Ecco arrivare, dopo “Noah”, il secondo film tratto dalla Bibbia del 2014. Si, ma siamo nel 2015, è uscito solo pochi giorni fa, cosa stai blaterando? Io non posso far altro che considerarlo un prodotto del 2014 dato che è stato rilasciato in quasi tutti i paesi del mondo nel mese di dicembre. All’Italia tocca ovviamente un’altra sorte, uscita procrastinata di un mese per favorire la magra e poche volte incisiva produzione italiana. Nient’altro che una prefigurazione di quello che succederà fra circa un anno sempre nella nostra triste penisola: aspetta Star Wars, aspetta. Della serie: ve lo meritate Checco Zalone. Considerazione a parte, benché dovuta, a parer mio, passiamo a quello che è Exodus – Dei e Re.
Come dicevo, dopo il “Noah” di Darren Aronofsky, giunge sugli schermi Exodus – Dei e Re, per la regia di Ridley Scott, universalmente conosciuto per i suoi rivoluzionari successi quali Alien e Blade Runner, senza dimenticare le numerose collaborazioni a partire dal 2000 con Russel Crowe. Fortunatamente durante il casting per il ruolo di Noè, Christian Bale ha rifiutato la parte, facendo impegnare Russel Crowe nel ruolo del barcaiolo più conosciuto al mondo. Tutto questo ci ha innanzitutto evitato di assistere alla parabola di Massimo Decimo Meridio, che ruba ai ricchi per dare ai poveri ebrei. Scongiurato questo pericolo, le varie interpretazioni si sono rivelate essere all’altezza, un’ottima impressione l’ha lasciata Joel Edgerton nel ruolo di Ramses, oltre alle belle sorprese di Ben Kinsley e Ewen Bremner (indimenticabile Spud in Trainspotting di Danny Boyle). Chi invece non ha convinto completamente è stato proprio il protagonista, forse complici le grandi aspettative che si possono avere su Bale in qualità di attore primario.
Altrettanto forte e discutibile è stata la scelta di Scott di come interpretare l’evento biblico. L’Esodo è rinomato per non essere uno dei momenti più alti per quanto riguarda l’azione nel “Libbro”. Scott riesce, grazie alla sua esplosività epica, a riscrivere il classico e darci una storia che nonostante alcuni punti di dubbio gusto sta in piedi e ci porta senza troppi sforzi fino alla fine. Siamo però sideralmente lontani dai suoi capolavori. Nonostante il fatto che l’uomo sia riuscito a sfruttare appieno i 200 milioni di dollari per questo kolossal: le piaghe sono realizzate molto bene e risultano essere uno dei momenti più felici del film; costumi e scenografie sono di notevole fattura, come anche le ambientazioni desertiche, che hanno il loro fascino; diversa sorte ha invece l’uso della computer grafica in altri momenti, svariate volte scomoda alla visione, se non addirittura fastidiosa.
Ritornando alla scelta stilistica fatta da Scott di puntare su un tono epico votato molto di più all’action che al semplice rimando biblico, si aprono dei punti a favore e altri negativi. Sicuramente la battaglia iniziale fa ben sperare, come anche il trailer, ma purtroppo le speranze sono state disattese, almeno in parte: siete obbligati alla visione per intero se volete scoprire perché. Gli stessi momenti action sono stati al contempo il buon condimento che è riuscito insieme agli altri ingredienti a far scendere giù le due ore e mezza (niente in confronto alla durata iniziale di quattro ore voluta da Ridley Scott o i 220 minuti de “I dieci comandamenti”). Ben dosati, non eccessivi e poche volte fuori dal credibile. In pratica Mosè lascia il bastone a casa per impugnare la spada.
Particolare, ma non del tutto eccezionale, è il modo in cui viene rappresentato Dio. Un modo originale per rimarcare l’impronta della divinità capricciosa che viene delineata nel Vecchio Testamento. Altrettanto particolare è il modo in cui Mosè si rapporta con la divinità: viene lasciato il dubbio se stia davvero dialogando con Dio o se sia un frutto della sua mente in seguito ad un incidente. Quindi Dio non esiste? Quest’ultima tesi viene in parte avvalorata dalla scelta di rappresentare e presentare nel modo più scientifico possibile le piaghe, almeno fino a che non si arriva all’ultima, la morte dei primogeniti, che di scientificamente giustificabile ha un bel niente. Di sicuro se è stato fatto per smuovere le nostre coscienze, state pure tranquilli, non lo farà. Un mezzo punto in più viene dato dalla meravigliosa faccia tosta di voler inserire a forza un’esplosione: pece e olio, ecco fatto. Boom.
– Vittorio De Girolamo –
Exodus – Dei e Re: la recensione
Isola Illyon
- Cast gradevole;
- Resa realistica e epica della vicenda;
- Dio-bambino;
- Errori grossolani nella coreografia delle comparse;
- Il finale etereo e stucchevole;
- La non scelta fra il razionale e il religioso;