Ci siamo lasciati al termine dell’ultima puntata (quella incentrata su Morgan della quale abbiamo parlato qui) con una voce familiare che urlava “Aprite il cancello!”. Ed è proprio da questo punto che la quinta puntata di questa sesta stagione di The Walking Dead riprende. Le premesse dell’episodio sono decisamente altissime, tanto da lasciar pensare che il livello adrenalinico non sia destinato a scendere, anzi. Dopo la corsa di Rick inseguito dalla metà degli zombie della cava (potrebbero essere di più o di meno, ma è proprio questo senso di inconsapevolezza la chiave del terrore), i momenti di tensione si contano sulle dita di una mano. Un aspetto, fra gli altri, che mi ha lasciato perplesso è che di Morgan, fatta eccezione per una mezza comparsata ad inizio puntata, non vi sia alcuna traccia, così come di Michonne o di Carol.
Lo scopo di questa puntata, e lo si potrebbe intuire già dai primi secondi, effettivamente, è quello di focalizzare l’attenzione degli spettatori sul gruppo preesistente ad Alexandria piuttosto che sui soliti noti, sul modo in cui loro sono costretti ad affrontare quest’evenienza che sembra quasi nuova, come se il tutto fosse iniziato esattamente con l’arrivo del gruppo di Rick. Che sia casuale questo rimando, o si tratta semplicemente dell’ennesimo segnale degli sceneggiatori che vogliono farci ragionare su chi sia la controparte negativa della serie? Vediamo quindi una Deanna, già provata da tutto quanto accaduto nel finale della quinta stagione e nelle prime puntate di quella attualmente in onda, affrontare con mutismo e con uno sguardo terrorizzato la scena. Allo stesso tempo si legge una certa determinazione, la stessa intrinseca nella disperazione. Un casino in pieno stile Kirkman, al quale vanno ad aggiungersi dettagli di vita quotidiana come la necessità di razionare le provviste, visto l’assedio sempre più impellente dei vaganti alle mura. Fra la comprensione di alcuni e l’infamia di altri, tutti sono costretti a fare i conti con l’amara realtà: è un mondo nel quale o uccidi o vieni ucciso, e non c’è alcun modo di tornare indietro. Qualcuno perde la speranza e si rifugia nell’alcool, atto che non fa altro che sottolineare quanto sia patetica la natura umana e quanto spesse volte siamo incapaci di affrontare i problemi, grandi o giganteschi che siano. In questa puntata, infatti, molti personaggi sono messi alla prova in modo diretto e assolutamente crudo: Deanna affronta per la prima volta uno zombie (e trovo che la sua immagine completamente ricoperta di sangue sia straordinaria); anche la bionda Jessie, dopo aver dimostrato di essere capace di cacciare le unghie per proteggere la sua famiglia, sembra aver compreso la dura realtà dei fatti. Sarà forse questo che porta Rick ad avvicinarsi maggiormente a lei? Anche questo principio controverso di romance potrebbe dare spunti interessanti per il futuro della serie. Se alla situazione ci aggiungiamo i figli evidentemente disturbati di lei, e il fatto che lo sceriffo abbia ucciso il padre quasi a sangue freddo, la cosa si fa ancora più intrigante.
Altri spunti degni di nota per la narrazione vengono sollevati su tre livelli diversi. Partendo da Carl che si preoccupa per la scomparsa di Enid (che ci ricorda tanto quanto accade parallelamente nella storia raccontata da Robert nel fumetto), passando per Maggie che, non sapendo ancora della fine di merda che ha fatto Glenn un paio di puntate fa (ne abbiamo parlato qui), sembra del tutto convinta a voler uscire, nonostante la situazione sia piuttosto critica, assistita da Aaron evidentemente preso dai sensi di colpa: sarà proprio lui a confessare che la responsabilità dell’assedio dei wolves alla comunità è sua (per aver perso impudentemente lo zaino nel finale della quinta stagione!).
Una puntata molto ricca ma, allo stesso tempo, di un piattume veramente non indifferente. Questi sono i classici episodi che mettono alla prova la volontà stoica di chi è rimasto, come il sottoscritto, affezionato alla serie. Che siano i cambi di regia? Sicuramente la prova dietro la macchina da presa di Jennifer Lynch, nella seconda puntata della quale abbiamo parlato qui, è difficile da eguagliare, ma cali di tensione del genere non fanno bene alla salute del prodotto. Se poi consideriamo anche la storia di Denise, la cicciona psicologa che si fa coraggio e alla fine, fra una lettura d’anatomia ed un salvataggio in corner, trova anche il tempo di baciare Tara, abbiamo un eccesso di romanticismo che nel complesso stona, e non poco.
La gabbia dorata fatta di regole civili e pannelli di lamiera costruita da Deanna e Reg è sempre più vicina al collasso, e da rifugio sicuro quale tutti pensavano (e speravano) fosse, si trasforma nel giro di qualche puntata in una trappola mortale. A questo, si aggiunge l’indiscutibile incapacità della donna nel gestire ancora la situazione, e in uno scambio di battute con mister Grimes emerge una frase che possiamo considerare un postulato della storia: la gente ha bisogno di un leader, e questa persona è proprio il protagonista indiscusso della serie. Come abbiamo già avuto modo di capire in più punti, la verità è che il nuovo mondo ha bisogno di Rick Grimes.
– Antonio Sansone –
The Walking Dead 6×05 – Recensione
Antonio Sansone
- Riprende la continuità narrativa e scandaglia emozioni, possibili situazioni e sentimenti di alcuni personaggi secondari;
- La reazione di Maggie alla scomparsa di Glenn lascia trapelare il carattere più maturo dei personaggi più "anziani" della serie;
- I nomi dei caduti sulla barriera che vibra ai colpi dei Vaganti all'esterno sono un tocco di classe;
- Puntata filler, che continua sulla linea troppo narrativa e poco action;
- Molti personaggi abbozzati vengono caratterizzati, forse troppi alla volta, senza approfondirne nessuno in modo esaudiente;
- Troppo tranquilli per essere completamente circondati da una mandria infinita degli zombie;