Da un po’ di tempo a questa parte il vento vintage soffia impetuoso sul mondo del GdR digitale. Al diavolo Strighi, Custodi Grigi, Skyrim e compagnia cantante, per quanto ottimi: datemi un bel GdR party old style con pausa tattica come si deve e che trasuda leggenda, e mi prendo due settimane di ferie a telefoni staccati. Pochi mesi fa, mentre impazzava l’hype per il ritorno all’isometrico di Pillars of Eternity (che Dio l’abbia in gloria), arrivò la notizia che Dan Tudge (director di Dragon Age: Origins) era al lavoro su Sword Coast Legends, gioco che avrebbe rinverdito i fasti della mai troppo celebrata stagione d’oro dei GdR a cavallo dei millenni, per di più ambientato nei mitologici Forgotten Realms e primo a sfruttare la nuovissima edizione D&D 5.0. Non piove mai, diluvia soltanto, diciamo qui su Isola Illyon (cit.). Nemmeno poi il tempo di goderci l’uscita di PoE (ottimamente recensito dal Marras nazionale, qui) che veniamo travolti dall’uscita di non uno, bensì due filmati in-game ufficiali di SCL (uno riguardante il single player e l’altro la ormai famigerata modalità DM) giocati direttamente dal team di sviluppo, con la voce narrante di Dan in persona, che gettano un po’ di luce su di un gameplay fino a quel momento, va detto, piuttosto oscuro.
SINGLE PLAYER
Dopo l’immancabile animazione iniziale veniamo introdotti, dalla voce impostata di Tudge e da un motivo musicale adeguatamente epico, alla schermata menu appollaiata sul bagnasciuga di, nientemeno, Luskan. Il gameplay viene condotto con un tipico party di quattro personaggi di livello 6, quindi di media potenza, dal classico schema 1-1-1-1 (il B-party!), ovvero Guerriero, Ladro, Chierico e Mago. Facciamo la conoscenza quindi (prima le signore!) di Jarhild, poderosa guerriera nanica impiegata come ariete tascabile; di Illydia, conturbante elfa chierica di Sehanine Moonbow armata di arco; di Larethar, ladro nano dalla vita piuttosto libertina, guardia del corpo di Illydia (per tutto quello che riguadd’ iccoppo!); e del giovane ed avventato stregone dalla evve moscia Hommet Shaw. Stiamo avanzando nei meandri delle fogne sotto Luskan cercando di entrare in città, in cerca di vendetta su un Prete di Ashen, una setta di necromanti responsabile del massacro del nostro ordine, l’Alba Fiammeggiante. Se vi state chiedendo se siamo ricascati nel gorgo della nostalgia, sì, ci siamo ricascati. E ci piace non poco.
Mentre ci facciamo strada tra le fogne di Luskan (quanti ricordi!), l’impressione è quella di trovarsi davanti ad un prodotto che graficamente ha tutto il fascino dell’isometrico (dalla palette, al design degli ambienti, a mille altre chicche) coniugato alla perfezione con un ambiente tridimensionale nel quale la telecamera può ruotare, scivolare e zoomare a piacimento, un ibrido che pare fondere alla grande Baldur’s Gate e NWN. I personaggi si beccano e dialogano in continuazione in una serie di commenti scriptati come in altri titoli, ma in questo caso sensatamente e mai ripetendosi. Quello che invece mi ha fatto letteralmente cadere la mascella per terra è la qualità degli effetti sonori e delle voci dei protagonisti: il rimbombo delle voci restituisce l’impressione di trovarsi immersi in un ambiente sotterraneo quasi più del comparto grafico. Più volte capita di trasalire al suono della voce dei propri personaggi.
Giusto il tempo di raccattare la mascella che la riperdiamo non appena sbuchiamo tra i vicoli di Luskan: forse un po’ troppo pulita per essere la Città delle Vele, ma quello che avevamo intuito circa l’eccellenza della grafica è confermato. Non solo è tecnicamente perfetta ed evocativa, ma è esattamente l’aspetto che mi sono sempre immaginato dovesse avere l’architettura Illuskan. Chapeau. Il resto del gameplay scorre tra una gioia per gli occhi ed un’altra nel più puro stile tactical party RPG, tra opzioni di risposta multipla da poter fornire al nostro contatto alla taverna, le classiche possibilità di esplorazione e la tipica pausa tattica per poter impartire in tutta calma ordini ai nostri personaggi anche nella più concitata delle battaglie. Le varie abilità ed opzioni tattiche dei personaggi sono tutte a disposizione sotto forma di icone in una apposita barra nella parte inferiore dello schermo, sullo stile di NWN. Da questa shortcut è possibile, per esempio, attivare l’abilità di ricerca attiva del ladro, simulata graficamente come un layer azzurrino centrato sul personaggio che si sovrappone all’ambiente circostante. Altro elemento che fa ben sperare è che ad un certo punto, prima della battaglia conclusiva del gameplay nel cimitero di Luskan, i personaggi incontrano un PNG che avevano sconfitto, ma risparmiato, in un punto precedente del gioco. Il PNG non solo dà delle informazioni aggiuntive, ma affianca addirittura i personaggi nella battaglia imminente. Scelte che vanno ad incidere sugli sviluppi futuri come in un Dragon Age sono sicuramente un elemento innovativo ed una novità succosissima per un tactical RPG. Insomma, da quanto è dato vedere, un single player più che collaudato e portato alle massime potenzialità del genere, ma condito da elementi innovativi.
