C’era una volta, in una terra lontana, lontana…
…una bambina.
…un contadino.
…un’orfana.
…una principessa.
…una coppia di sposi.
…una strega.
Un cast stellare, per un film che pretende moltissimo.
Accanto ad una sempre magnifica Meryl Streep nel ruolo della strega, troviamo il lupo cattivo interpretato da un Johnny Depp che inizia ad annoiare in questi ruoli schizofrenici sempre identici. Emily Blunt (Edge of Tomorow) nelle vesti della moglie del fornaio, Anna Kendrick (Twilight Saga) in quelli di Cenerentola, Chris Pine (Star Trek) come Principe di Cenerentola e tanti altri ancora. Fra loro anche, nei panni del fornaio, James Corden, che nessuno conosce ma che ci tengo a segnalare giusto perché ha recitato in due episodi del mio amato Doctor Who.
Into the Woods, diretto da Rob Marshal, prende spunto dall’omonimo musical del 1987 scritto e musicato da James Lapine e Stephen Sondheim, e non lo tradisce. Come nello spettacolo teatrale, la pellicola intreccia protagonisti di favole e fiabe con la storia originale del fornaio e di sua moglie, e della strega che la ha maledetta. La donna non può avere figli, quindi i coniugi sono costretti ad intraprendere un viaggio alla ricerca di alcuni oggetti magici, trovandosi alle prese con Cenerentola, Cappuccetto Rosso, Raperonzolo, Jack appeso alla sua pianta di fagioli, genitori, matrigne, principi e sorellastre.
Ma il vero protagonista è il bosco, dove spesso i personaggi delle fiabe si addentrano per essere ingannati, braccati, sorpresi o soccorsi. Il bosco, e i suoi mille pericoli, mille inganni, mille sogni, mille speranze, mille futuri, a seconda del sentiero che si decide di imboccare o si intraprende in modo casuale, magari spinti da un lupo, o da una stupida mucca.
È il bosco il punto focale di Into the Woods, in cui la maggior parte dei personaggi delle fiabe, e tutti quelli di questo musical, si trovano ad un certo punto della loro vita. È la foresta dei sentimenti umani, quella interiore, in cui ognuno è costretto a guardarsi allo specchio e decidere cosa essere. Non c’è bene, e non c’è male: c’è soltanto l’inevitabile, l’ineluttabilità della natura, anche di quella umana. Proprio come afferma la strega di Into the Woods che, poverina, vorrebbe essere giusta in un mondo dove la gente fa quello che vuole in base ai propri desideri. Ma come mette in guardia la traccia finale, bisogna stare attenti a quello che si dice, si pensa, si spera, si fa, perché ogni incantesimo è un’arma a doppio taglio, che rischia di durare per troppo tempo, ben oltre le tre notti agognate da Cenerentola.
Quindi un film sui capricci e sull’incomprensione di se stessi, che ammonisce duramente lo spettatore: conosci te stesso, e allora forse imparerai ad essere una persona migliore – per te e per gli altri. Per fare questo, devi attraversare il bosco, la zona in ombra, dove il giusto e lo sbagliato si fondono l’uno nell’altro – e che rappresenta per questo il territorio dove avviene l’iniziazione. Cappuccetto Rosso entra nel bosco affamata, ingollando un dolce dietro l’altro, come fosse l’ironica caricatura del lupo; esce dalla pancia del lupo che ha imparato qualcosa, con la consapevolezza che alcune risposte è meglio non averle, non cercarle proprio. Eppure non ha imparato abbastanza, perché sfida lo sciocco Jack a rubare l’arpa magica dei giganti, e quando il ragazzo porterà nel regno lo strumento incantato… darà avvio alla fine, perché un gigante morirà e la moglie cercherà vendetta. L’enorme donna riuscirà a scendere perché la scettica Cenerentola, che non vuole credere all’amore, non crederà neanche di avere fra le mani l’ultimo fagiolo magico e, gettandolo, farà nascere l’ultima pianta che collegherà il regno terreno a quello oltre le nuvole.
In tutto questo, la coppia di fornai… gli unici veri eroi? Come no. Avrebbero rubato il mantello di una ragazzina, ingannato un contadinotto un po’ toccatello, strappato i capelli di una giovane e tolto la scarpetta di una ragazza in fuga, pur di avere un figlio. Tutto ciò aiutando la strega che, fin dall’inizio, ammette di essere la responsabile della maledizione che grava su di loro, ma lanciata solo per riparare ad un torto. La stessa strega rivela di aver preteso anche la primogenita dei genitori del fornaio, scontrandosi con l’indifferenza di quest’ultimo, troppo ossessionato dal desiderio di divenire padre per rendersi conto di avere una sorella!
