Il lancio di una nuova edizione di Dungeons&Dragons sta al mondo del Gioco di Ruolo come la notizia di una nuova Trilogia di Star Wars (ne fanno un’altra? Ma dai!?!) sta al cinema di fantascienza e l’annuncio di un manoscritto inedito del Prof. Tolkien alla letteratura fantasy: sono notizie che semplicemente non si possono rifiutare (come direbbe don Vito Corleone). Abbiamo già detto la nostra riguardo allo Starter Set di D&D 5.0 (o Next che dir si voglia) qui, ed ora ci apprestiamo, dopo un discreto periodo di prove e ponderazioni, ponzando e riponzando, a dare un insindacabile, infallibile e di conseguenza democraticissimo responso sul Player’s Handbook. Trattasi, come anche gli Xorn sanno dai tempi della 3.0, del primo manuale della classica Trimurti che compone il regolamento completo dell’edizione: cioè il manuale che affronta l’intera questione dal punto di vista dei giocatori (gli altri due, il Monster Manual e il DM’s Guide saranno oggetto di future recensioni).
Come avrete astutamente dedotto dai titoli inglesi, anche i manuali saranno disponibili esclusivamente nella lingua della perfida Albione, come preannunciato: niente italiano. Non starò a tediarvi ulteriormente col mio giudizio negativo sulla mancata localizzazione; mi limito solo a ricordare, a chi mi fa notare che l’inglese sta al GdR come la patente alla macchina, che l’inglese da GdR non è esattamente dei più facili e dei meno tecnici: quindi per restare alla metafora automobilistica, se è vero che per guidare ci vuole la patente, nessuno però si aspetta che chi ha la patente sappia guidare una Formula Uno. Dato che, come vedremo, la Wizards con questa edizione cerca apertamente di sfondare tra il pubblico giovane e neofita, trovo ci sia quantomeno una punta di incoerenza in tutta la faccenda.
Questa volta, prima di sedermi alla tastiera e contrariamente alle mie abitudini, ho preferito aspettare qualche tempo e cercare di far sedimentare le mie sensazioni. Invece, tutte le volte che mi sono trovato in questi giorni a riflettere sulla 5.0 e sul nuovo(?!?) regolamento, mi è regolarmente salita un po’ di scimmia: più ci penso e più ho l’impressione che questa edizione sia stata in parte una gigantesca occasione, gettata alle ortiche, di tornare ai fasti di un tempo.
C’era una volta….
…la 3.0/3.5. Eh sì, non c’è nulla da fare. Il moloch della vecchia edizione aleggia come lo spirito del Creatore sulle acque di D&D 5.0 (perdonate, oggi mi sento particolarmente lirico). Vuoi per le molte, tante, tantissime (forse troppe?) somiglianze col vecchio sistema, vuoi perché l’impianto di gioco è sostanzialmente lo stesso, vuoi per la volontà di recuperare un d20 vero e proprio (dopo la coraggiosa ma mal calibrata scelta di implementare un sistema diverso nella fallimentare 4.0), sta di fatto che nel commentare questa nuova edizione non si può prescindere da paralleli con la vecchia. Questo non per indulgere in fastidiose nostalgie, ma perché il paragone col passato mai come in questo caso può aiutare a capire la 5.0: e dato che recuperare i meccanismi del d20 è stata sicuramente una scelta deliberata da parte degli autori, una recensione onesta non può non tenerne debito conto. Ma andiamo con ordine.
Grafica e lettering
Tanto per contraddirmi e tornare subito alle nostalgie canaglie, parliamo di formato, lettering, impaginazione ed estetica: la sensazione, intensa, di un salto nel passato in presenza dello Starter Set si fa fortissima nel caso del P’sH. Ho in mano un buon vecchio manuale formato A4 di 322 pagine, copertina cartonata rigida e immagini a colori. Gli Art Departments della Wizards si sono davvero superati stavolta, a mio parere, riuscendo a coniugare una grafica ed un lettering ancora più puliti ed essenziali rispetto alle precedenti versioni, con un tono epico che dovrebbe essere il marchio di fabbrica dell’intera edizione. Ciò è reso in modo ancora più evidente nelle illustrazioni, che spaziano in qualità dal buono al capolavoro: le tavole sono molto più realistiche e dettagliate rispetto al passato, l’attenzione all’anatomia è spasmodica e alcune possono essere definite quasi caravaggesche. Insomma un deciso salto di qualità rispetto alle (già buone) illustrazioni delle versioni precedenti; da questo punto di vista, il P’sH è promosso a pieni voti.
