Amazon, la risposta a ogni mio acquisto dal momento in cui l’Irlanda è stata privata dei suoi concorrenziali dazi doganali, il mio metaforico dito medio alle folli tariffe dei negozi di videogiochi italiani, la mia fuga dai giovani “librai” sottopagati che le grandi catene mettono in prima linea nonostante ne sappiano poco o niente di quello che vendono. Amazon – lo dico per chi abbia vissuto fino ad ora sotto un sasso – è un mastodontico negozio online che è andato sempre più ad affermarsi negli anni e che, al giorno d’oggi, vende pressoché qualsiasi genere di prodotto non deperibile e di largo consumo. Altra peculiarità del sito è il suo approccio commerciale di “prospettiva priva di profitto”: con l’orrore dell’intero sistema capitalistico americano, infatti, i CEO interessati si sono sempre mostrati maggiormente concentrati sul servizio che sul ricavare grandi incassi da mettersi in tasca.
In effetti, parlando agli azionisti, i responsabili delle relazioni pubbliche si sono (poco) notoriamente vantati con orgoglio di come l’azienda sia in grado di autosostenersi e che, a fine mese, ogni dipendente possa tornare a casa con lo stipendio in tasca. Una paga regolare e ufficiale può sembrare una cosa ai limiti della fantascienza a noi che viviamo in Italia, ma per i colletti bianchi degli States si tratta del minimo sindacabile perché un’attività non venga aspramente criticata: il rinunciare a introiti vertiginosi è, tuttavia, la seconda situazione peggiore agli occhi delle borse, cosa pessima e degna di sfiducia.
Se i finanziatori di Jurassic World hanno deciso di mettere mano al portafogli per creare un’immonda bestia assassina solamente perché i ricavi, seppure presenti, erano inferiori alle stime previste, a cosa potrebbe arrivare un grande marchio che ha passato gli ultimi anni ad accumulare perdite? La risposta di Amazon, apparentemente, è l’esibirsi in una strategia imprevista buttandosi nel campo della programmazione videoludica. Nasce così Lumberyard, un motore grafico 3D e open-source nipote del collaudato CryEngine di Crytek.
In un periodo in cui le principali case videoludiche stanno collassando sotto proibitivi costi di produzione (ma un po’ se lo meritano, visto che sono decadi che competono freudianamente per dimostrare di avere le grafiche migliori) è innegabile che ci si trovi davanti a un rinascimento degli studi indipendenti. Proprio questo genere di sviluppatori “da scantinato umido” sarà il target per eccellenza di Amazon: per quanto sia gratuito utilizzare i codici e facile creare un videogame completo, infatti, sarà necessario firmare un contratto che, tra le clausole, impone di non diffondere il neonato prodotto attraverso i canali della concorrenza. Di fatto, chiunque potrà sfogare la propria creatività con la modellazione e, a quel punto, dovrà decidere se divulgare il proprio prodotto tramite server privati o, più verosimilmente, facendo leva sul sistema Amazon Web Services. I titoli multiplayer, nello specifico, troveranno un significativo supporto nel nuovo Amazon Gamelift, ideato esplicitamente per essere un “centralinista” informatico capace di gestire al meglio le partite dell’utenza; il pagamento, in questo caso, sarà convenientemente proporzionale al numero di giocatori di cui la nota azienda dovrà farsi carico.
Se si prende in considerazione il fatto che l’accesso ai collaudati motori grafici preveda solitamente il versamento di una tassa non indifferente, l’offerta del negozio online di Jeff Bezos pare tutto sommato estremamente allettante, soprattutto se si tengono in conto i benefici paralleli. Bisogna ricordare, infatti, che Amazon ha messo recentemente le mani su Twitch, uno dei siti di video streaming più sfruttato dai gamer per trasmettere le proprie prodezze. Twitch vanta un’interfaccia di facile utilizzo che dovrebbe essere ottimizzata al meglio per funzionare con Lumberyard, divenendo un punto saldo nel sempre più comune uso social del gameplay e, focalizzandosi sul fattore di lucro, offrendo le basi per le moderne campagne pubblicitarie lanciate dai cosiddetti let’s players. Qualora non bastasse, Amazon ha gettato la sua ombra anche su Double Helix Games, nota per il suo lavoro con Silent Hill e Killer Instinct. Certo, non sto parlando né dei Silent Hill belli né del Killer Instinct originale… in effetti il numero di giochi usciti dai loro studi è praticamente in pari con i titoli che hanno dovuto cancellare. Inutile fare i pignoli: come già detto, Amazon non naviga nei sesterzi ed è tutto sommato encomiabile che si sia movimentata per garantire che al suo fianco presenzi qualcuno con un minimo di gavetta, visto che, se tutto dovesse andare bene, si sta parlando di portare i risultati di Lumberyard anche su console e, un giorno, su smartphone e mobile.
Sorprendentemente, insomma, la risposta di Amazon alle poco confortevoli notizie economiche non ha niente a che vedere con fauci e pellami mimetici… anche se… in effetti, nelle normative del contratto è esplicitato un disclaimer che proibisce lo sviluppo di programmi atti al mantenimento di strumentazioni vitali o che gestiscano la salvaguardia delle persone, ma aggiunge anche un cavillo per il quale questa regola viene meno qualora il centro di controllo malattie degli States riconosca ufficialmente un eventuale apocalisse zombi. Sospetto.
– Walter Ferri –