Dungeons & Dragons, il papà di tutti i giochi di ruolo, ha dato origine ad un intero genere e influenzato pesantemente la cultura moderna. Ma qual’è la genesi di D&D stesso? Da quali fonti attinsero gli autori Dave Arneson e Gary Gygax nel mettere a punto il primordiale GdR a cui tutti noi appassionati (che lo si ami o lo si detesti) dobbiamo tanto? Non sembrano esserci dubbi sulla provenienza del sistema di regole: le meccaniche di base (combattimenti, classi d’armatura, tiri per colpire) non vennero inventate di sana pianta ma furono tratte, o quanto meno suggerite, dai wargames di cui gli autori erano giocatori e ferventi appassionati.
Cosa ispirò, invece, l’ambientazione fantasy del gioco? Una delle prime e più importanti indicazioni in merito venne fornita direttamente da Gary Gygax in persona. In fondo alla Dungeon Masters Guide della prima edizione di Advanced Dungeons & Dragons (1979) fu inserita una serie di appendici ricche di regole supplementari, tabelle per la generazione casuale di dungeons, incontri, trappole e altro materiale giocabile. Uno di questi complementi, la Appendix N, costituisce un’eccezione. In essa, intitolata Inspirational and Educational reading (letture ispiratrici ed educative), l’autore ci racconta quali siano le fonti ispiratrici del suo lavoro: favole e storie che il babbo gli raccontava da ragazzino, fumetti, opere letterarie di fantascienza e fantasy, film horror, libri di mitologia, bestiari e, infine, una lista specifica di autori e opere che egli consiglia caldamente di leggere ai fruitori del manuale. La presenza di autori come Tolkien o R. E. Howard non sorprenderà nessuno, ma ve ne sono molti altri, dai nomi meno altisonanti, che non meritano di passare in secondo piano, sia per il valore intrinseco delle loro opere letterarie, che, soprattutto, per il ruolo fondamentale avuto nel plasmare le ambientazioni e le regole del Gioco di Ruolo più famoso. In seguito alla Appendix N altre edizioni di D&D (sia Base che Advanced, fino alla odierna nuova edizione) hanno riportato liste analoghe.
Lo scopo di questa serie di articoli, cari amici illyoners, è di esplorare la Appendix N (e magari anche le altre liste) insieme a voi, per scovare (o riesumare) piccole perle letterarie del passato e, soprattutto, per svelare la loro influenza sulla creazione del Gioco di Ruolo più titolato al mondo (ebbene sì da buon tifoso rossonero non mi sono lasciato sfuggire l’opportunità per questa piccola citazione).
Iniziamo, dal primo titolo della lista: Three Hearts and Three Lions di Poul Anderson (1926 – 2001). L’autore statunitense di origini scandinave è ben conosciuto dagli appassionati per la sua vasta produzione di romanzi di fantascienza e fantasy, vincitore plurimo di premi Hugo, Nebula, Prometheus e di altri prestigiosi riconoscimenti. Three Hearts and Three Lions (pubblicato nel 1961, tratto da una precedente novella del 1953) non è certo uno dei suoi romanzi più conosciuti ed in Italia vanta pochissime edizioni, l’ultima delle quali curata dalla Editrice Nord nel 1996. È comunque possibile trovare qualche copia online nella nostra lingua, ed è ovviamente ancora più facile in lingua originale, nella quale è disponibile sia in formato cartaceo che per Kindle.
Holger Carlsen, un ingegnere operante negli Stati Uniti durante la Seconda Guerra Mondiale, rientra nella sua terra natia, la Danimarca, per prendere parte alla resistenza contro i nazisti. Durante una sparatoria perde i sensi e si risveglia nudo, in una foresta, vicino a un destriero da guerra, un’armatura che gli calza a pennello e uno scudo decorato con i cuori e i leoni del titolo. Vestiti i suoi nuovi panni, e realizzato rapidamente di non trovarsi più sulla Terra, Holger inizia un viaggo alla ricerca di spiegazioni e di un modo per tornare a casa, accompagnato da Hugi il nano, Alianora la ragazza cigno (di cui s’innamora) e Carahue, il Saraceno. Presto Holger si trova coinvolto nel conflitto fra le forze della Legge (i reami degli uomini) e quelle del Caos (i signori di Faerie). I viaggi di Holger lo portano ad una serie piuttosto lineare di incontri/scontri con varie creature del Caos alla ricerca della spada Cortana e, come in un bildungsroman, alla graduale scoperta della propria identità: egli è Ogier il Danese, personaggio leggendario della Chanson de Roland e del Ciclo Carolingio.