Regole, niente più che regole...
E veniamo al nocciolo della questione: il regolamento. Come già spiegato in sede di recensione dello Starter Set, abbiamo a che fare con il più classico dei d20 di montecookiana memoria, parzialmente modificato e riarrangiato per andare in un’unica direzione: la velocizzazione dell’azione di gioco e l’alleggerimento del lavoro del master e dei giocatori. E qui vorrei, a scanso di equivoci, sottolineare il concetto che di per sé questo è un intento più che lodevole a fronte di un regolamento che, con gli anni, si era oggettivamente appesantito troppo. Il problema è in che modo questa semplificazione viene fatta e per quale tipo di pubblico viene calibrata. Credetemi, il nocciolo della questione è tutto qui.
Gli autori hanno fatto dapprima una bella opera di potatura della vecchia 3.5, mantenendo la maggior parte delle dinamiche, ma semplificandole ove possibile: per esempio, ora si dà adito ad un attacco di opportunità esclusivamente uscendo dalla portata dell’arma di un nemico (e non più muovendosi, entrando, o addirittura castando una spell come nella 3.0); oppure sfrondando le manovre di combattimento, delle quali restano le più usate come Schivare (la vecchia Difesa Totale), Ritirarsi (evitare l’attacco di opportunità sacrificando la possibilità di attaccare per quel turno), Aiutare (attaccare sui fianchi), Correre e via dicendo; oppure riorganizzando l’equipaggiamento, per esempio le armature o le armi (notevolmente ridotte in numero rispetto alla 3.5): le prime ora hanno una loro classe armatura propria che parte da 11 e va a salire all’aumento della protezione (cui va eventualmente aggiunto tutto o parte del bonus di Destrezza), che va interamente sostituita alla CA del personaggio nudo, proprio per evitare calcoli; le seconde invece sono classificate da tiro e da mischia, ad una mano, due mani o ibride e basta. Se sono da mischia si aggiunge il modificatore di Forza, se sono da tiro quello di Destrezza, anche ai danni (oppure la Dex si può aggiungere ai danni a particolari armi da mischia leggere che hanno la proprietà Finesse). E poco altro. Il risultato di questo riarrangiamento è l’esigua quantità di pagine dedicata alle sezioni Combattimento, Esplorazione ed Equipaggiamento: una trentina scarse sommando tutte e tre. No, non è un errore di battitura, avete capito bene.
Inutile nascondersi però che su questa impalcatura semplificata si vanno ad innestare le uniche due vere meccaniche di gioco nuove di zecca: il sistema di Advantage/Disadvantage e il nuovo sistema di Competenze, che va a toccare pesantemente tutti gli aspetti del gioco, compresa la creazione dei personaggi. Advantage/Disadvantage significa che, in occasione di circostanze, incantesimi o feature che ostacolano o favoriscono un tiro, al posto della pletora di bonus o malus della 3.5 (-2,+4,+1,-2 ecc.) da aggiungere o sottrarre al tiro di dado, semplicemente in caso di vantaggio tireremo due d20 e terremo il migliore (cioè raddoppieremo le possibilità di riuscita), in caso di svantaggio tireremo due d20 ma terremo il peggiore (dimezzeremo le possibilità di riuscita). È questa probabilmente l’innovazione più riuscita della 5.0: la regola è ben bilanciata, veloce, immediata e fa piazza pulita di calcoli inutilmente astrusi, alleggerendo il lavoro del master (ma anche dei giocatori) non di poco, senza togliere alla meccanica di gioco la profondità tattica o limitare in alcun modo le scelte di chi si siede intorno al tavolo. Attacchiamo sul fianco un nemico impegnato in combattimento con un nostro alleato? Niente calcoli con bonus e malus sul tiro di dado: avremo Advantage e tireremo due d20, tenendo il migliore. Attacchiamo alla cieca un nemico immerso in una zona di oscurità? Posto che indoviniamo la casella nella quale risiede, tireremo comunque con Disadvantage: due d20 e terremo il peggiore, senza inutili tiri percentuali per simulare la difficoltà. Al di là di questa regola obiettivamente riuscita, si può notare dagli esempi di cui sopra come le meccaniche di gioco per la maggior parte rimangano non solo simili o ispirate ma in molti casi identiche al vecchio 3.0/3.5.
