Le persone anziane possono essere spesso spaventose. Tra costumi di altri tempi, vizi consolidatisi negli anni, e immancabili acciacchi fisici, spesso finiscono con l’essere la principale causa di tacito imbarazzo durante le cene di famiglia. Rispetto reverenziale, sensibilità umana, vena comica e apprensione finiscono col cozzare tra di loro in reazione ai comportamenti imprevedibili della senilità; questo scontro tende a far sprofondare in un abisso di perturbazione e stasi dal quale è difficile uscire. Proprio questo senso sublime di abbandono dev’essere stato al centro dell’ultima opera di M. Night Shyamalan quando, coi soldi recuperati dalla passata collaborazione con Will Smith, si è finanziato il progetto low budget che è The Visit.
Shyamalan, parliamo un po’ di quest’uomo. Molti di voi avranno visto (o perlomeno sentito nominare) Il sesto senso, il film del 1999 che lo ha lanciato nell’olimpo di Hollywood. Sia l’uomo medio che la critica erano entusiasti: si parlava di un nuovo genio dietro alla macchina da presa, ma tempo di girare altri due film e l’opinione pubblica gli ha voltato le spalle etichettandolo come ciarlatano. Le sue opere, in effetti, sono caratterizzate da sceneggiature debolissime spezzate da perenni colpi di scena che, alle lunghe, ne hanno minato la credibilità e lo hanno trasformato in uno zimbello di scala mondiale. La cosa è andata in decrescendo al punto che molti erano convinti che il regista non avrebbe più trovato lavoro, gli attori lo evitavano neppure fosse Uwe Boll finché, quasi in sordina, si è prestato con scarsi risultati ad After Earth, ricavandone tuttavia dei buoni introiti. Le aspettative per questo ennesimo tentativo cinematografico non erano altissime, ma è evidente che il regista abbia approcciato il lavoro con uno spirito diverso, più coinvolto e libero, riuscendo a recuperare gli standard di un’epoca remota.
Rebecca e Tyler abbandonano le mure domestiche per trascorrere una settimana a casa dei nonni materni che, a causa di un prepotente litigio familiare, non avevano mai avuto modo di conoscere. I due, scossi a loro volta dall’essere stati abbandonati dal padre, vogliono consolidare il loro legame di sangue e restaurare i rapporti materni filmando le esperienze salienti di questo incontro e montandole in un melenso quanto nostalgico documentario. John e Doris, i due arzilli vecchietti, sono amichevoli e accoglienti nei loro confronti e, pur essendo indiscutibilmente dei burberi campagnoli, sembrano veramente voler ritrovare la serenità coccolando quei nipotini sconosciuti. Sin dalla prima notte, tuttavia, le cose si tingono di note cupe: Rebecca, mossa dal desiderio di sbranare dei biscotti, si imbatte nella nonna che, ignara della sua presenza, vaga in vestaglia con fare sofferente. Questo è solamente il primo degli atteggiamenti grotteschi, ma ragionevolmente contestualizzati, che i due noteranno negli anziani, e presto il loro spirito giocoso muterà in apprensione fino a sfociare nel dubbio e nel terrore.
Ebbene sì, The Visit rientra nella categoria dei “found footage”, genere odiato dai più a causa del movimento claudicante delle riprese e per i pretesti squallidi con cui spesso si protrae lo stralcio di trama, ma v’è da dire che almeno in questo caso la scelta viene giustificata adeguatamente tramite una solida tessitura dei personaggi. La ricerca “artistica” di Rebecca permette a Shyamalan di tornare alle basi della propria esperienza di regista, garantendogli una buona ricercatezza nell’immagine e una certa dose di autoironia nel commentare tacitamente il suo stesso approccio fotografico, mettendosi in parallelo alla giovane protagonista. In effetti vi sono due modi di interpretare questo lungometraggio: viverlo come horror in senso stretto o aguzzare l’attenzione e cogliere la vena comica che il regista ha voluto nascondere tra i fotogrammi, e che ha lasciato trasparire solamente attraverso le (tremende) gag di Tyler.
Pur riconoscendo la presenza del sarcasmo, in ogni caso, la produzione riesce a creare una tensione sorprendente grazie a una serie di fattori tra cui spuntano sicuramente le eccellenti doti dei protagonisti e l’encomiabile colonna sonora. Gli attori bambini sono fin troppo spesso una spina nel fianco, ma ci troviamo davanti a uno di quei rari casi in cui riescono a sostenere benissimo la scena, nonostante questa sia spesso rubata dalla straordinaria Deanna Dunagan (nonna Doris) e dalle sue interpretazioni decisamente sopra le righe capaci di far venire la pelle d’oca. Per quanto riguarda il comparto audio, escludendo delle rare eccezioni, tutto ruota attorno a curatissimi rumori ambientali alternati a sinistri silenzi capaci di spingere lo spettatore a immedesimarsi a pieno nelle situazioni vissute dai personaggi. I “jump scare” sterili e gratuiti, abusati negli ultimi anni, sono pressoché limitati a una telegrafatissima scena; per il resto, l’orrore adotta forme decisamente più raffinate e cerebrali, puntando al disagio crescente piuttosto che ad altalenanti ondate di adrenalina.
Ovviamente The Visit non è esente da difetti, primo tra tutti l’immancabile colpo di scena che tutti si aspettavano e che M. Night ha cercato di complicare gettando le basi di possibili risvolti alieni o mistici. L’integrità dello stile di ripresa, non sempre coerente, è messo occasionalmente a repentaglio da tagli evidentemente esterni alla scelta stilistica del found footage, ma si tratta di piccole inezie che poco possono influenzare il giudizio su un film in cui quasi nessuno riponeva speranza. Volendo trovare altri difetti, si potrebbe menzionare come i due protagonisti, ideati come bambini maturi e svegli al limite della credibilità, passino tutto il terzo atto a compiere scelte discutibili e ovviamente forzate da necessità narrative malamente gestite. Pur mostrando molto più talento e anima dei Paranormal Activity e similari, comunque, The Visit è anche “gravato” dalla consapevole scelta di Shyamalan di non voler puntare a testa bassa sull’orrore, arrivando al punto di stemperare attimi di crescente tensione con battute tanto smargiasse quanto improbabili, cosa che lascerà certamente perplessa una certa fetta di pubblico.
–Walter Ferri–
The Visit – La recensione
Isola Illyon
- Il primo film piacevole di Shyamalan dopo un lungo periodo di astinenza;
- Attori encomiabili;
- Diverse scene di genuina tensione;
- La qualità della sceneggiatura non è costante;
- Alcune scelte stilistiche tendono a intralciarsi vicendevolmente;