Prenderò io l’anello, disse, ma non conosco la strada.
Come tutte le grandi storie fondanti della nostra cultura, “Il Signore degli Anelli” è il racconto di un viaggio iniziatico. Tutti ne conosciamo il percorso, dalla verde tranquillità amena e un po’ ingenua della Contea, fino alle mefitiche e tetre rocce infuocate di Mordor. Una discesa agli inferi da cui non è dato sapere se si potrà tornare vincitori. Edito nei primi anni duemila da Stratelibri, il cui catalogo è poi confluito in quello di Giochi Uniti – la stessa di “Pathfinder” e “Warhammer: Dark Heresy”, per capirci – e reperibile in rete o in negozi specializzati a meno di trenta euro, il gioco da tavolo basato su ISdA che vado a presentarvi è costruito appositamente per catapultare i giocatori all’interno dell’avventura ed essere loro stessi protagonisti del viaggio più fantasy che ci sia, lasciando libertà di scelta riguardo il come e il quando influire nella storia e costringendoli a diventare a turno portatori dell’Unico Anello e perfino a vedersela faccia a faccia con Sauron.
Graficamente accattivante e per niente scontato nelle regole, questo coinvolgente boardgame è pensato per un numero di giocatori che va da due a cinque, e l’obbiettivo è, manco a dirlo, distruggere l’Anello del potere. Ciascun partecipante è chiamato ad impersonare un hobbit: Frodo, Samvise, Merry e Pipino, con l’aggiunta di Fredegario Bolgeri detto “Grassotto”. Vi chiederete che diavolo c’entri costui: ebbene, Grassotto, uno dei migliori amici di Frodo e presente alla festa di compleanno di Bilbo, è l’hobbit che accompagna gli amici fino al confine della Terra di Buck, e che nelle intenzioni iniziali di Tolkien avrebbe dovuto far parte della Compagnia. Ma alla fine è stato fatto tornare indietro e i suoi giorni di gloria li ha poi avuti al comando di un piccolo gruppo di hobbit ribelli durante la dominazione della Contea da parte degli Uomini del Sud.
Torniamo al gioco. Per ciascun mezz’uomo dai piedi pelosi sono presenti una pedina da posizionare sul tabellone principale e una carta su cui è descritta l’abilità specifica del personaggio, fondamentale nel corso della partita quando le cose si fanno complicate. La fase iniziale del gioco prevede che vengano distribuite delle carte rappresentanti gli altri componenti della Compagnia e gli oggetti magici principali della storia, alcune delle quali con particolari abilità che si riveleranno molto utili per intervenire cambiando fatalmente le sorti degli eventi in corso, proprio come accade nel libro.
Il tabellone principale serve a rappresentare graficamente il percorso degli hobbit e i progressi di Sauron nel cercare l’Anello, ed è suddiviso in due parti. In basso abbiamo quindici caselle su cui posizionare le pedine dei giocatori da una parte, e la pedina raffigurante l’Oscuro Signore da quella opposta. Gli eventi porteranno i giocatori a spostarsi verso di lui (male) o a tornare indietro (bene), l’importante è che essi non vengano mai a contatto, pena l’esclusione immediata dal gioco. Nella parte alta, invece, sono rappresentate le principali tappe del viaggio della Compagnia, e un segnalino apposito verrà spostato su ciascuna di esse solamente per indicare a che punto della storia ci troviamo. Infatti, affinché i giocatori possano arrivare al Monte Fato per distruggere l’Anello, dovranno risolvere ben quattro tabelloni-storia suoi quali si svolge effettivamente il gioco, raffiguranti altrettanti luoghi leggendari della trilogia di Tolkien (nello specifico Moria, il Fosso di Helm, la tana di Shelob e Mordor) e suddivisi ciascuno in un percorso principale, completato il quale il tabellone è risolto, e alcuni percorsi secondari, che servono principalmente ad acquisire carte o segnalini speciali. A lato di ciascun tabellone-storia troviamo anche una sintesi degli eventi chiave associati a quel particolare luogo della saga, scandita dall’avanzare di un segnalino-clessidra su delle caselle. Ogni casella racconta una parte di storia, ma prevede anche la possibile attivazione di effetti assai negativi.
