Correva il 1972, un anno fondamentale per i capostipiti di due generi di shonen manga che sarebbero stati destinati a fare scuola e influenzare praticamente qualunque altra opera ideata in seguito: l’uno, Mazinga Z, il primo robot gigante pilotato da un essere umano che inaugurava la verve fantascientifica dell’autore, Go Nagai; l’altro, Devilman, il primo caso in cui si fondevano atmosfere dantesche ed apocalittiche ed attraverso il quale colui che sarebbe in seguito diventato uno dei mangaka più famosi di sempre poteva dare spazio al suo lato più gore, splatter diremmo oggi.
Attraverso serie nuove, serie parallele e gli immancabili remake, tesi ad attualizzarle, queste due opere si sono evolute continuamente, approdando anche in televisione o al cinema e muovendo l’interesse di un numero incalcolabile di fan: è davvero difficile trovare, oggi, persino un adulto che non abbia mai sentito parlare di Mazinga o di Devilman, personaggi che, quando pure sono giunti sui nostri palinsesti, spesso sono stati resi differenti o poco riconoscibili per chi li aveva apprezzati attraverso i manga. A questo proposito, nel caso della storia del Diavolo Amon che si fonde con l’essere umano Akira Fudo, ad onor del vero, le modifiche appartengono già all’opera originale trasmessa dalle televisioni in Giappone, che mostrava un taglio meno violento – oltre che meno pessimista sul genere umano – rispetto al cartaceo; per Mazinga, invece, come per le opere successive (Grande Mazinga e Goldrake su tutte) tra tagli insensati, diritti in mano ad emittenti private differenti e adattamenti discutibili, si è perso molto in termini di continuity e di comprensione dei legami che uniscono le varie saghe, se non addirittura i personaggi stessi (eclatante il caso di Koji Kabuto, che diventa Ryo in Mazinga e Grande Mazinga e poi Alcor in Goldrake). Tutto questo non ha impedito, tuttavia, al pubblico nostrano e, più in generale, agli appassionati di questi personaggi di affezionarsi ad essi e percepire la bellezza e la qualità di queste storie, tenendo conto anche degli anni a cui appartengono e contestualizzandole.
Ecco quindi che, nel 2012, viene pubblicato in Giappone, per circa due anni, una nuova storia che funge da crossover celebrativo dei due “mostri sacri”, Devilman e Mazinga Z: la serializzazione, terminata nel 2014, ha portato alla raccolta dei vari capitoli in tre albi (o tankobon) che la Star Comics ha deciso di pubblicare entro la fine del 2015. Il primo albo è già disponibile nelle fumetterie dal 24 settembre: ho avuto modo di leggerlo e questa che segue è la recensione del numero 1 di Devilman VS Hades!
DEVILMAN OPPURE ORFEO?
La storia raccontata in questo nuovo arco narrativo prende le mosse dagli eventi conclusivi del manga di Devilman: il mondo è stato devastato dalla guerra tra i Demoni capeggiati da Satana, rivelatosi essere l’amico di infanzia di Akira, ossia Ryo Asuka (intenzionato a sterminare tutta la razza umana per ripopolare la Terra), e l’esercito dei devilmen (ossia persone che, nonostante la fusione indiscriminata con i demoni, serbano cuore e coscienza umane ottenendone però i poteri soprannaturali) guidati dal Devilman originale, Akira Fudo, desideroso di proteggere l’umanità, o quel che ne resta, salvandola anche da se stessa.
Nel primo albo, l’attenzione si sposta sul mondo degli Inferi, retti da Persefone, sposa di Hades, la quale governa e amministra il regno con i suoi vicari in attesa che suo marito, impegnato in uno scontro con un avversario spaventosamente potente in un’altra realtà/dimensione, ritorni: sopraggiunge tuttavia il Devilman, Amon/Akira, intenzionato a riprendersi l’anima della ragazza di cui era innamorato, Miki Makimura, e quella dei membri della di lei famiglia, trucidati dagli stessi uomini che l’Uomo Diavolo tentava di proteggere.
Lo sconquasso che segue l’arrivo di Devilman all’Inferno, luogo a cui potrebbero accedere solo gli dei, è enorme: nessuno riesce ad arrestare l’avanzata di questa sorta di violento Orfeo che, anziché impiegare la musica per ammansire le anime dell’Aldilà e i Guardiani, massacra chiunque gli si pari davanti.
Rivedremo vecchie conoscenze come Silen, Jinmen e… il Doctor Hell, lo storico nemico di Mazinga Z, nel ruolo di comandante delle bestie combattenti al posto dell’Imperatore delle Tenebre. È lecito aspettarsi che il vero crossover si consumi nei prossimi due albi, vista la presenza di tanti personaggi noti ai fan di entrambe le serie: il modo in cui tutto questo verrà armonizzato, tuttavia, non è ancora ben chiaro, ma è facile lasciarsi trasportare da una trama non troppo intricata, accantonando momentaneamente i punti oscuri che, si spera, verranno spiegati nel prosieguo della storia, concentrandosi sul sano sense of wonder che permea l’opera; i disegni sono estremamente curati, oscuri e realistici, di eccellente qualità, come solo il miglior Hagiwara poteva sfornare per il suo Bastard!! ai tempi d’oro e, più in generale, si ha la sensazione di una piena maturazione di Nagai, complice molto probabilmente uno stato artistico che beneficia anche dell’uso del computer, vista la partecipazione al progetto del Team Moon, qui alla sua prima vera opera di rilievo.
Il prezzo è più che accettabile considerando che si tratta di una miniserie e in generale non ci sono, almeno stando al primo albo, dei difetti che sia possibile mettere in evidenza: chi si accosta a questa opera lo fa quasi sicuramente perché conosce le vicende di Akira Fudo e di certo ha, per lo meno, una infarinatura dei fondamenti di Mazinger Z che in questo albo non sono nemmeno troppo presenti o invasivi.
Volendo proprio cercare un difetto, che non è presente nell’opera in sé ma è più un elemento che caratterizza Nagai, c’è la speranza che l’autore non si perda troppo in sottotrame e riesca ad offrire una storia, dall’inizio alla fine, con una sua logica ed in cui ogni tassello vada a collocarsi nella giusta posizione.
– Leo d’Amato-
- Un'opera ben strutturata, con un pathos significativo;
- Una celebrazione ricca di fan-service e diverse trovate che solluccherano i fan;
- Tavole disegnate egregiamente;
- Il fascino di un cross-over tra Mazinga e Devilman;
- Una storia intrigante anche se nulla di innovativo
- Il timore che l'autore non riesca a chiudere tutti i punti oscuri e le sottotrame;
- Non si percepisce ancora una reale "minaccia" per Akira/Devilman;