Se ricordate, qualche articolo fa si parlava della morte di Glenn (precisamente qui). Ed io ho seriamente pensato (e sperato) che fosse morto sul serio. Poi, dopo un paio di puntate piuttosto vaghe, la rivelazione. Quello che molti si aspettavano ed i più, invece, speravano non accadesse. Glenn è ancora vivo. Si è salvato incredibilmente da quella situazione di merda strisciando sotto al cassonetto (nonostante dall’inquadratura dall’alto sembrava non avere l’accesso poi così libero a quella posizione). Dopo un numero imprecisato di ore senza acqua e senza cibo, viene miracolosamente intercettato da Enid, la ragazzina in fuga. Coincidenze? Io non credo. Quest’improvviso ritorno alla vita di Glenn (che psicologicamente lo riporta ai primi tempi, quando le cose erano davvero dure) non può che essere un ottimo spunto per introdurre ulteriore sentimentalismo, oramai il tema predominante nella serie, che non ha nulla da invidiare ad una qualsiasi soap-opera in termini di atteggiamenti smielati e smancerie. L’unico momento che spezza questo clima di serenità e amorevolezza è quello in cui la ragazzina punta la pistola in faccia al nostro cinesino preferito; anche questa scena potrebbe risultare familiare a chi sta seguendo la serie a fumetti, e questi rimandi fanno estremamente piacere. Enid agisce come una pazza squilibrata e riporta finalmente quel senso di incertezza e instabilità che ci piace. Per due o tre secondi al massimo, perché tutto sfuma inesorabilmente: bel tentativo, ci sono quasi cascato anche io.
Intanto ad Alexandria (che s’è trasformata ne “Il Mulino che vorrei”), nonostante un’orda di zombie imperversi contro le mura, la società sembra non aver affatto capito della situazione di pericolo nella quale si trovi. Continuano a vivere normalmente come se fossero in Farmville o roba simile. C’è anche un tentativo di far sembrare la cosa meno scontata: Rick si concilia con “quello più grosso” della comunità, insieme al quale prova a rinforzare la barriera all’altezza del campanile, nonostante dallo stesso piovano pezzi di legno durante tutta la durata della puntata. C’è addirittura una simulazione (andata male) di una sorta di processo a Morgan, fatto dal concilio ristretto composto dallo sceriffo, Michonne e la nostra Carol, che ritrova la centralità del suo personaggio solo in mancanza di Daryl. Una scena della durata di un minuto circa che sembra una chiacchierata fra amici al bar, e non un torchio con interrogazione e minacce, quello che ci aspetteremmo per un tradimento di questa portata. Insomma, per farla breve, il momento della puntata in cui Rick sembra incazzato è solo quello in cui, senza motivo apparente, in uno spezzone strappa le locandine della predica. Cosa vorrà significare? Una presa di posizione rispetto alla relazione sopravvivenza bruta/religione, o più semplicemente un’altra esternazione per farci intendere che se c’è un uomo in carica, questo è mr. Grimes?
In questo puntatone c’è spazio però per un sacco di altri fatti simpatici che andrò ad elencare per cercare di chiarire punto per punto:
– Deanna si presenta a Rick con i piani per l’espansione di Alexandria, in segno di speranza, prosperità e futuro, con tre battute in copione. Pensiamo all’espansione e attacchiamoci alla speranza che ci sia un domani piuttosto di vedere che moriremo prima che il sole tramonti del tutto?
– In questa puntata trova spazio anche la nostra cara Rosita. Abbiamo approfondito il background di tutti, perché non spiegare al pubblico che anche la portoricana sgambata con le treccine ed il fucile ha la sua dignità in quanto personaggio “anziano” del gruppo? Ovviamente il predicozzo lo fa ad Eugene, che somiglia sempre più inesorabilmente a Paolo Villaggio nella figura che l’ha reso celebre.
– Troviamo lo spazio per descrivere una simpatica scaramuccia fra Carl e il fidanzatino di Enid, armato dallo stesso papà sceriffo. Anche qui un “tributo” alla serie a fumetti? Staremo a vedere, perché questo è uno dei punti rimasti insoluti della scorsa puntata. Incrocio anche questa volta le dita nella speranza che questo (possibile) risvolto negativo non sia l’ennesima happy ending, in questa città incantata che ricordavo fosse un survival horror. Per non parlare del modo in cui questo stesso ragazzino si procura le pallottole: riuscendo a prendersi gioco della cicciona inutile messa a guardia di un arsenale che farebbe invidia ai peggiori terroristi, il tutto con un numero che mi ha ricordato una puntata de “Le simpatiche canaglie”.
Se credete di aver visto tutto, signori miei, vi sbagliate, perché accade qualcosa nel finale. Finalmente, dopo aver perso pezzi, la torre crolla e, simbolicamente, alcuni palloncini verdi volano nel cielo (segnale inequivocabile che Glenn sia vivo, secondo sua moglie). Il tutto accompagnato da una musica lenta, tranquilla. Che fra queste immagini contrapposte ci sia un rapporto stretto e dei riferimenti espliciti a ciò che la storia vuole raccontare è indubbio, ma dei colpi di genio di regia non possono compensare un telefilm che si regge a stento in piedi ad un passo dalla pausa invernale.
Enid nella puntata dice “Il mondo vuole uccidersi”. Forse vale lo stesso per The Walking Dead. Usciremo prima o poi da questo baratro di noia e buonismo scontato?
– Antonio Sansone –
The Walking Dead 6×07 – Recensione
Antonio Sansone
- Alcune inquadrature ed alcuni spunti del regista sono particolarmente interessanti;
- Spietati riferimenti al fumetto che quantomeno fanno sorridere i lettori nel ritrovarsi qualcosa di "familiare";
- Glenn doveva morire;
- Gli approfondimenti per ogni personaggio iniziano a diventare troppi e noiosi;
- Il retrogusto è davvero quello di una storia per bambini dove "tutto è bene ciò che finisce bene";
- Servirebbero meno buone azioni e più disperazione, più umanità;
- La linea è quello di un survival supereroistico, non horror;