Con il numero 26, ‘L’orda dei non morti’, la serie mensile ‘Dragonero’ insiste sul filone dark fantasy, già sfiorato con una delle tre storie narrate in ‘Attraverso l’Erondar’ e affrontato in maniera solida e credibile con l’ormai penultimo volume, ‘La porta sul buio’. Giuseppe Matteoni cura una copertina davvero splendida, realizzata in una inquietante scala di grigi che riprende il tema della nebbia all’interno del volume: Ian e Gmor, ritratti di tre quarti, si preparano a fronteggiare un’armata di soldati non-morti che, lentamente, incede verso di loro. L’esercito di zombie è reso in maniera assai efficace, ma quello che lascia costernati è la cura dei dettagli, dalle vene, le macchie e i peli sul braccio nudo dell’orco allo scintillio della spada nera di Dragonero e dell’ascia di Gmor.
DISCLAIMER: Questo articolo contiene SPOILER dall’albo n. 26 – almeno quelli giudicati indispensabili per la comprensione dell’argomento. Se non lo avete ancora letto, non proseguite nella lettura della recensione o verrete tormentati dall’anima nera della vostra stessa spada!
Il volumetto è sceneggiato da Stefano Vietti, mentre i disegni sono affidati ad Alfio Buscaglia, al quale riconosco fin d’ora il grande merito di aver reso i personaggi, ma Ian in particolare, più espressivi e “vivi” che mai. E devo dire che, per le tematiche trattate, la scelta non poteva essere più azzeccata: in questo numero c’è bisogno di vedere il tormento dell’animo di Ian Aranill, ma anche il suo lato umano, la capacità di spaventarsi davanti a qualcosa di più grande di lui. L’avventura inizia con una donna dal fisico statuario e dall’acconciatura marziale intenta a farsi il bagno sotto una cascatella; l’atmosfera bucolica viene rotta dalle grida del suo grifone, che annuncia l’arrivo di Ian e Gmor. Dopo un iniziale imbarazzo è tempo di presentazioni: la donna è nientepopodimenoche una grifoniera (e il grifone, signori miei, è spettacolare!) del Regno di Aergyll. Non ci è dato conoscerne il nome, ma a me è diventata immediatamente simpatica.
Su suggerimento della bella grifoniera, sotto una pioggia scrosciante, Ian e Gmor arrivano ad un villaggio abbandonato. I “sensi di ragno di drago” di Ian iniziano subito a trillare che qualcosa non va, ma i nostri decidono comunque di cercare un riparo per la notte. È in questo frangente che avviene qualcosa di davvero incredibile per quanto visto finora nella serie: i due personaggi iniziano a mettere in dubbio le motivazioni di Alben, il Luresindo che abbiamo conosciuto fin dai tempi del romanzo a fumetti del 2007. Discutendo dei presentimenti di Ian, Gmor azzarda che forse il suo incontro col drago, l’uccisione della bestia e la trasformazione in Romevarlo non siano frutto del caso, ma che siano stati previsti e in un qualche modo facilitati da Alben stesso, grazie alla sua capacità di leggere il futuro. Ian non solo rifiuta la tesi, ma incalza Gmor affinché continui a parlarne; questi, allora, ipotizza che tutto sommato Alben stia agendo a fin di bene, spinto dal presagio di “una minaccia talmente terribile che potrà affrontarla solo uno che parla coi draghi!”. Ma la sostanza non cambia. Alben sta usando Ian. Lo sta facendo fin dall’inizio. Adesso sono proprio curioso di assistere a un incontro con il Luresindo.
Il discorso viene bruscamente interrotto dalla comparsa di una strana nebbia, che prelude all’apparizione dei non morti che infestano il villaggio. La scena del combattimento è molto concitata, i due scappano, si barricano, corrono ancora, fino ad incappare in un arciere, Jorbey, e in una giovane quanto inesperta chierica itinerante, Danae, grazie ai quali, con frecce benedette e preghiere ai Khame, riescono a distruggere, apparentemente in maniera definitiva, i non morti. Scopriamo che i due ragazzi e una aspirante Tecnocrate sono stati attirati al villaggio dal racconto di un uomo, che millantava di essere l’unico sopravvissuto ad un’antica e terribile maledizione, legata al furto di un tesoro trafugato da Ron Tenaris. In realtà, come diventa ben presto chiaro, l’uomo li sta usando, né più né meno come Alben sta usando Ian: li ha attirati al villaggio – e chissà quanti altri prima di loro – nella speranza che potessero spezzare la maledizione. Arrivati alla miniera, i giovani avventurieri sono stati quasi sopraffatti; Lena, la tecnocrate, è rimasta intrappolata là dentro.