(In)Competenze
E veniamo alle dolenti note, ovvero al nuovo sistema di competenze e, per estensione, al nocciolo della questione di un P’sH; cioè il sistema di razze, classi, equipaggiamento, background e personalizzazione del proprio PG. E qui, il furore semplificatorio è decisamente sfuggito di mano negli uffici Wizards: ok semplificare, ma con un criterio, per favore. Scordatevi il Bonus di Attacco Base, il bonus ai TS, i gradi nelle abilità. Spariti. Ma come, direte voi, come si simula la progressione di livello, allora? Semplice, viene tutto fuso in un mistico Bonus di Competenza o Proficiency Bonus (rullo di tamburi). Si tratta di un bonus che va aggiunto al tiro del d20 e al bonus di caratteristica (Ing “Ability”) sulla base del fatto che un personaggio sia “proficient” nelle cose più svariate che si possano immaginare, una particolare arma, una particolare abilità, una particolare abilità da incantatore: se si ha, si aggiunge il bonus, se non si ha, si confida solo ed esclusivamente nel bonus di caratteristica. Punto e basta. Il tiro base della meccanica di gioco della 5.0 infatti, diventa un tiro di caratteristica. Un tiro per colpire sarà basato sul lancio di un d20 più il bonus di Forza o di Destrezza a seconda dell’arma usata, più il bonus di “attacco” esclusivamente se saremo “proficient” nell’arma che stiamo impugnando. Un tiro per attraversare a nuoto un fiume sarà un lancio di d20 più il bonus di Forza, più il bonus di abilità esclusivamente se saremo “proficient” in “athletics”, nel quale rientra il saper nuotare. Le abilità (Ing. “Skill”) vengono quindi declassate a specifici ambiti di applicazione di un tiro sulla caratteristica e in quelle, e solo in quelle, si può essere competenti. Non solo le abilità sono ridotte drammaticamente in numero (ne rimangono superstiti una ventina rispetto a quelle della 3.5), non solo esiste un’unica tabella di progressione/livello per questo “proficiency bonus”, uguale per tutte le classi (non scherzo), ma addirittura il bonus è uguale per tutte le abilità, armi, attrezzi in cui si è “proficient” ad un dato livello. Per esempio, il nostro maghetto per i livelli dal 1° al 4°, avrà un bonus di proficiency di +2 in Sapienza Arcana, Balestra leggera, Incantesimi Arcani, TS su Intelligenza e su Saggezza (I TS nella 5.0 sono su tutte le caratteristiche) e, poniamo, Attrezzi da Erborista. In tutte le precedenti abilità o tiri che vedano coinvolti i suddetti armi e attrezzi, aggiungerà sempre il suo + 2, altrimenti se la dovrà cavare con il bonus di caratteristica e basta. Al 5° livello, tutte le abilità suddette passeranno a +3. E questo è tutto. Ma come, direte voi, e se volessi dare un punto in più a Sapienza Arcana e due in più a Intimidire? Non si può. Il sistema non lo consente. Il sistema ha già deciso per voi quando avete scelto la classe e il background.
Poco male, mi direte, la personalizzazione sarà spostata sulla scelta delle nuove abilità col progredire del livello! Neanche per idea. Le abilità assegnate, non scelte, saranno due in base alla scelta del background e due da scegliere su un totale di cinque in base alla scelta della classe, e quelle rimarranno dal 1° al 20° livello. Alla fine della sezione background si specifica che le due abilità assegnate, se non riscontrassero il gradimento del giocatore, possono essere cambiate a piacimento con qualsiasi altre due. Ma allora perché sacrificare completamente la libertà del giocatore nella progressione del personaggio, per poi darne troppa in fase di creazione svuotando un meccanismo che poteva essere buono come quello della scelta del background? Che senso ha? D’accordo, direte voi, ci rimangono pur sempre i talenti e le multiclassi per personalizzare il nostro eroe…ma quando mai! Multiclassi e talenti vengono presentati come regole opzionali (!), liquidate nel giro di sei pagine sei, in modo quasi infastidito, e comunque utilizzabili “esclusivamente con l’autorizzazione del master”. E in ogni caso i talenti sono ridotti ad un numero e ad una profondità di caratterizzazione tragicamente inferiore a quelli della 3.5, senza nessuna possibilità di combo tra di loro!