Oh, per gli Eterni che fiatone! È proprio un film sull’egoismo, che fa piazza pulita dell’eroismo cui siamo soliti associare i personaggi delle fiabe.
Riguardo a musiche e coreografie: entrambe sono un po’ piattine, ma delle seconde non ci si può lamentare, trattandosi comunque di un film che non è di Bollywood. Riguardo alle prime, il tema è piuttosto ripetitivo, impreziosito soltanto dalle voci piuttosto buone degli attori. L’insospettabile Emily Blunt si rivela un’interprete eccezionale, capace di dare sfumature sempre azzeccate ai testi che canta. Stessa cosa vale anche per la Streep, eccezionale anche in questa veste canterina. Anche Anna Kendrick si è rivelata eccellente, ma da lei ce lo aspettavamo un po’ di più, visto che ha inciso un cd – non che sia sempre una garanzia.
Menzione d’onore ai costumi della matrigna e delle sorellastre di Cenerentola, veramente belli, westwoodiani, un po’ Lady Gaga, e nel complesso davvero affascinanti. Peccato averli visti poco. Interessante il costume da “mafioso” del Lupo di Cappuccetto Rosso, e attraenti quello tutto d’oro di Cenerentola e quello tutto blu della strega. Attraenti, perché attraggono l’occhio: i tessuti non sono lisci, ma crespati e questo costringe lo spettatore a seguire i movimenti dell’abito sul corpo. Affatto valorizzati, però, dalle tinte unite. Meravigliosi fossero stati su due manichini, ma in questo modo il taglio è stato davvero troppo smorzato.
Sembra che io mi sia dimenticata di citare Rapunzel, ma no. In realtà è la suddetta primogenita, la sorella del fornaio. La strega la ha chiusa nella torre e le vuole bene come ad una figlia, risultando tuttavia troppo possessiva e quindi peccando a sua volta di egoismo. In sostanza, la parte di Rapunzel finisce qui. Ovviamente ha il suo principe, con discreto lato B, che la salverà dalla palude in cui verrà confinata e che, alla fine, la trarrà in salvo da una strega ormai senza poteri, per vivere felice e contento con lei… si presume. Sì, si presume, perché la storyline di Rapunzel viene abbandonata a se stessa. Se davvero la conclusione è “vissero felici e contenti”, perché invece nelle altre fiabe introdotte e nella storia originale dei fornai la linea narrativa porta ad un netto rovesciamento del bene, del male e del lieto fine? Questo fa storcere un po’ il naso, dando la sensazione di qualcosa di raffazzonato perché le idee erano finite, o non si sapeva come incastrare altrimenti, quale altro ruolo dare. Certo, i capelli di Rapunzel sono “la distrazione”, tipica di molte fiabe, ma la giovane non riesce ad essere importante nella storia.
Stessa sorte tocca anche ai principi, per una volta dotati di un aspetto davvero interessante, protagonisti della traccia musicale più spiritosa di tutto il musical… e più inutili che mai. Una traccia così tanto ironica, con una coreografia al limite del ridicolo, poteva funzionare se poi i due si fossero rivelati presenze importanti per la storia, andando contro lo stereotipo. Invece si confermano molto classici, soprattutto il principe di Rapunzel. Il promesso di Cenerentola emerge in negativo in una sola scena, insufficiente ad approfondire la caratterizzazione di questa figura.
Per concludere le noti dolenti riguardanti la caratterizzazione, anche la strega alla fin fine stride un po’. È un personaggio davvero meraviglioso: nel suo ultimo monologo emerge il suo vero carattere, quello di insospettabile elemento “equo” in un mondo di matti capricciosi… ma non si erge. Anzi, decide di sparire dalla scena. L’equità viene sconfitta. E questo è tutto. Quanta amarezza per questa scelta…
Concludo con un dubbio. A me non piacciono tantissimo i musical, ma non riesco davvero ad immaginare cosa avrebbe potuto essere Into the Woods se la Disney avesse optato per un film…
– Elena Torretta –
Into the Woods – Recensione
Isola Illyon
- finalmente siamo riusciti a far sparire l'utopia del “vissero felici e contenti”;
- interessante intreccio dei vari personaggi delle fiabe con una storia originale;
- un cast di valore, che riesce ad impreziosire le canzoni con ottime voci e l'interpretazione con una buona recitazione;
- due personaggi non sfruttati, e uno lasciato uscire di scena senza importanza;
- le musiche potevano essere più varie, soprattutto con le grandi voci che c'erano a disposizione;
- piantiamola di dare a Johnny Depp sempre lo stesso ruolo;