I giochi di ruolo presentano un indubbio vantaggio rispetto alle opere di narrativa: essi pongono il fruitore al centro dell’azione, anziché leggere le imprese eroiche di qualcun altro. Permettono, cioè, di sgominare orde di bestie mostruose, corteggiare disinibite principesse elfiche, e andarsene a spasso per terre altrimenti inesplorate, standosene comodamente seduti bevendo birra e mangiando patatine. Tuttavia, talvolta i vantaggi alcolici e calorici di un lavoro unicamente immaginativo sbiadiscono di fronte all’idea di vivere avventure in un universo fantastico, ma nella vita reale (magari senza il rischio di decapitazione e/o evirazione). Questa è stata la possibilità offerta ai dodici partecipanti della prima (e unica, per il momento) edizione di The Quest, reality show della ABC di ambientazione fantasy da poco giunto in pay-per-view in Italia.
DUNGEONS & DRAGONS IN GRANDE STILE
L’idea è quella di prelevare un variegato gruppo di nerd e appassionati di fantasy e arruolarli per la più costosa sessione di GdR della storia, con tanto di soggiorno in un vero castello (quello di Burg Kreuzenstein, nei pressi di Vienna) affittato per l’occasione, calati in un universo popolato da un mini-esercito di comparse-PNG e animatronic (gli stessi amabili pupazzoni che hanno fatto innamorare un’intera generazione dei dinosauri con Jurassic Park).
La serie, nel concentro, mostra una struttura abbastanza classica per i reality show, non dissimile dal Masterchef di Cracco & co. (sostituiti per l’occasione da tre stangone meglio note come “Fates”, traducibile come Parche o Moire): ad ogni puntata i protagonisti sono messi di fronte a prove di abilità, singole oppure di squadra, al termine delle quali sono selezionati il giocatore migliore (che al posto della banale sacca di XP ricevere una medaglia da palestra Pokémon) e quelli peggiori, uno dei quali è successivamente eliminato per tramite di ulteriori prove e votazioni tra gli altri partecipanti. Niente di particolarmente innovativo o rivoluzionario, dunque.
La serie, d’altro canto, si differenzia dal panorama dei reality show per la trama dell’ambientazione (sulla quale torneremo in seguito), e per la tipologia delle prove. In primo luogo, The Quest è dichiaratamente scriptata: i partecipanti interagiscono nel corso delle puntate con degli attori impegnati a far procedere la trama secondo i binari previsti dagli onnipotenti DM-sceneggiatori. E beh, direte voi, che differenza c’è allora dal Grande Fratello? Il fatto che nella serie la finzione sia esplicitata (sia al pubblico che ai partecipanti, ai quali tuttavia va riconosciuto uno sforzo di immedesimazione… beh, superiore a quello di certi giocatori di Pathfinder di mia conoscenza), contribuisce a creare un’atmosfera di intenzionalità, esattamente come in una campagna di Dungeons & Dragons: i giocatori sanno che il Master ha già in mente una trama, ma ciò non rovina il divertimento generale, anzi, lo alimenta.
Per quanto riguarda le prove, anziché preparare manicaretti o affascinare il pubblico a casa con, che so, la propria ignoranza o inutilità, i partecipanti devono fronteggiare una serie di imprese dal sapore adeguatamente medievalistico (ma a basso contenuto di violenza, quindi niente lotte gladiatorie all’ultimo sangue, temo…). Esse includono assemblare e scagliare dardi con una balista, sfasciare teschi con martelli da guerra, sfondare portoni a colpi di ariete, e tante altre condotte che nel nostro noioso mondo reale sarebbero probabilmente considerate antisociali ed esiterebbero in una telefonata alla questura, ma alla cui tentazione difficilmente un nerd degno di tale nome resisterebbe.
