Obbligatoria premessa: personalmente non pratico il cosplaying, ma lo apprezzo fintanto che resta nell’alveo dell’aderenza al personaggio, e nell’articolo che state per leggere esprimerò opinioni strettamente personali. Si può chiedere, dunque, all’Internet di prendere questi giudizi in modo leggero, assolutamente soggettivo e di leggere attentamente senza intento polemico i miei pensieri, laddove vengano riportati?
Bene direi che ora possiamo iniziare.
Il cosplay, negli ultimi sei, sette anni soprattutto (almeno da noi), si è ritagliato una certa fetta di appassionati tra i giovani e meno giovani: che sia inteso come un fenomeno di massa, come una moda da seguire o come sana passione, esso rappresenta di certo un elemento di interesse anche per coloro che, nell’ottica di fiere, convegni o convention, tendono ad aprire sempre più le porte a questo tipo di arte – perché così andrebbe inteso nella sua forma –, e quindi non è insolito anche per coloro che poco o nulla sanno del “cosplay” (crasi delle parole “costume” e “play”), imbattersi in persone travestite da personaggi di manga, anime, fumetti in genere o ispirati a videogames, film e serie tv.
Sì, il cosplay è questo, o comunque questo dovrebbe essere: l’arte di “portare in scena”, di interpretare nelle movenze e nell’aspetto un certo personaggio, da soli o in gruppo, persino mimando o riproducendo scene o situazioni.
Ci sono decine di definizioni e sottogeneri che appartengono al cosplay, alcune delle quali nemmeno in grado di mettere d’accordo gli stessi appassionati: ci sono i puristi, che desiderano l’aderenza massima al personaggio (dalle parole usate, l’inflessione, la parlata in lingua madre nel citare frasi celebri, postura e quant’altro), ma anche coloro che giudicano il cosplay valido solo se il costume lo si è confezionato in prima persona, nonché quanti lo giudicano “bello” solo se si interpreta un personaggio di sesso opposto al proprio, in una vera e propria sfida nel travestirsi nel modo più convincente possibile; non mancano, poi, quelli che reinterpretano i personaggi, variandone tratti, aspetti del costume o modificandone anche il sesso.
Non sarà sfuggito a molte persone, tuttavia, che, tra i numerosi personaggi “portati in scena” (virgolette obbligatorie), quelli comunque più famosi e in grado di attirare “il grande pubblico” (ovvero coloro che magari del cosplay sanno poco o nulla, e si fermano all’apparenza) siano proprio quelli femminili, sovente interpretati da ragazze di aspetto piacevole o particolarmente provocante.
Ribadisco, non voglio dire che SOLO cosplayer e/o personaggi discinti siano la norma, ma che quelli che “più colpiscono la vista”, ossia l’immaginazione del fruitore medio della rete e dei social, siano in effetti personaggi di sesso femminile, con la conseguente nascita di alcune personalità celebri. Certo, ci sono cosplayer maschili famosissimi come Danquish, Elffi Cosplay, Mark Meer e tanti altri, ma dato che, si dice, la bellezza è donna, abbiamo anche personaggi nostrani che uniscono bravura a bellezza come Giorgia Cosplay e Giada Robin. Altra cosplayer spesso molto chiacchierata è Jessica Nigri che, volente o nolente, è famosa principalmente per la propria fisicità e per interpretare personaggi in chiave deliberatamente sexy quando comunque essi, di base, non avrebbero nulla di nemmeno vagamente sensuale.

Ma come, non notate l’aderenza al personaggio del costume? Come sarebbe a dire “ma c’è anche un costume?”?
Parliamo proprio di lei: Jessica Nigri non è certo l’unica nel suo genere (Ivy Doomkitty e Yaya Han non è che abbiano “argomenti” minori, per intenderci) ma è diventata un caso a sé stante, perché, al di là di qualche femminista del web che inneggia la piena libertà d’espressione nel cosplay – “libertà d’espressione” ormai si confonde troppo spesso con “cattivo gusto” o “eccesso” –, quando è giunta in Italia per la Fiera dell’Unicorno, ha scatenato uno shitstorming notevole di “maschilisti porci” che, va detto, l’hanno apostrofata nei modi più fantasiosi e sgradevoli sul web.
