelli marroni e gialli che vengono da fuori. Quelli strani, coi denti storti, che puzzano e fanno cose che non si capiscono e probabilmente nei loro templi chissà che divinità blasfeme che adorano, quegli sporchi bastardi, ma va va fammi tornare a Providence a scrivere L’orrore a Red Hook. Eh sì, amici miei: H.P. era proprio xenofobo. E a noi posteri, che amiamo i gatti e odiamo la memoria, la cosa non va giù: qualche mese fa il World Fantasy Award, sull’onda di alcune proteste, ha annunciato che il trofeo non sarà più un busto di Lovecraft (caricaturale, peraltro).
Mi spiace, Howard: forse questo viaggio interdimensionale era meglio non farlo.
– Luca Pappalardo –