Nel panorama mondiale del crowdfunding, Kickstarter non è soltanto la piattaforma più visibile e conosciuta: è anche quella in assoluto più sicura, che meglio tutela gli utenti nella fase di fondazione e raccolta fondi del progetto. Il meccanismo, nella sua semplicità, è geniale: quando un’impresa si presenta sul mercato del crowdfunding con un progetto in mente, chiede fiducia ai propri sostenitori. Questi danno la disponibilità a versare determinate offerte di denaro, alle quali corrisponde – in base a un prospetto stilato da chi richiede il finanziamento – il riconoscimento di una o più ricompense che saranno esigibili una volta che il progetto sarà completato; il punto nodale è proprio il fatto che la somma non venga immediatamente versata, ma soltanto promessa. Al termine del periodo di fund raising, se l’obiettivo – fissato in autonomia dagli stessi ideatori del progetto – viene raggiunto, Kickstarter si preoccupa di riscuotere le cifre offerte dai diversi backers, facendo da intermediario. Se invece il progetto fallisce, poco male, non avete effettivamente speso un centesimo: è quanto accaduto di recente, tanto per fare un esempio, con il progetto ‘Mooncrest’ che, pur interessante, ha chiuso addirittura prima del termine per manifesta incapacità di raggiungere l’obiettivo.
Però… che succede se il progetto, una volta fondato, si arena e non può essere completato? Nella propria pagina FAQ, Kickstarter chiarisce che “è responsabilità del creatore completare il progetto. Kickstarter non è coinvolto nello sviluppo dei progetti stessi. Kickstater non garantisce sui progetti e/o non indaga sulla capacità del creatore di completare il proprio progetto. Su Kickstarter, i backers (voi!) decidono in definitiva della validità e della meritevolezza di un progetto…”
Le condizioni di contratto di Kickstarter, poi, alla Sezione 4, prevedono che i fondatori che non siano in grado di mantenere il proprio impegno possano esonerarsi dalla propria responsabilità nei confronti dei backers seguendo una serie di passi, che prevedono, fra le altre cose: postare un aggiornamento in cui si spiega quali lavori debbano ancora svolgere, come abbiano speso i fondi e cosa impedisca di portare avanti il progetto; sforzarsi comunque di offrire una degna conclusione al progetto, dimostrando di aver usato coscienziosamente i fondi e di aver realizzato “ogni ragionevole sforzo per completarlo come promesso”; offrirsi, in ultimo, di restituire quanto rimane ai finanziatori che non abbiano ricevuto la propria ricompensa, in proporzione a quanto versato. Mancando questi adempimenti si apre la strada ad azioni legali di rimborso, ma la garanzia sembra più teorica che concreta: chi di noi, avendo versato anche qualche decina di euro, vorrebbe spendere tempo e risorse per trascinare in un’aula di Tribunale, magari dall’altra parte del mondo, la società rivelatasi inadempiente?
Questo breve sunto – che spero comunque troviate utile per muovervi consapevolmente nel finanziamento di una campagna di crowdfunding – si rende necessario per potervi raccontare una storia decisamente più vicina alle tematiche care a noi di Isola Illyon: il caso del videogame ‘Unsung Story: Tales of the Guardians’. Nel 2014 questo progetto, presentato come successore spirituale degli RPG tattici, aveva raccolto circa 660.000 dollari a fronte di un obiettivo di 600.000. A catturare i circa 16.000 sostenitori era stata la promessa di un RPG tattico “pieno di intrighi, guerra, tradimenti, alleanze e spionaggio”, con “un mondo di gioco dettagliato e immersivo” che i giocatori avrebbero dovuto portare alla vita attraverso le loro scelte e le loro azioni. Piattaforme previste: PC, Mac, Linux, Android e iOS. Ad attrarre i fan non era tanto il nome misconosciuto di Playdek Studios, ma la garanzia che a sovrintendere il progetto sarebbe stato Yasumi Matsuno, brillante creatore di ‘Final Fantasy Tactics’ e ‘Vagrant Story’. Devo dirvi che, anche a vedere le illustrazioni, il concept era davvero interessante. Dopotutto un nome così è una garanzia, no?
No.
Lo scorso 6 di febbraio, con un update rivolto ai donatori, Playdek ha annunciato quella che a molti è suonata un po’ come una resa: “Negli ultimi mesi abbiamo subito delle battute d’arresto nello sviluppo, che stanno influenzando la nostra scaletta e il progresso sul gioco, e al tempo stesso influenzano quel che dobbiamo fare come società nell’immediato futuro.” Lamentando la perdita di alcuni membri-chiave dello staff al lavoro sul videogame e tirando in ballo la stessa salute finanziaria dell’azienda, Playdek ha chiarito di “avere un unico team interno capace di lavorare su un singolo progetto alla volta, e per ragioni di solidità finanziaria della compagnia dobbiamo focalizzarci su pochi prodotti nel breve termine, che possano avere una data di release più vicina di quella di ‘Unsung Story’.” Quanto al promesso RPG tattico, dunque, “cercheremo delle soluzioni per uno sviluppo in outsourcing”; per quanto non vi sia la garanzia che il progetto possa mai essere realizzato, “vogliamo assicurarci di aver esplorato tutte le possibilità disponibili che possano far progredire il gioco”.
Non è la prima delusione subita dai sostenitori del progetto ‘Unsung Story’, ma di certo è la più grave: nei mesi passati era piovuta dal cielo la notizia che il gioco avrebbe implementato una modalità PvP mai prevista in fase progettuale; ad ottobre 2015, poi, era stato annunciato un ritardo, ma con la garanzia di una release nel 2016. Ora anche questa possibilità è sfumata, verosimilmente per sempre: la goccia ha fatto traboccare il vaso. I fan, la cui pazienza è stata già messa a dura prova, si sono immediatamente tramutati in haters sfegatati, chiedendo a più riprese a Playdek di fornire un rendiconto che spieghi come mai i fondi stanziati non siano stati sufficienti e come accidenti siano stati spesi; in tantissimi hanno chiesto l’immediata restituzione delle somme, mentre altri hanno addirittura tirato in ballo il ricorso all’Autorità giudiziaria, citando un precedente nel quale un Tribunale dello Stato di Washington ha imposto ai creatori del progetto Kickstarter Asylum Playing Card (gioco di carte ideato da un artista di nazionalità serba) di rifondere i backers residenti nello Stato e di versare una sanzione di 1.000 dollari per sostenitore.
La sorte di ‘Unsung Story’ è ancora oscura, ma sinceramente appare segnata. Più fortunato sembra invece, per il momento, il destino di un altro progetto, quello del JRPG ‘Project Phoenix’, rimasto arenato per l’assenza di un programmatore, protrattasi per mesi interi. Ora quella falla pare sia stata tappata, ma si parla di un ritardo di circa due anni e mezzo nello sviluppo del videogame. Ciò nonostante, non dubito che i sostenitori di ‘Unsung Story’ accetterebbero volentieri un ritardo, piuttosto che rimanere con un pugno di mosche: la storia che volevano sentirsi raccontare, a quanto pare, non verrà mai cantata.
– Stefano Marras –