DUNGEON MASTER MODE
Ed eccoci al gameplay sulla modalità che dovrebbe far entrare nella storia questo titolo. All’inizio, il DM ha accesso ad una sezione nella quale può impostare i parametri generali del dungeon nel quale si muoveranno gli avventurieri: i livelli, la dimensione e la complessità, insieme alla difficoltà generale degli incontri, al set di nemici ed al tileset dello scenario (architettura divisa per razze: drow, nani e via dicendo), nonché alle quest relative al luogo in analisi. Non può invece incidere sui singoli ambienti, sui singoli incontri e sulle singole situazioni all’interno del dungeon, perché questi sono gli aspetti che deve gestire in tempo reale.
Ovviamente, i giocatori risentono della fog of war, mentre il DM (la presenza del quale è visibile ai giocatori sotto forma di una specie di fuoco fatuo svolazzante per il dungeon) ha l’accesso all’intera mappa in tempo reale. Il meccanismo tramite il quale il DM interagisce con i giocatori e con l’ambiente è la Minaccia DM (risata demoniaca). Si tratta di una barra di colorazione blu che indica la riserva Minaccia, cioè punti da spendere per piazzare trappole, nemici, e cambiare oggetti dello scenario (ognuno dal costo predefinito) in tempo reale; i punti minaccia si ottengono interagendo coi giocatori e fornendogli delle sfide. Questo dovrebbe innescare un circolo virtuoso, invogliando il DM a spendere Minaccia (e quindi intervenire) per averne sempre di nuova. I DM più riflessivi potranno piazzare nemici e trappole per rallentare i giocatori mentre escogitano con più calma sfide nuove in altre stanze. È possibile settare un’imboscata decidendo, per esempio, numero, posizione e area di spawn dei nemici attivata da un evento definito (tipicamente l’incedere dei personaggi in una determinata area). Può anche, a patto di avere abbastanza Minaccia, aggiungere e rimuovere elementi (nemici compresi, che simulano la morte mentre in realtà sono messi fuori gioco dal DM) durante il combattimento per correggere in corsa un evento troppo facile o troppo difficoltoso.
La possibilità che i nemici, in caso di buona condotta del DM, facciano cadere Bottino del DM rende le cose ancora più imprevedibili e divertenti. Per esempio, in occasione di una gestione di uno scontro particolarmente ben riuscita durante il filmato, il DM si è visto droppare da un cadavere un evento (Orda di Zombie, che scatena un’ondata di simpatici non-morti sui personaggi) gratuito e spendibile senza pagare Minaccia. Come botta finale, il DM ha la possibilità assumere il controllo diretto dei nemici e delle loro abilità in qualunque momento, giocando in tempo reale e trasformando tutto in un testa a testa tattico tra lui e il (o i) giocatori. Anche se questo apre altri interrogativi del tipo: come gestisce il gioco la pausa tattica in questo caso? Insomma, il DM mode è un qualcosa che ad oggi non ha termini di paragone, e che resta da verificare soprattutto nel bilanciamento. La domanda principale è: che incentivi dà il gioco perché si instauri una collaborazione proficua come nel tabletop, senza che il DM cada nella tentazione di giocare contro, come in un Dungeon Keeper?
Insomma, da quanto si può sommariamente ipotizzare (e sottolineo: ipotizzare) senza esperienza di gioco diretta, questo Sword Coast Legend, paragonandolo al principale concorrente di questa new wave RPG, parrebbe destinato ad asfaltare Pillars of Eternity dal punto di vista tecnico, potendo pure contare (senza nulla voler togliere al fantastico lore originale di PoE) sull’intramontabile fascino dei Reami Dimenticati e su una solida campagna single player come quelle di una volta. Se dovesse essere vinta anche la scommessa del DM mode, saremmo in presenza di un nuovo paradigma RPG, detto chiaro e tondo.
Resta da verificare se sia tutto oro quel che luccica. Le aspettative sono smisurate ed è in questi frangenti che si verificano i tonfi più clamorosi. La novità è che l’uscita è prevista per il Q3 (luglio, agosto o settembre) di quest’anno. Aspettiamoci mesi di novità fatte filtrare col contagocce e voci più o meno veritiere. Noi dell’Isola, come al solito, saremo sempre pronti a riferirvi tutto: ormai siamo ridotti dall’hype a volare digitalmente in circolo in attesa di qualunque news, a mo’ di avvoltoi fantasy 2.0 in cerca di succulente carcasse fatte di pixel. Vedete un po’ come siamo messi.
– Luca Tersigni –