Menzione d’onore va riservata ai partecipanti: non avranno il carisma, la saggezza, o la prestanza fisica dei protagonisti fantasy che ci hanno abituato a vedere sul grande e piccolo schermo, ma è molto facile immedesimarsi in loro. In primo luogo, ci mostrano quanto sia variegato il mondo degli appassionati del fantastico: niente fisici teorici con disturbo dello spettro autistico sotto-soglia, astronomi dal mutismo selettivo o gracili ingegneri di stirpe semitica (ogni riferimento a serie televisive è puramente casuale), ma lottatori di arti marziale miste, direttori di marketing, baristi, addestratori di cavalli, studenti, insegnanti di matematica, casalinghe… i partecipanti di The Quest sono un fulgido esempio di come la Scintilla del vero nerd si possa nascondere in chiunque, a prescindere da qualsiasi stereotipo! Inoltre, risulta difficile non farsi coinvolgere dal loro entusiasmo: è evidente come queste persone siano veramente felici di fare quello che stanno facendo (e ne hanno ben donde, del resto: chi non farebbe i salti di gioia vivendo in un castello e passando le giornate a giocare con strumenti di morte medievali?).
LA LANCIA DI SHANNARA
La trama di The Quest è una sorta di fil rouge che collega tra loro gli episodi e le prove, e che in generale tenta di trovare un motivo alla presenza dei dodici protagonisti in un universo sprovvisto, in linea teorica, di allacciamento a una rete fognaria. Tuttavia, come ogni buon Dungeon Master sa, se si complicano troppo le cose poi si perde metà della sessione a rispondere a domande di chiarimento dei giocatori. La trama è essenziale, ma nel dubbio meglio stare sul semplice. Come in un libro di Terry Brooks, per esempio.
L’ambientazione è il magico mondo di Everealm, suddiviso in dodici regni tutt’altro che pacifici: il signore oscuro di turno (chiamato, in questo caso, Verlax) ha infatti deciso di conquistare tutto e tutti perché così gli gira. L’ultima volta che ci ha provato, un migliaio di anni fa o giù di lì, ha fallito miseramente, grazie all’intervento delle tre Parche. Queste ultime hanno infatti creato un’arma sacra di incredibile potere, la Lancia del Sole (“Sunspear”, in originale), che impugnata da un Vero Eroe ha sancito la caduta di Verlax. Per complicare le cose, quindi, le tre hanno diviso la lancia in dodici pezzi e, al ritorno del male, hanno richiamato dodici eroi, detti anche Paladini (non è chiaro cosa accada qualora qualcuno desideri multiclassare…) dal nostro mondo attraverso un mistico passaggio spazio-temporale (ossia, una caverna).
Incontro ad essi, le Parche inviano il loro fedele seguace Crio, il Castellano di Saenctum (castello dove i Paladini sono chiamati a soggiornare), che consegna a ciascun eroe un frammento della Lancia del Sole: nel corso della loro impresa, i Paladini saranno testati dalle Parche e, se trovati mancanti, rimandati nel nostro mondo dopo aver riconsegnato il loro frammento di Lancia. Dopo una dozzina circa di prove, quindi, l’ultimo rimasto, il Vero Eroe, potrà unire i pezzi, imbracciare la lancia, e porre fine alle mire espansionistiche del malvagio Verlax.
Nel tempo libero, inoltre, i Paladini potranno anche dilettarsi con le affascinanti questioni di politica interna di Saenctum, governata dalla regina Raila XXIII, assieme al suo Gran Visir e al prode Sir Ansgar, comandante dell’Esercito Reale incaricato di addestrarli nelle arti della guerra medievale.
Che dire quindi di The Quest? Senza dubbio si tratta di un’opera di nicchia, che molto difficilmente stupirà chi si aspetta un prodotto in grande stile, con budget milionari e cascate di effetti speciali. Il tono è volutamente semplicistico, la trama tutt’altro che avvincente, e la struttura delle puntate ripetitiva. Tuttavia, la passione palpabile, soprattutto dei partecipanti, e l’originale coniugazione del genere fantasy con il format del reality show, gli meritano il beneficio del dubbio (o almeno, della visione della prima puntata).
– Federico Brajda –
Recensione The Quest: reality in stile D&D
Federico Brajda
- Format originale per tematiche fantasy;
- Evidente entusiasmo dei partecipanti;
- Farà esclamare più di una volta "vorrei farlo anch'io";
- Alla lunga, risulta ripetitivo;
- Poco appassionante;
- Non regge il confronto con prodotti televisivi fantasy di stampo più "classico";