Su due piedi viene dunque organizzata una spedizione di soccorso, ed è qui che, a mio avviso, viene davvero il bello: le cose vanno in modo tutt’altro che scontato. E questo, inutile dirlo, è un gran bene. I non morti lasciano entrare la comitiva come dentro a una nassa, permettono che Lena venga raggiunta, poi circondano tutti costringendoli a una battaglia disperata… ma non vogliono davvero uccidere. Si limitano a mettere tutti fuori combattimento, quindi trattano. Libereranno Lena, a patto che Ian rimanga con loro. Niente battaglia finale, niente resa dei conti. Perché mai?
I non morti hanno percepito l’aura di Ian, sanno che l’anima nera che si agita nei recessi di Saevasecta, la spada brunita dal sangue del drago che accompagna Dragonero in tutte le sue avventure, può dare la forza di spezzare una volta per tutte la maledizione, liberandoli. Scopriamo che la loro maledizione è legata a un Fiore del Deserto, un oggetto di incredibile rarità che può nascere dal pianto delle madri delle tribù nomadi che abbiano perso un figlio. Questo fiore ha corrotto le anime di coloro che non erano degni di ammirarne la bellezza e tuttora impedisce ai partecipanti alla spedizione in cui era stato rivenuto di accogliere definitivamente la morte, tanto grande è il desiderio di ammirarlo e di possederlo. Si presuppone che Ian debba distruggerlo, ma per farlo ha bisogno di “un animo puro” e di “un cuore leggero”, che lo scout imperiale sa di non possedere più. Il potere della spada, scopriamo, lo sta corrompendo molto più di quanto in precedenza ci sia stato lasciato intuire. Dragonero fatica a controllarlo, a volte si sente quasi sopraffatto… Una carrellata delle uccisioni compiute con Saevasecta in pugno, sfruttandone i poteri arcani, porta Ian Aranill a riflettere: “Ero davvero io, quello? Ero davvero io?” Lo stesso potere che lo corrompe, però, se liberato può distruggere il fiore e rappresentare un atto di pietà per l’orda dei non morti: Ian si lascia andare, vince la tentazione di impadronirsi del fiore e lo stritola nel palmo della propria mano.
È fatta. La maledizione è rotta, anche il vecchio che ha attirato i giovani nel villaggio può finalmente lasciarsi morire, compiuta la propria missione. Il volume si chiude con Ian e Gmor che incontrano la grifoniera con cui si erano dati appuntamento. Mentre Gmor e il grifone si dedicano ai piaceri del palato, Ian si apparta con la bella grifoniera e cerca di dimenticare, nel suo abbraccio, le brutte avventure trascorse.
Trovo che questo volume sia uno dei migliori dell’intera serie: ci pone delle domande e ci dà delle risposte che forse avremmo preferito non ottenere. La scoperta che il potere della spada stia avendo sempre maggior presa sullo scout e che Alben stia usando Ian come uno strumento – non importa lo scopo finale – genera un’inquietudine profonda. Guarderemo più il vecchio Luresindo con gli stessi occhi? Come diceva qualcuno, lo scopriremo solo vivendo…
Il prossimo appuntamento canonico è per l’11 agosto con il numero 27, ‘Gli artigli del cervo’; ma non dimenticate che il 28 luglio uscirà il secondo speciale a colori della serie, ‘Avventura a Darkwood’, contenente un inedito crossover fra ‘Dragonero’ e ‘Zagor’: non perdetevi le recensioni che ne farà Isola Illyon!
– Stefano Marras –
Dragonero 26 – L’orda dei non morti: recensione
Isola Illyon
- Probabilmente è uno dei migliori albi dell'intera serie;
- Una storia solidamente dark fantasy, cupa, dal finale tutt'altro che scontato;
- L'enfasi sul lato oscuro di Ian e sull'anima inquieta che possiede la sua spada, Tagliatrice Crudele;
- Nuovi personaggi che si uniscono a Ian e Gmor nella quest;
- Le riflessioni su Alben e sui poteri di Dragonero;
- Copertina ad effetto di Giuseppe Matteoni;
- Bellissimi disegni di Alfio Buscaglia, che rendono (soprattutto) Ian più espressivo che mai;
- Sentiamo che una grossa rivelazione è vicina, ma ancora non si arriva;
- Sera assente ingiustificata;