Il periodo tra liceo e università è notoriamente quello in cui molti individui esplorano e mettono alla prova il proprio Io. Abbastanza maturi da poter gestire i propri interessi, ma giovani quanto serve per non essere oberati dalle incombenze della cosiddetta “vita adulta”, ragazzi e ragazze di tutto il mondo dedicano il proprio tempo libero a sincere e curiose attività, non curandosi del giudizio dei più anziani che etichettano come futili le loro scelte. Non stupisce scoprire, pertanto, che a metà degli anni 80 il futuro autore di fumetti Alan Martin facesse parte di una band da scantinato composta da studenti d’arte e che il loro cavallo di battaglia fosse la canzone “Rocket Girl”, brano ideato dal fumettista Philip Bond per sfogare un imponente sbandata per una compagna di corso; fu proprio Bond a conoscere e legare per primo con Jamie Hewlett (visto che la sua tendenza a disegnare peni ovunque metteva in soggezione Alan), dando progressivamente il via a una serie di eventi che avrebbero portato alla nascita di Tank Girl.
Quella che è oggi un noto volto del fumetto anglosassone è in effetti stato generato per pura casualità. Il personaggio Tank Girl – all’anagrafe Rebecca Buck – è stato inizialmente abbozzato in un’illustrazione fine a sé stessa nei momenti in cui Martin e Hewlett non erano troppo impegnati a rispettare le scadenze della rivista amatoriale Atomtan. Rude e appassionata di armi, la ragazza si è conquistata il cuore e le attenzioni di molti anche grazie al deciso slogan “lei vi spezzerà la schiena e le palle”, divenendo la punta di diamante della produzione dei due ragazzi e aprendo loro le porte del neonato magazine Deadline (sulle cui pagine venivano stampati i migliori comics alternativi che non avrebbero altrimenti trovato spazio sul normale mercato). La serie debutta ufficialmente nel 1988 e, sebbene il progetto sia stato grandemente raffinato rispetto a quanto abbozzato, riesce a rispecchiare magnificamente la mentalità e gli interessi dei suoi disorganizzati autori; composta da strisce auto-conclusive create frettolosamente, riproduce le tendenze musicali, le visioni politiche, gli impulsi sessuali e le basi culturali dei suoi genitori, rivelandosi uno strepitoso monumento alla controcultura punk-rock che aveva preso piede agli albori degli anni 90. La storia, se la si vuole definire tale, vede la ribelle protagonista vestire i panni di una cacciatrice di taglie sulla cui stessa testa pende una taglia, la sua dimora è un gargantuesco carrarmato che usa per muoversi nell’entroterra di un’Australia post-apocalittica chiaramente ispirata alle avventure di Mad Max e abitata da missionari futuristici, canguri mutanti e aborigeni biondi.
Con il passare delle strips si è introdotti a nuovi personaggi quali Jet Girl, Sub Girl, Boat Girl e lo storico fidanzato dell’anti-eroina, nonché marsupiale antropomorfo, Booga, ma il fulcro del fumetto sarà sempre sostenuto dall’invadente carisma di Tank Girl, la quale diviene sempre maggiormente un’enfatizzata icona femminista al punto di essere coinvolta in movimenti politici (durante le manifestazioni contro la Sezione 28 voluta dalla legislazione Thatcher, legge che dal 1988 al 2003 proibiva a tutto il Regno Unito di “promuovere l’omosessualità”) e diventare un’icona del panorama lesbico, il quale ha usato il suo nome per indire incontri settimanali definiti semplicemente come “serate Tank Girl“. Lo stile della sceneggiatura è caratterizzato inizialmente da un registro linguistico fortemente informale (per usare un eufemismo), da un vertiginoso dinamismo e da critiche ben poco velate verso una società soffocante che non rispettava i valori degli artisti coinvolti, ma dopo qualche anno le avventure prendono pieghe diverse e più posate, prediligendo spaccati di vita mondana che, pur mantenendo la valenza sperimentale dell’opera, risultano più discrete e borghesi, perdendo parzialmente il valore provocatorio che trasudava copiosamente nelle prime pubblicazioni.
Non era soltanto il fumetto a essere cambiato, il mondo stesso aveva subito notevoli evoluzioni, inglobando quella che era una sottocultura e traducendola in un fenomeno di massa, privando Martin e Hewlett dell’irriverente energia che li aveva lanciati. In questo periodo la MGM aveva acquistato i diritti di Tank Girl per produrne un film degno della nomea, scomodando un cast dai nomi importanti quali Malcom McDowell, Courtney Love e Iggy Pop; inutile esplicitare come la produzione sia intervenuta attivamente per edulcorarne e smussarne i toni, inserendo in extremis delle tavole illustrate che facessero da intramezzo ai cambi di scena e che concedessero una minima illusione di attinenza con il materiale originario. La rivoluzione politica in corso e il flop al botteghino del lungometraggio hanno contribuito prepotentemente alla chiusura di Deadline nel 1995, sancendo la fine dell’epoca d’oro del fumetto e della collaborazione tra Alan e Jamie.
Sebbene le strisce fossero considerabili estinte, la MGM aveva commissionato parallelamente alla pellicola ben tre volumetti – pubblicati dalla Vertigo – che si muovessero parallelamente al prodotto cinematografico e che ne promuovessero l’uscita; di questi ne sono stati prodotti solamente due e uno soltanto risulta meritevole di menzione approfondita: L’Odissea. Ultimo lavoro di Hewlett prima di passasse alla joint venture coi Blur per creare i Gorillaz, L’Odissea è anche il primo fumetto di Tank Girl che “spezza” le barriere dalla striscia per proporre al lettore una trama coerente e finita, muovendosi in controtendenza rispetto alle proprie radici e, al contempo, ricercandole nel reinventarsi. Come si può intuire dal titolo, la vicenda è una rivisitazione goliardica del viaggio di Ulisse nella quale una dispersa Rebecca si trova a dover attraversare il mondo per tornare nella sua Itaca australiana, nella speranza di impedire a Booga di impegnarsi con un produttore cinematografico che promette fama e ricavi da produzioni di dubbia qualità (ah, l’autoironia!). In questo viaggio non-sense e folle, oltre a un movimento prettamente fisico, si esplora come non mai la storia e la psiche della protagonista, ricalcando le orme dell’Ulisse di Joyce e fornendo una rappresentazione che, seppur allontanandosi dallo stile di Martin, ne mantiene l’essenza e ne propone una visione più matura e strutturata.
Nel panorama italiano, Tank Girl è sempre stata relegata a un ruolo secondario, dovendo appoggiarsi a lungo alla compianta Coniglio Editore (sempre nei nostri cuori per la rivista Blue); solo recentemente è stata riscoperta e nobilitata dalla Panini Comics, la quale sta gradualmente riproponendo l’intera saga integrandovi anche i nuovi racconti che Martin ha preso a scrivere dal 2007. A chi fosse interessato ad avvicinarsi a questa saga relativamente sconosciuta, consigliamo ovviamente di iniziare con la raccolta “Uno” o con la sopraccitata Odissea, tenendo però a mente che stiamo parlando di un prodotto letterario che si ama o che si odia, con ben pochi compromessi. A seconda della sensibilità individuale, le scene rappresentate assumeranno significati radicalmente diversi e contraddittori, enfatizzando la natura caotica e surreale nella quale si verrà coinvolti; l’unica certezza è che sia opportuno evitare la trasposizione in celluloide, almeno se prevedete di visionarla da sobri.
-Walter Ferri-