Il MOBA (Multiplayer Online Battle Arena) è un genere videoludico relativamente nuovo che ha preso piede solamente negli ultimi anni i cui esponenti per eccellenza sono League of Legends e Dota2. A rendere solida e forte questa particolare tipologia di intrattenimento è il modello free-to-play, quasi universalmente proposto, abbinato a una fidelizzazione estrema del proprio bacino d’utenza, arrivando al punto che difficilmente si riesce ad abbandonare un MOBA una volta che vi si è invischiati.
Seppure le mappe simmetriche offrano poca varietà, l’impulso agonistico di migliorare le proprie prestazioni e l’immenso numero di personaggi giocabili riesce a carpire tutte le attenzioni dei videogiocatori che vi si dedicano, spingendoli a perfezionarsi dedicando numerose ore al loro titolo preferito. Superfluo, a questo punto, specificare sia remota la possibilità che ci si trasferisca da un titolo all’altro una volta coinvolti dall’esperienza, pertanto gli sviluppatori stanno sperimentando ogni minima modifica pur di differenziarsi dai dominatori del mercato e guadagnarsi una fetta di aficionados. Tra la marea di espedienti ludici che abbiamo incrociato, uno ha recentemente attirato la nostra attenzione per temi e atmosfere, stiamo ovviamente parlando di Deadbreed.
È sin da subito essenziale premettere che Deadbreed sia un titolo early-access facilmente reperibile dal programma noto come Steam. Cosa significa early-access? Di fatto è l’interpretazione contemporanea di quella che un tempo veniva definita “fase beta”, una versione incompleta del prodotto finito che, tuttavia, è abbastanza solida da poter rappresentare il gioco nella sua interezza, magari implementando delle opzioni aggiuntive facilmente accessibili con finanziamenti da carta di credito. In termini più pratici in relazione a questo articolo, la cosa si traduce col dover notificare che il gioco, ancora in fase acerba, mostra diverse lacune che verranno sistemate nel tempo, imponendoci di adottare una certa clemenza nell’introdurlo e una vostra attenzione critica nell’interpretare la nostra opinione.
Torniamo dunque alla questione che ha attirato la nostra attenzione: l’ambientazione. In forte contrasto con la concorrenza, questo MOBA abbandona lo stile colorato e variopinto per puntare su una cupa desaturazione che richiama non poco i più remoti titoli della serie Diablo. Questo ovvio metro di paragone si fortifica nel riconoscere che tutto la – modesta – gamma di personaggi selezionabili siano ispirati alle creature che infestavano i dungeon del sopramenzionato capolavoro; demoni, scheletri, zombie, templari dall’aspetto insalubre e creature di varia natura si scontrano in altrettanto stereotipati ring (per ora è accessibile esclusivamente il cimitero) per raggiungere la base nemica e, cosa meno comune, annichilire un boss di dimensioni gargantuesche.
Interessante, per quanto concerne le razze utilizzabili, il fatto vi siano tre “breed” (notturna, diurna e ibrida) che reagiscono diversamente agli oggetti sul campo di battaglia e al ciclo giorno/notte che continua ad alterare, seppur leggermente, gli equilibri dei match. L’attuale esiguo numero di combattenti è compensato dalla versatilità di un innovativo sistema di equipaggiamento che grandemente influenza statistiche e ruolo del non-morto di turno, permettendo virtualmente di poter ricoprire ogni archetipo dei giochi di ruolo (tank, assassino, mago, combattente). Nelle squadre, composte da un massimo di tre giocatori, vi è un ulteriore componente guidato dal computer che altri non è la creatura che decreta le definitive sorti delle sfide. Anche in questo caso, i partecipanti hanno voce in capitolo nel personalizzare le strategie poiché, tra le schermate di caricamento, viene richiesto un voto atto a decretare una Sentinella tra quelle proposte nella selezione di esseri degni delle fantasie di Lovecraft. Ogni mostro, oltre a variare graficamente, concede bonus interessanti e, qualora venisse disturbato dal team avversario, manifesta differenti atteggiamenti, incentivando l’adozione di diverse strategie .