E su questo fatto, lo ribadisco, non c’è scusante che tenga, dato che il preteso intento goliardico non può giustificare mai l’offesa o il prendere di mira una persona.
E così, tra levate di scudi abbastanza dozzinali e veterofemministe e alzate di lance (metaforicamente parlando e non solo…) banali e maschiliste, al tempo tentai umilmente di individuare il senso del portare così tanto in mostra la propria fisicità ed esporsi a commenti al testosterone, con una frase emblematica. Ecco cosa scrissi in quella occasione:
“Ed è montata una grande polemica per le frasi di quanti hanno preso d’assalto la pagina di Jessica Nigri in occasione della sua venuta in Italia presso la Festa dell’Unicorno, in tanti avendola presa in giro o insultata per i suoi provocanti (che poi sono l’unico motivo di successo che ha). Premesso che sono da ostracizzare una serie di ingiurie di natura così smaccatamente sessuale (alcune frasi sono davvero irripetibili e vanno oltre la goliardia di noi ragazzi quando si parla di qualche ragazza procace) perché penso persino una pornostar sia un essere umano e vada rispettata almeno per questo, sono del pari da evitare le levate di scudi patetiche per difendere chi è comunque artefice della propria, stessa, mercificazione. Chi vuol capire, la capisca.”
Ciò non ha impedito a qualche persona con idee abbastanza confuse (“femminismo, Vaticano, maschilisti porci”, a cui avrei potuto anche suggerire il sempre verde “io Tarzan, tu Jane”) di montare su questa riflessione volutamente diplomatica e che poteva aprire ad un confronto sano su ciò che il cosplay è o dovrebbe essere, tutto un panegirico su come le persone possano sentirsi libere di camminare in strada anche in mutande SE il personaggio interpretato venisse rispettato nell’estetica.
Ora, questo già porterebbe a dover considerare fenomeni persone come la Nigri, che in buona parte indossa costumi che c’entrano poco o nulla con il personaggio e che sono atti solo a valorizzarne le curve – che probabilmente sono le uniche cose per la quale è conosciuta; Jessica, però, NON è una cosplayer: è una modella, che spesso dei personaggi che interpreta non sa quasi nulla, e che si preoccupa principalmente di curare “le pubbliche relazioni”, intese come la realizzazione di video su YouTube in cui è a suo agio a fare anche il più casto degli annunci in reggiseno o maglietta corta. Tra l’altro, a riprova del fatto che sappia perché sia famosa, non si è mai lamentata dei commenti che le sono pervenuti anche da altri che non fossero gli “italiani maschi porci” – difatti, anche in America quello che viene scritto su di lei non è molto più tenero.
Dunque, per concludere: si può considerare cosplay, parlando in generale, l’interpretare esteticamente personaggi in chiave sensuale? Secondo me sì, se il personaggio si presta a questo: una Boa Hancock, una Mai Shiranui, una Cammy o una Emma Frost per forza di cose sono disegnate così; se si portano “in scena”, ci si presta a doversi s-vestire in un certo modo.
Ma se deliberatamente si modifica un personaggio che ha un certo aspetto al solo scopo di mettere in mostra il proprio corpo e apparire provocanti, allora la mia personale opinione è che si sia ben lontani dal cosa il cosplay è o dovrebbe essere, e che si trasformi così solo in facile esibizionismo e ricerca di notorietà che, in rete, significa SOLDI. Certo, è lodevole che alcuni uomini interpretino personaggi femminili e che donne si sforzino di portare in scena character del sesso opposto, però…
…vabbe’, allora ditelo che lo fate apposta.
– Leo d’Amato-