A breve troveremo nelle sale l’ennesimo film con la star di YouTube del momento il cui unico scopo sarà mungere le tasche dei propri seguaci per poter approfittare finanziariamente dell’effimera notorietà. Favij, Willwoosh, Frank Matano, Francesco Sole… sono tutti cavalli della scuderia che è Internet, individui la cui fama si è formata in molti casi sulla base di facce buffe e voci strane che poco si allontanano dall’intrattenimento tipico con cui si è soliti sollazzare gli infanti in fasce. Questo genere di performance tende a perdere di mordente sui lunghi periodi, e non li biasimo affatto se cercano di cavalcare l’onda finché possibile. Alla fine non fanno altro che prestare le loro fattezze ai nostrani blockbuster, detti “cinepanettoni”/”cinecocomeri“: film facili da seguire, che richiedono esigue risorse pur garantendo ritorni economici interessanti. Il problema, semmai, è che questo genere di espedienti siano gli unici a fare veramente gola alle case di produzione che, a onor del vero, nascono proprio con l’idea di fare quattrini. Grazie al cielo, la varietà stilistica è garantita dalle sovvenzioni e dagli sgravi fiscali che lo Stato italiano elargisce a tutti i lungometraggi considerati “di interesse culturale”.
Peccato che il termine “di interesse culturale” sia spesso molto elastico e, alla fin fine, il meccanismo statale tenda comunque a incentivare quei nomi famosi capaci a loro volta di assicurare l’attenzione della scena pubblica. Mentre si può capire e appoggiare il fatto che artisti quali Garrone e Sorrentino ricevano finanziamenti, ben più ostico è il digerire le promozioni ricevute da film quali Latin Lover di Verdone o da diverse produzioni dei fratelli Vanzina. I fondi a disposizione, ovviamente, non sono infiniti e il dare spazio a produzioni di dubbio “interesse culturale” impone il dover fare tagli in altri frangenti. La privazione di sostentamenti si avverte in maniera soffocante nel settore dell’animazione; in questo campo, il cinema italiano non propone film audaci dai tempi di Volere Volare del virtuoso Maurizio Nichetti, castrando il tutto a lungometraggi decisamente tradizionalisti e tecnicamente discutibili, solitamente assegnati al gruppo Lanterna Magica. Animatori creativi e sperimentali erano in passato costretti a fuggire all’estero e/o a dedicarsi esclusivamente a progetti di nicchia (vedi Enrico Casarosa), ma con l’avvento del cyber-spazio le cose potrebbero subire un cambiamento di rotta.
Paolo Gaudio, annata ’81, regista e amante dell’horror e del fantasy, è uno dei selezionatissimi autori scelti da Kickstarter per battezzare l‘avvento del sito di crowdfunding sul territorio italiano; sempre pronto a diffondere al mondo i riflessi delle storie che hanno formato la sua infanzia (i suoi lavori più famosi si ispirano molto liberamente al Gatto Nero di Poe e a Le fantasticherie di un passeggiatore solitario di Russeau), Gaudio si è messo ora in moto per raggiungere un obiettivo decisamente fuori dalla portata di un singolo individuo: un adattamento action dei miti lovecraftiani, il tutto in stopmotion/claymotion.
Ok, sono il primo ad ammettere che “action” e “Lovecraft” siano due termini che, quando accostati, stridano in maniera preoccupante, ma basta qualche occhiata al peculiare design dei modelli, opera del brillante Gianluca Maurotti, per capire che il progetto chiamato Dagon sia lungi dal prefissarsi come una trasposizione fedele dell’opera letteraria. La decisa presa di distanza dai testi originali spesso aiuta a fornire un prodotto unico e indipendente; certo mi aspetto risultati più prossimi al recente Kung Fury che all’Alice di Svankmajer, ma non posso negare che l’idea di un mercenario grosso e coatto (e in plastilina) intento a svuotare caricatori contro un Grande Antico cartoonesco faccia prepotentemente leva su quel mio lato fanciullesco che mi porta ancora oggi a conoscere a memoria i film d’esordio di Kurt Russel.
Il progetto Kickstarter (che trovate qui) tende a essere maggiormente umile e realista rispetto alle controparti straniere. La cifra raccolta servirà infatti a finanziare esclusivamente un corto dimostrativo da poter far visionare alle case produttrici di tutto il mondo, non l’opera completa. Questo dettaglio potrebbe essere un deterrente per molti, ma bisogna apprezzare la sincerità dell’approccio, soprattutto considerando quanto questo sistema di finanziamento sia flagellato dalle numerose vicende negative legate a neofiti che hanno raccolto fondi su Internet senza aver chiare in mente le spese da dover affrontare. Con altrettanta modestia viene trattata la trama di Dagon, per ora solamente abbozzata, e che si potrebbe riassumere come una rivisitazione del finale dell’omonimo racconto dalla quale si sfocia velocemente nell’azione frenetica chiaramente ispirata ai capisaldi dell’action quali Predator.
Non è un caso – è anzi dichiarato esplicitamente – che il protagonista sia caratterizzato da tratti in tutto e per tutto somiglianti all’ex governatore della California, Arnold Schwarzenegger. Con un approccio fanatico forse un po’ naif (capita spesso che si manifestino problemi nell’esplicito uso di immagini riconoscibili), Gaudio ha ammesso che le fattezze del celebre culturista si siano immediatamente sposate con la sua visione; non esitiamo a credere che, qualora si riuscisse a concludere la realizzazione dell’agognato trailer, il regista correrà all’uscio di Hollywood nella speranza di poter reclutare il suo idolo come star principale del suo bizzarro lungometraggio. A colpire meno, invece, è il design adottato per definire l’antagonista dell’opera che, con la sua bocca tentacolare, richiama decisamente l’immaginario legato a Cthulhu, più che le fattezze ittiche del dio Dagon. Non che lo scenario di Arnold-contro-Cthulhu non vanti un suo fascino, ma ammetto che la figura del più noto tra gli Antichi inizi a essere un po’ abusata e, inoltre, le squame iridescenti classicamente legate ai pesci potrebbero fornire un’ottima scusa per colorare la temibile creatura con tinte più interessanti del monotono marrone-rossastro a oggi considerato.
Tralasciando queste minori divergenze legate a gusti personali, non posso che augurare a Gaudio e a Maurotti di riuscire nella loro impresa, anche perché, oltre a essersi scelti una notoriamente ostica tecnica di animazione, si sono resi partecipi di uno schema di coincidenze tipicamente lovecraftiano. Il caso vuole, infatti, che H.P. Lovecraft e Robert E. Howard fossero in buoni rapporti, oltre che colleghi visionari, e che i due inserissero nei propri testi dei riferimenti al lavoro altrui; è dunque capitato che nelle avventure di Conan il Barbaro si menzionasse tra le righe il ciclo dei miti dei Grandi Antichi. E chi interpretava Conan nel classico film degli anni ’80? Schwarzenegger, ovviamente. La profezia si sta avverando per mano di fanatici cultisti, il ciclo si sta chiudendo.
–Walter Ferri–