Il racconto, per quanto non si possa certo annoverare tra i capolavori del genere, è breve, godibile ed avvincente, una riuscita composizione di temi, stereotipi del fantasy e citazioni mitologiche, nonché letterarie. Le scene d’azione sono di ottima qualità, le descrizioni scorrevoli e mai pesanti. Il punto di forza dell’opera è il tema dell’uomo moderno alle prese con un mondo fantastico. Con la sua mentalità da ingegnere Holger cerca di spiegarsi tutto ciò che gli accade attraverso razionalità e speculazioni scientifiche. La maledizione pendente sul tesoro di un gigante altro non è che radioattività generata dalla trasformazione del mostro in pietra, il licantropo di turno viene spiegato attraverso la genetica, il pugnale in grado di infiammarsi è composto di magnesio e via di questo passo; gli incontri con creature malevole vengono spesso risolti con l’astuzia, grazie alle conoscenze scientifiche del nostro eroe.
Un titolo molto buono dunque, ingiustamente poco conosciuto, ma il vero scopo di questo pezzo, come anticipato, è sottolineare i legami di Three Hearts and Three Lions con il gioco di ruolo Dungeons & Dragons. Ebbene, se non sapessimo che è l’esatto contrario, leggendo l’opera potremmo essere indotti a pensare che l’autore abbia scritto il romanzo attingendo a piene mani dai manuali di D&D! Il conflitto tra Ordine e Caos, approfondito da Michael Moorcock nei suoi romanzi su Elric di Melniboné, hanno chiaramente ispirato il sistema di allineamenti morali (legale – caotico) del Gioco di Ruolo fin dalle sue prime apparizioni. La figura di Holger costituisce il modello per la classe originale del Paladino. Alianora che si trasforma in cigno e s’accompagna con un unicorno richiama la classe del Druido con i suoi poteri di metamorfosi.
Le descrizioni e i comportamenti delle creature incontrate ricalcano in maniera impressionante quelle del famoso GdR: il gigante lento e ottuso, sconfitto con l’inganno; la nixie che vive nel laghetto; soprattutto, il troll, che viene riproposto praticamente identico in D&D, sia per quanto riguarda l’aspetto che per le abilità speciali. La scena in cui i compagni d’avventura affrontano il troll ricorderà a molti giocatori il loro primo incontro con la creatura: alto più di due metri e mezzo, la schiena incurvata, le lunghe braccia penzolanti, la pelle verdastra, occhi come pozzi neri che non riflettono la luce, il lungo naso al di sopra di ampie fauci. Soprattutto, l’angoscia quando ci si accorge che i pezzi del mostro vanno a riunirsi al resto del corpo, mentre il troll si rigenera e ancora non si è scoperto che il fuoco è l’unica arma con cui ferirlo in maniera permanente. Tutto risulta familiare, se non con le meccaniche di gioco, almeno con i tipici luoghi comuni di innumerevoli partite attorno al tavolo: la vecchia strega che aiuta l’eroe ma trama alle sue spalle; l’evocazione di un demone con tutte le precauzioni rituali per estorcerne l’aiuto senza incorrere nella sua ira; l’assedio dei lupi mostruosi (i warg, vi ricordano qualcosa?) all’accampamento degli eroi durante la notte; la storia del villaggio alle prese con il mistero di chi sia il concittadino affetto da licantropia. È affascinante, mentre si scorrono le pagine di questo libro, immaginare il giovane Gary Gygax intento a divorarne avidamente ogni parola, accumulando nel suo immaginario una grande mole di idee che sarebbero poi confluite nella sua opera magna.
In conclusione, Three Hearts and Three Lions è di suo un buon romanzo con cui passare qualche ora spensierata. Al lettore smaliziato di oggi potrà sembrare esageratamente infarcito di tropi del fantasy e della mitologia, ma nella maggior parte dei casi si tratta di citazioni volute; inoltre bisogna ricordare che la novella originaria è del 1953 e il romanzo è uscito nel 1961, prima della nascita dei giochi di ruolo e del boom letterario e mediatico del fantasy; alcuni di quelli che oggi ci sembrano luoghi comuni, dunque, negli anni ’50 e ’60 forse non lo erano, e magari lo sono diventati anche grazie a quest’opera. Per quanto adatto a intrattenere piacevolmente qualsiasi estimatore del genere fantastico, la lettura di Three Hearts and Three Lions è caldamente consigliata agli appassionati di Giochi di Ruolo, da una parte per il suo innegabile valore filologico e storico e dall’altra per il sottile piacere nerd di far scorrere il nostro sguardo sulle stesse parole che, in un gelido giorno piovoso di tanti anni fa, davanti al caloroso conforto delle fiamme crepitanti di un caminetto, piantarono preziosi semi nella fertile immaginazione di uno dei mitici creatori di Dungeons & Dragons.
-Lorenzo Santini-
Le origini di Dungeons &Dragons: Three Hearts and Three Lions
Isola Illyon
-Scorrevole e ben scritto, con diverse buone scene d'azione fantasy.
-Adatto a una lettura rilssata e senza troppe pretese.
-I giocatori di vecchia data di D&D godranno nel trovare tante similitudini con il loro gioco di ruolo preferito.
-Infarcito di stereotipi del genere fantasy e della mitologia, forse anche un po' troppo.
-La storia è davvero lineare, se fosse un'avventura di D&D sarebbe il frutto di un Dungeon Master "poco preparato", che conduce i personaggi da un punto A a un punto B intercalando nel mezzo alcuni "incontri casuali".