Sul piano della giocabilità in senso stretto non v’è molto da riportare. Oltre alle interessanti novità proposte dall’appagante gestione dell’equipaggiamento (soprattutto una volta che si sono sbloccati gli artefatti, armi e accessori di estremo valore tattico), Deadbreed aggiunge poco alla scacchiera, appoggiandosi a un ortodosso sistema di telecamere affiancato da un altrettanto ordinario uso delle abilità, il tutto velocemente gestibile con mouse e tastiera. Meno intuitivo e più macchinosa è forse la gestione dei bonus raccolti sul campo, gestione che per ora richiede il trascinamento di minuscole icone sugli oggetti contestuali, distraendo non poco dai duelli in corso, ma i ragazzi di Deadbreed (il gruppo di programmatori ha adottato lo stesso nome della loro creazione) hanno già risolto molti problemi di questa portata e non esitiamo a credere che riusciranno a trovare un compromesso adeguato.
Graficamente ed esteticamente impeccabile, il gioco si sa vendere molto bene grazie alla presenza di intermezzi cinematografici e a un oculato zoom capace di sottolineare l’evoluzione dell’equipaggiamento quando si visita l’armeria. Le tinte cupe e l’impostazione teatrale sono in grado di intrattenere quanto, se non più, del gioco stesso, riuscendo a regalare un senso di autocompiacimento e realizzazione anche dalle partite più monotone, arricchendole con una dose sensibile di epicità. La colonna sonora offre pezzi di accompagnamento che ben si sposano con le evoluzioni del campo bellico e si permette virtuosismi più spinti nella navigazione dei menù senza, tuttavia, riuscire a primeggiare nel campo e finendo nella mediocrità dimenticabile in breve tempo.
Per ora abbiamo parlato di un MOBA tradizionale che, di fatto, cerca di ricavarsi uno spazio nel mondo proponendo interessanti scelte di design e qualche ammirabile innovazione minore, ma potrà effettivamente avere speranze nel panorama ipersaturo del mercato odierno? Ammettiamo di essere molto scettici in tal riguardo. La prima, immediata, nota di dubbio deriva proprio dalla forte caratterizzazione delle atmosfere; per quanto siano da noi amate le creature del terrore, l’aver optato per tinte più grottesche rispetto alla media ha fortemente appiattito il mondo di gioco e, peggio ancora, le animazioni dei combattenti, animazioni che fin troppo spesso non riescono a essere valorizzate come si meriterebbero; anche Diablo, continuando a citarlo come metro, ha preferito recentemente puntare su colori vivaci che andassero a definire i nuovi attacchi decisamente sopra le righe, ma evidentemente l’insegnamento non è stato acquisito e si è qui cercato di creare un figlio illegittimo tra vecchio e nuovo.
In aggiunta ai problemi riportati, ve n’è un altro, ben più gravoso, che confidiamo verrà ad attenuarsi naturalmente a tempo debito: il numero esiguo di videogiocatori. Nel provare il titolo, in effetti, non siamo mai riusciti a trovare abbastanza partecipanti da garantire un match 3vs3, arrivando ad aspettare decine di minuti senza che il numero di persone in partita variasse in positivo. In nostro soccorso è intervenuta la modalità practice che, anche se solo con i personaggi gestiti dal computer, ci ha permesso di farci un’idea complessiva di ciò che abbiamo di fronte. Le promesse di nuove sentinelle, di probabili razze aggiuntive e di ulteriori impostazioni di gioco, pertanto, avranno di certo un impatto positivo, ma un MOBA gratuito senza utenti è condannato a un fatale percorso che, qualora non fosse velocemente abbandonato con un’ottima gestione del marketing, condurrà il progetto alla tomba senza speranza di resurrezione.
-Walter Ferri-