Ho avuto la sfortuna di nascere pavido e di amare i film horror (così come i videogame horror), cosa che mi ha portato a non dormire molte notti. Se anche voi vi riconoscete nella mia descrizione, vi mando un abbraccio sincero alla Gianni Morandi, e vi invito a seguirmi in questo racconto di com’è stato guardare Babadook, il nuovo film horror australiano, che in realtà film horror non è. La recensione sarà per una prima metà senza spoiler, per poi andarne a fare qualcuno per motivare scelte e critiche.
TRAMA e CARATTERISTICHE
Amelie (Essie Davis) vive la sua vita un quarto di miglio alla volta con il problematico figlio Samuel (Noah Wieseman), orfano di padre. La sua esistenza non è affatto piacevole: lavora per non stare a casa, e spesso il comportamento di Samuel allontana da lei amicizie e affetti. Frustrata, le cose cominciano a peggiorare quando, in seguito al ritrovamento di un libro (Mister Babadook) Samuel diventa sempre più strano, e la sua vita molto, molto più complicata.
Il film, della durata di 89 minuti, è l’esordio di Jennifer Kent. La fotografia e la regia, magistrali, riescono ad esprimere lontananza, alienamento, frustrazione e, in generale, tutto ciò che il film vuole trasmettere. L’utilizzo delle musiche e delle atmosfere, che vanno ad incupirsi man mano che “affondiamo” nella storia, è eccellente e svolge un buon 80% del “rendere horror”. Dal punto di vista horror, probabilmente uno dei più riusciti. Entrambi gli attori (la Davis e Wieseman) sono bravissimi nella loro interpretazione, più il secondo della prima.
Ammetto di essere entrato in sala prevenuto, considerata la qualità sempre più scadente degli horror odierni. Il titolo “film più spaventoso dell’anno” se l’era già visto appioppare Paranormal Activity, un prodotto lezzo, che gocciola ribrezzo, scadente da moltissimi punti di vista, che difatti ha rilanciato il genere e, a mio personalissimo parere, inondato le sale di produzioni piuttosto simili tra loro. Opposto è stato REC che, seppur antecedente e girato con lo stesso stile (telecamera che riprendeva atti) riuscì davvero ad impressionare. La presenza di molte Jumpscare, però, stava facendo affondare l’horror sempre più in un baratro: questo film ha saputo, invece, mettere inquietudine senza utilizzare troppe scene a scatto (ne avrò contate due massimo), lasciando che fossero le musiche a spaventare lo spettatore. La creatura c’è, si vede benissimo. Paradossalmente non è il suo arrivo improvviso a spaventare, bensì la sua presenza, continua, e l’influenza che ha sui personaggi.
Soffermandoci su quest’ultima frase: la regia ha saputo cogliere magistralmente l’influenza che Babadook, questa creatura, ha sui personaggi. I colori che vanno a ingrigirsi, la casa sempre meno curata, il rapporto tra i due (madre e figlio) che si fa sempre più distante. Paradossalmente il mostro, ad un certo punto del racconto, diventa la madre stessa, che si trasforma da vittima a carnefice, da preda a predatore: c’è però da domandarsi cosa sia stato a trasformarla così. La creatura oscura, che probabilmente esiste solo nella nostra fantasia, oppure una vita da emarginata, reclusa, frustrata? Babadook è realmente il Baba delle leggende, o è solo la nostra parte più oscura ed egoista? Ci si può liberare di lui? No. “Né con parole né coi fatti potrai liberarti da Babadook” cita il libro, inizialmente. E mai cosa è più distante dal vero. Il Babadook è qualcosa da affrontare, da sconfiggere: puoi rinchiuderlo in luoghi che non frequenti, puoi strapparlo e bruciarlo, ma più lo ignori, più lui diventa forte.
Attenzione, qualche spoiler a partire da questo punto.
Si può velocemente capire che il Babadook non è una creatura, bensì un sentimento: questi sta alle spalle della vecchina della porta accanto, che ormai non ne ha più paura, nonostante sia vedova da molto tempo e sia ammalata di parkinson. Il mostro alto e scuro, col cilindro e gli artigli, si presenta poi, spesso, nella forma del marito di Amelie, morto in un incidente, proprio a significare “la vita che lei non ha mai avuto e che adesso vorrebbe”. Tante volte Oscar (questo il nome del marito della protagonista) chiede il bambino, solo per assecondare il desiderio della madre di liberarsene. L’esser distante a letto, il lavorare per non avercelo tra i piedi, l’estrema pesantezza che traspare nei suoi occhi: un fardello che, ad un certo punto, si fa insostenibile.
La vittoria sul Babadook è segnata dall’amore che ha la madre nei confronti del figlio, benché questo finale, a mio modesto parere, sia scialbo. In realtà, la seconda parte della seconda metà del film muta l’intera produzione che, fino ad allora, era rimasta in tensione. Gli ultimi dieci minuti sono da horror canonico, nonostante il susseguirsi di eventi realmente intensi e scioccanti. Il finale svela la reale natura del film: i colori tornano ad essere vividi, allegri; la vita ha ripreso a scorrere e vi è di nuovo amore tra la madre e il figlio. Nonostante ciò, Babadook non è scomparso. È stato battuto, ma non sconfitto. Rimarrà sempre in agguato, pronto a ritornare in futuro e, forse, la prossima volta vincerà lui.
Personalmente non mi sento di promuovere a pieno questo film perché alcune scene, seppur girate magistralmente, hanno cambiato l’andamento della storia trasformando Babadook in un horror classico (e quindi banale). Nonostante ciò, rimane una certa originalità in buonissima parte del film (la creatura, Babadook, l’ho trovata molto somigliante a Papa Legba di American Horror Story: Coven), e la stessa morale del film è straordinariamente profonda, seppur sia già trattata in molti film. In definitiva, Babadook è un buon prodotto, che strizza l’occhio a Guillermo del Toro ed al suo rapporto “strambo” con le paure infantili, un film che da una gomitatina a Balaguerò ed al suo Fragile. Un film che, finalmente, riesce nella sua intenzione. Mettere dubbi e spaventare.
– Yari Montorsi –
Babadook: un horror atipico – Recensione
Yari Montorsi
- Ottima scelta di musiche e colori;
- Attori magnifici;
- Basta jumpscare!
- Immenso significato psicologico e morale;
- L'ultima parte del film è decisamente molto canonica;
- Nelle fasi iniziali del film Samuel è fastidioso e ridicolo;
- Forse non per tutti;