Buon fantasy a tutti i nostri lettori appassionati di ‘Game of Thrones’! Eccoci al sesto appuntamento con la serie fantasy targata HBO e con la nostra recensione dedicata alla puntata ‘Unbowed, Unbent, Unbroken’ (‘Mai inchinati, mai piegati, mai spezzati’): nonostante il titolo, che riprende il motto di casa Martell, anticipiamo sin d’ora che la parte dedicata a Dorne è piuttosto limitata (per non dire deludente).
DISCLAIMER: Questa recensione contiene SPOILER dalla puntata 5×06 – almeno quelli giudicati indispensabili per comprendere l’argomento trattato. Contiene anche, inevitabilmente, spoiler dalle puntate e dalle stagioni precedenti. Non proseguite la lettura se non avete ancora visto l’episodio e non volete rovinarvi la sorpresa!
Come dicevamo, Dorne è tutt’altro che il fulcro della puntata. Con le storyline di Meereen, della Barriera e dell’armata di Stannis ferme un giro, è Arya a dominare la prima parte della puntata: la lupacchiotta sperduta (non che l’altra sia messa molto meglio… vabbeh, ci arriveremo) continua infatti nell’annoso compito di ripulire i cadaveri, che vengono poi prelevati da due inservienti muti. Tra una lavata e l’altra, Arya incappa in una bambina moribonda, portata al tempio dal padre perché possa ricevere il dono del dio. Mentendole senza pietà, ma, al tempo stesso, in una maniera che risulta stranamente empatica, Arya le promette la fine di ogni dolore e le dà da bere dalla fonte del tempio, sotto lo sguardo vigile di Jaqen. Sempre Jaqen torna a farle visita nel cuore della notte, la interroga, la stuzzica, la punisce, picchiandola per ogni plateale bugia che la ragazzina cerca di propinargli. Le chiede se sia pronta “a diventare nessuno”: Arya non lo è, noi lo sappiamo (soprattutto per il modo in cui ha faticato a separarsi da Ago), ma anche Jaqen H’ghar lo intuisce. La conduce dunque nelle viscere del tempio (finalmente un ambiente di dimensioni titaniche, e non reso in maniera claustrofobica), dove scopriamo che fine fanno i morti ritirati diligentemente dagli inservienti: vanno a costituire una riserva di facce che gli Uomini senza volto, in qualche maniera, riescono ad indossare come se fossero vestiti. Jaqen svela quindi che Arya non è pronta “a diventare nessuno”, ma che forse può diventare qualcun altro.
Siamo ancora curiosi di vedere la trasformazione, quando Braavos viene lasciata da parte per farci appuntare l’attenzione su Dorne. Nella più banale, scontata e assurda delle possibili interazioni fra il piano di Jaime per salvare Myrcella e quello delle Serpi delle Sabbie per rapirla e/o giustiziarla, Jaime e Bronn raggiungono la principessina (intenta ad amoreggiare con un Trystane Martell che sembra saperla lunghissima) proprio mentre le Serpi entrano in azione. Ne deriva un duello, spiace dirlo, caotico e per nulla convincente, che ricorda più Benny Hill che una puntata de ‘Il Trono di Spade’. Sembra di vedere un party di niubbi affrontare dei PNG di livello 1 in una delle prime sessioni di gioco di ruolo. Alla fine di questo pasticcio, ecco l’esito: Myrcella viene recuperata illesa, le Serpi delle Sabbie ed Ellaria tratte in arresto, Jaime e Bronn (scoperti in un modo che ci auguriamo venga chiarito, nonostante fossero travestiti alla perfezione da soldati dorniani) ugualmente trattenuti. Unico motivo per preoccuparsi è la ferita di Bronn, inflitta da Tyene Sand, ferita sulla quale la telecamera si sofferma più del lecito, lasciando supporre che la viperetta abbia la stessa passione del padre per il veleno sulle lame.
Continuiamo a seguire le peregrinazioni di Jorah e di Tyrion, diretti verso Meereen. Entrambi si sentono in vena di confidenze: in un momento assente nei libri ma,per una volta, artisticamente valido (soprattutto perché ben recitato), Jorah viene a sapere della morte del padre Jeor, già 997esimo comandante dei Guardiani della Notte, per mano di un gruppo di ammutinati. L’erede diseredato dei Mormont, lì per lì, accusa il colpo, anche se è lesto a rimettere la maschera del duro e a ordinare chiedere al compagno di riprendere il viaggio. La scelta di affrettarsi si rivela una pessima idea, visto che i due finiscono nelle mani di alcuni schiavisti, che mettono subito in chiaro i rapporti assestando qualche pugno in faccia a Jorah. Insomma, a ‘sti due non ne va bene nemmeno mezza. Il Folletto riesce a mitigare la condizione di Jorah vantando, al lordo di qualche esagerazione, le doti guerriere dell’accompagnatore, ma a questo punto le cose si mettono ancora peggio per lui. L’idea del comandante degli schiavisti, infatti, è di evirarlo e di rivenderne i genitali, considerati universalmente (come abbiamo appreso nella puntata ambientata a Volantis) dei potenti portafortuna. Sorprende vedere Tyrion, per una volta nella vita, senza parole: nel bene o nel male, rispondendo d’impulso, il nostro Halfman preferito ha sempre sganciato qualche siluro al sarcasmo, a prescindere da quanto disperata si presentasse la situazione. Scarsa fantasia degli sceneggiatori? Oppure qualcosa si è spezzato nel nostro piccolo eroe, vuoi per il vino, vuoi per il peso dei suoi peccati? Alla fin fine, un’idea brillante gli viene comunque e Tyrion riesce ad trasformare una morte certa in una prigionia su una nave schiavista. Avrà fatto un affare?
