Ci sono attori che proprio non sono fortunati nella scelta dei film a cui prestare il proprio talento. Non tirerò in ballo quel ben noto membro della famiglia Coppola che pare essersi specializzato in film mediocri al punto di farne un vanto, ma anche senza il suo illustre curriculum la storia del cinema ci offre una vasta gamma di esempi.
Volendo scomodare i grandi nomi di un’altra epoca, ricordo come la grandiosa Greta Garbo, poco prima di ritirarsi dalle scene a soli 36 anni, avesse definito “la sua tomba” la pellicola “Non tradirmi con me” che, nonostante il successo al botteghino, aveva ricevuto aspri commenti dai critici.
Più recentemente troviamo Will Smith il quale, nonostante la gavetta decennale, ha commesso un errore madornale ripudiando il ruolo Neo in Matrix per concentrarsi sul remake di un telefilm western sotto forma del dozzinale Wild Wild West. Tra tutte le celebrità hollywoodiane, tuttavia, uno dei più sfortunati deve essere necessariamente Sean Connery; il più famoso scozzese del cinema, infatti, ha evitato con sdegno Matrix, Il Signore degli Anelli, Harry Potter e Jurassik Park, in compenso ha terminato la sua carriera come protagonista dell’infame La Leggenda degli uomini Straordinari.
Lungometraggio d’azione del ’03, trasposto da una graphic novel di Alan Moore, “La Leggenda degli uomini Straordinari” è un film innegabilmente mediocre che, oltre a non soddisfare il suddetto autore, ha ricevuto risposte estremamente negative sia dal pubblico che dalla critica. I neofiti, dopo essere usciti dalle sale cinematografiche, hanno fatto spallucce, rimuovendo il tutto al pari di un pessimo action in cui le scene adrenaliniche erano più cartoonesche che dinamiche; quelli a rimanere veramente feriti furono i fan che, aspettandosi una trasposizione fedele, non hanno trovato traccia del complicato intreccio, dei ricercati riferimenti letterari e dei personaggi multisfaccettati, al loro posto vi era una teppaglia di ignoranti coatti il cui passatempo preferito fabbricare coriandoli sforacchiando di piombo librerie e biblioteche, il tutto sotto la benedizione della corona inglese e dell’American Secret Society.
Fu un disastro anche al botteghino. Uno sfacelo simile ha smontato completamente la possibilità della 20th Century Fox di ricavarne una trilogia da cui poter ricavare soldoni. Anche più recentemente, nel 2013, i dolori dell’esperienza sono stati sufficienti da bocciare sul nascere l’idea di creare una serie televisiva a tema… e ricordiamo che nel 2013 hanno dato l’ok ad “Agents of S.H.I.E.L.D”. Siamo pertanto sorpresi nel comunicarvi che, per la terza volta, la FOX stia cercando di affrontare l’impresa annunciando un reboot del brand da far debuttare sul grande schermo. Evidentemente qualcuno che ama in maniera ossessiva l’operato di Moore deve aver fatto valere la sua posizione, concedendo a John Davis di mettere mani sul prodotto e rianimarlo grazie alla Davis Entertainment.
Ancora nessuno si è fatto avanti per occupare la seggiola del regista, ma è stato confermato che il progetto sarà supervisionato da Ira Napoliello e Matt Reilly, individui di cui non abbiamo mai sentito menzionare il nome, ma che Google mi dice essere rispettivamente un assistente sul set di xXx e uno stimato scrittore australiano il cui romanzo su automobili da corsa volanti è dal 2010 nelle mani della Disney, la quale aveva annunciato di volerci ricavare un lungometraggio ancora latitante. Siamo in buone mani, insomma.Pensare che l’idea, di base, avrebbe tutte le carte in regola per offrire un’esperienza più che appagante. Per chi ha avuto la fortuna di perdersi il lungometraggio di inizio millennio, basti sapere che un certo Bond ha convocato per ordine del misterioso M una squadra di esseri peculiari capitanati dalla vampira Wilhelmina Murray; nella formazione presenziano Allan Quatermain, un vecchio avventuriero ormai reso inutile da varie dipendenze, Henry Jeckyll, un gentiluomo che si trasforma fin troppo facilmente in una bestia sadica e violenta, il Capitano Nemo, un ribelle severo e marziale che guida un sottomarino nucleare, Griffin, un uomo invisibile dalla moralità decisamente dubbia.
Quel che rendeva grande la versione cartacea, detta “Lega degli straordinari Gentlemen”, era la claudicante alchimia che si era formata in un gruppo composto da derelitti e sociopatici che, nonostante tutto, cercavano come meglio potevano di salvare il mondo da minacce di ogni tipo, terrene o aliene che fossero.
Dagli scritti di Ian Flemming alla Guerra dei Mondi, passando all’Isola del Dr. Moreau, scoprire i riferimenti era quasi un gioco (se vi erano dubbi, si puntava sempre su qualcosa ideato da H.G.Wells), ma la trama faceva da strepitoso collante senza dare l’idea si trattasse di un prodotto commerciale il cui scopo è quello di radunare personaggi celebri nella speranza di ricavare quattrini al botteghino con blockbuster estivi.
Vista la struttura narrativa dei capitoli e l’avanzamento tecnologico delle serie televisive, sarebbe stato bello vedere tre o quattro stagioni di telefilm seguiti con la cura e il talento dimostrati nell’encomiabile Breaking Bad o nel popolare Game of Thrones, ma a questo punto qualsiasi traguardo al di sopra del misero predecessore, ora completamente disconosciuto, sarà utile a lenire le ferite ancora aperte.Certo ci auguriamo che questi 12 anni siano serviti a imparare qualcosa e a impedire nuove tragedie, a nessuno auguriamo il destino di The Punisher.
–Walter Ferri–