A tutto questo aggiungete il fatto che la progressione delle feature delle classi è tremendamente ingessata (per esempio i talenti di metamagia sono solo più appannaggio dello stregone; il mago deve per forza specializzarsi; e via di questo passo) e poco personalizzabile (tanto che gli autori sono dovuti correre ai ripari inserendo delle “Carriere”, cioè specializzazioni interne ad ogni classe, per dare un minimo di scelta al giocatore. Per esempio un guerriero potrà scegliere ad un certo livello se intraprendere la via del Champion, del Battle Master o dell’Eldritch Knight che garantiscono feature diverse pur rimanendo all’interno della classe del guerriero – se avete pensato a delle Classi di Prestigio interne alle classi normali, avete pensato quello che ho pensato io, per cui sono curioso di vedere se e come saranno presenti le CdP nella DM’s Guide.); ed ecco che il quadro si fa fosco e tristanzuolo, almeno per un giocatore smaliziato in cerca di un aumento della personalizzabilità, sicuramente non di una diminuzione.
Ed è proprio questo il punto nodale. Tutto, in questa nuova edizione, sembra frutto di una scelta ben precisa di target da parte della Wizards; a partire dal regolamento che è, fuori dai denti, una 3.5 depotenziata e semplificata. Non la definisco una 3.6 che poi gli adepti di Pathfinder si inquietano, a questo punto calza di più dire che questa non è una 5.0, ma una 3.4. Continuiamo poi con questa tremenda semplificazione di scelte in chiave di progressione di livello, inaccettabile per qualunque giocatore veterano: un Maestro Jedi di una galassia lontana lontana potrebbe dire che “una volta che un cammino intraprendi, per sempre esso dominerà tuo destino”, e mai come in questo caso è letteralmente vero. Insomma, dicano una volta per tutte che la 5.0 è stata concepita per giocatori neofiti o completamente esordienti e la facciamo finita, perché questa è la nuda verità. Mi rifiuto di pensare che questo sia ciò che hanno cercato decine di migliaia di giocatori nel mondo durante il playtest. O gli hardcore player americani (che erano la maggioranza dei playtester) pensano in modo diverso dal resto del mondo, o c’è qualcosa che non torna.
Tutto ciò fa passare, se vogliamo, in secondo piano quel che di buono ci si è sforzati di introdurre in questa nuova edizione. Per esempio la scelta del background (esempio: “Soldato”, “Artista”, “Eremita”) che comporta l’implementazione automatica nel punteggio di proficiency di due skills e uno o più tools, uno o più linguaggi a scelta, equipaggiamento e suggerimenti sulle caratteristiche del personaggio. In questo modo il background non è più un vuoto esercizio di retorica, ma la scelta del passato e della carriera del personaggio influenzano direttamente anche se marginalmente le statistiche dello stesso. Oppure la scelta di favorire l’approccio interpretativo dei giocatori, sia con dettagliati esempi e consigli su come condurre il roleplay (e questo dimostra una volta di più come la 5.0 sia stata pensata con particolare riguardo per gli esordienti) sia con l’implementazione di meccaniche che premiano l’interpretazione, come l’Ispirazione, con la quale il DM assegna punti ispirazione ai giocatori (spendibili come Advantages su tiri di dado a scelta) in conseguenza di comportamenti particolarmente aderenti al background del personaggio o interpretazioni attoriali memorabili.
E quindi, con i rintocchi a morto della torre campanaria di Waterdeep nel cuore, andiamo a tirare le somme.
– Luca Tersigni –
- Advantages/Disadvantages
- Il ritorno del d20 system
- Lo sforzo di integrare fattivamente background e roleplay nelle meccaniche e nelle statistiche di gioco (nella 3.0 erano solo dei graziosi orpelli e nulla più)
- E' troppo, troppo, troppo simile a una 3.5 semplificata (troppo)
- Non è fatta per chi cerca libertà di caratterizzazione del personaggio
- La sensazione di essere marionette nelle mani del rigidissimo sistema di avanzamento è davvero forte