Ad Approdo del Re, nonostante l’intervento della sempre spinosa nonna Olenna (interpretata dall’eccezionale Diana Rigg), Cersei continua a negare il proprio coinvolgimento nell’arresto di Loras. Contemporaneamente assistiamo alle capacità di paraculismo carpiato di Ditocorto, che tra una minaccia, una leccata di stivale e un triplo gioco informa la Regina Madre della presenza di Sansa a Grande Inverno: Cersei, fine diplomatica come sempre, pretende di scuoiare immediatamente “quei traditori”, ma Baelish consiglia di attendere l’esito dello scontro fra i Bolton e Stannis per accanirsi poi sul vincitore, verosimilmente indebolito. Su quanti tavoli sta giocando la propria partita, Ditocorto? Che intanto spreme anche il titolo di Guardiano del Nord per sé. Successivamente, assistiamo a una sorta di udienza preliminare nei confronti di Loras, al termine della quale, grazie alla testimonianza di Olyvar, le accuse nei suoi confronti vengono confermate ed estese anche alla sorella Maergaery. Il piano di Cersei sembra dare i suoi frutti quando la Regina viene portata via, davanti a un Tommen più impotente che mai, ma è lecito dubitare che Lady Olenna rimarrà a guardare.
A Grande Inverno, infine, è tempo di matrimoni. Con un vestito spettacolare, nel solito clima surreale che vede le risposte arrivare sei ore dopo le domande e l’inquietante presenza di Theon-Reek che si aggira per il castello, Sansa sposa Ramsay Bolton e torna ad essere (?) erede del Nord. Peccato che, come era ampiamente prevedibile, la prima notte di nozze sia destinata a finire in tragedia: Sansa ha sottovalutato il bastardo legittimato, ma capisce finalmente le dimensioni del suo errore di calcolo quando Ramsay la stupra, senza troppe cerimonie, costringendo il suo Reek a guardare tutta la scena. Lo stupro viene consumato perlopiù fuori camera, con l’obiettivo che indugia sul volto rigato di lacrime dell’ex protetto di Ned Stark (eccezionale Alfie Allen, in questa sequenza anche più del solito). A questo punto, possiamo aspettarci che Sansa ricorra all’aiuto promessole da Brienne? O troverà un alleato in Theon?
Questa puntata inizia a sciogliere alcuni degli intrighi accumulatisi nel corso delle puntate precedenti, ma lo fa in maniera squilibrata e frettolosa, come se corresse verso una conclusione troppo a lungo attesa (e che forse sarebbe stato meglio diluire in maniera più misurata): a Dorne, in particolare, tutto accade in una manciata di minuti, ma anche ad Approdo del Re il processo va per le spicce. Non parliamo poi di Ditocorto, che deve sfruttare qualche sistema di teletrasporto per arrivare dal Nord ad Approdo del Re in una puntata. Per quanto il giudizio si quindi positivo, ci sentiamo di attribuire a questo episodio il voto più basso dell’intera stagione.
Sperando vivamente che le ultime quattro puntate si rivelino più godibili e interessanti, vi lasciamo con il promo della settima puntata, ‘The Gift’, dandovi appuntamento a mercoledì prossimo!
– Stefano Marras –
Game of Thrones 5×06, Unbowed, Unbent, Unbroken: recensione
Isola Illyon
- Gli ambienti del tempio del Dio dai Mille volti, finalmente ampi, ciclopici;
- Lo sviluppo della storyline di Arya;
- Preoccupazione per Bronn ferito;
- Jorah che apprende della morte del proprio padre: un momento davvero toccante, sebbene assente nei libri;
- Le doti manipolatorie di Ditocorto;
- Spettacolare interazione fra Olenna (Diana Rigg) e Cersei (Lena Headey);
- Alfie Allen nel ruolo di Theon Greyjoy si conferma un interprete di rara bravura;
- L'incontro fra Jaime e Bronn, da un lato, e le Serpi delle Sabbie, dall'altro, è reso in modo inconsistente a livello di sceneggiatura;
- Alcuni nodi vengono al pettine, ma - come accade per Dorne - ciò accade in maniera frettolosa e superficiale;
- Fa male vedere Tyrion restare a secco di argomenti per salvarsi la pelle;
- Sansa, svegliati! Che ti aspettavi?
- Ditocorto ha il teletrasporto?