Durante il proprio turno, innanzi tutto si gira il primo dei cartoncini che indicano un’azione da intraprendere: avanzare sul percorso principale o su uno di quelli secondari, acquisendo le relative carte o segnalini; spostare il segnalino-clessidra; muovere le pedine-hobbit verso Sauron; lanciare il famigerato dado a sei facce che, tra le varie azioni, obbliga a far avanzare Sauron verso gli hobbit. Fatto questo, il turno prosegue con la possibilità di giocare carte dalla mano che permettono di avanzare sul tabellone-storia e guadagnare, ovviamente, altre carte o segnalini.
Questi ultimi sono di due tipi: segnalini-runa, utili da scartare quando la storia lo prevede o per chiamare in soccorso Gandalf quando si è con le spalle al muro; segnalini-vita di cui bisogna essere in possesso se non si vuole essere costretti a muovere il proprio hobbit verso Sauron al termine di ciascun tabellone-storia. Una volta risolto quest’ultimo, viene decretato il nuovo portatore dell’Anello in base ai segnalini posseduti e si riparte con il viaggio. Il gioco termina qualora il portatore incontri Sauron, il quale invece viene distrutto assieme all’Unico se i giocatori risolvono tutti e quattro i tabelloni.
La bellezza di questo gioco non sta certo nell’aggiungere qualcosa a “Il Signore degli Anelli” – d’altronde cos’altro si potrebbe mai aggiungere? – bensì nel suo essere orientato alla collaborazione tra i partecipanti. Pur esistendo una modalità “competizione”, in cui vince chi alla fine di un certo numero di partite possiede più segnalini-runa, va da sé che il bello è proprio giocare in cooperazione, rivivendo assieme i momenti salienti del viaggio e trovando assieme il modo più vantaggioso di affrontare e superare le sfide, mettendo in campo spirito di sacrificio e non agonismo. Il gioco è certamente basato sulla fortuna e sulla casualità, ma il fatto di dover collaborare per terminare la partita da vincitori, cosa assolutamente non scontata e, anzi, il più delle volte assai difficile, aggiunge quel pizzico di strategia che rende le partite divertenti per ogni tipo di giocatore ed elimina quasi totalmente il senso di frustrazione che potrebbe assalirvi. Le uniche pecche del gioco sono la complessità delle regole, che a prima vista sembrano indecifrabili, e la quantità enorme di segnalini e carte di diverso tipo. Tutto superabile dopo un paio di partite. Chiaramente, essendo ripetitivo nello sviluppo – ma mai quanto prodotti come “Monopoli” – potrebbe risultare noioso se giocato troppo assiduamente. Il mio consiglio? Tenetelo nella credenza per quelle serate in cui il chierico del vostro party vi ha dato buca e dovete improvvisare su come salvare la serata in grande stile.
Qualcuno di voi, Illyoners, ha provato questo gioco da tavolo? Che ne pensate?
– Michele Martinelli –
Il Signore degli Anelli: gioco da tavolo – Recensione
Michele Martinelli
- Il gioco funziona e rende appieno l’idea del viaggio intrapreso per compiere un’impresa epica;
- Grafica accattivante e non copiata dai film;
- Se si vince, si vince tutti, eliminati compresi. Se si perde… beh si inizia un’altra partita!
- Non è così scontato vincere, anzi. E questo è ancora più stimolante;
- Un po’ macchinoso all’inizio quando bisogna imparare tutte le regole e capire come predisporre tutte le carte e i segnalini;
- Ripetitivo e un forse noioso se giocato troppo spesso;
- L'impianto cooperativo del gioco può non piacere ai giocatori che hanno bisogno della competizione per divertirsi;