Spazio, ultima frontiera. Qui è proprio dove Illyon vuole condurvi, dove le stelle sono più luminose, all’esplorazione di strani nuovi mondi, alla ricerca di altre forme di vita e civiltà, fino ad arrivare là dove nessun uomo è mai giunto prima. Sì… Forse mi sono lasciato prendere un po’ troppo la mano, ma vi assicuro che la citazione della storica apertura di Star Trek è quanto mai azzeccata, visto l’argomento che stiamo per trattare, ovvero la fantascienza a 360 gradi e in tutte le sue forme espressive, argomento che svilupperemo insieme lungo una serie di articoli di approfondimento, in cui ci soffermeremo sui tanti sottogeneri della Science-Fiction, andando a ricercare e ad approfondire per ognuno di essi gli esempi più interessanti nei vari ambiti, come il cinema o i fumetti, partendo sempre dalla base letteraria da cui tutti hanno originariamente attinto. Giustamente, si potrebbe obiettare che già la categorizzazione in generi della letteratura sia qualcosa di iniquo, capace solo di portare a pregiudizi insensati, figuriamoci parlare di sottogeneri! Quante volte, in effetti, abbiamo sentito la frase: “Quel libro è di fantascienza? Allora no, non mi piace!”, quando in realtà l’unica vera differenza che si dovrebbe fare in questo campo è tra buona e cattiva letteratura, tra libro valido e non valido? Ma, nel nostro caso, utilizzeremo le classificazioni del genere fantascientifico semplicemente per una comoda suddivisione degli argomenti e per analizzare a fondo le forme che ha assunto nel tempo.
Iniziamo subito con la categoria che per molti (anzi, per troppi, soprattutto tra i non addetti), rappresenta tutto l’immaginario fantascientifico, diventando quasi sinonimo (in senso dispregiativo) della Science-Fiction stessa: la space opera. È un po’ come quando sentiamo definire l’animazione giapponese “combattimenti tra robottoni” da qualcuno che ne sa poco. Ecco, per molti la fantascienza coincide con i combattimenti tra navi spaziali, le esplosioni planetarie e i salti nell’iperspazio. Questa visione indica che si è rimasti indietro agli inizi del Novecento, quando proprio questo tipo di storie impazzava nelle riviste del settore, come Amazing Stories, e il genere fantascientifico, davvero, poteva identificarsi quasi esclusivamente nell’ambito del racconto avventuroso e dell’epopea spaziale.
Il termine space opera è stato coniato dallo scrittore Wilson Tucker nel 1941 per indicare, ironicamente, una variante fantascientifica della soap opera, di quei radiodrammi sentimentali che all’epoca andavano tanto di moda. D’altronde, soprattutto nelle sue prime produzioni, la space opera era caratterizzata da un romanticismo melenso e da trame piuttosto dozzinali, che raramente si discostavano dallo stereotipo dell’eroe spaziale di turno che con la sua astronave salvava la principessa rapita da qualche sorta di razza aliena. Com’è facilmente intuibile, qui il genere fantascientifico si confondeva molto con quello più propriamente fantasy, con l’unica differenza che la magia era sostituita dalla tecnologia e l’esotismo delle ambientazioni misteriose con le esplorazioni di pianeti lontani. Tra tutte le opere di questo primo periodo, ad avere avuto più successo sono sicuramente quelle che compongono il Ciclo di Marte di Edgar Rice Burroughs, più conosciuto per essere il creatore di Tarzan. E, grossomodo, infatti, il personaggio di John Carter, protagonista della saga marziana, e il re della jungla, hanno molto in comune.
Il capitano John Carter, ex ufficiale dell’esercito sudista durante la guerra d’indipendenza americana, si ritrova suo malgrado, dopo essere rimasto imprigionato in una miniera, nelle sterminate pianure marziane, un ambiente a lui ostile, ma che gli donerà anche una forza sovrumana e la capacità di fare salti prodigiosi, a causa della minore forza di gravità del pianeta rosso. Come con Tarzan quindi, le cui vicende si svolgono all’interno della foresta più impenetrabile e oscura, ci troviamo di fronte ad un protagonista dalle capacità fisiche superiori, che dovrà lottare e superare mille avventure per salvare, in una visione prettamente maschilista, il suo grande amore, la bellissima principessa (ovviamente!) Dejah Thoris. Potremmo discutere a lungo sulla natura fantasy o fantascientifica dei romanzi di Burroughs, ma forse la soluzione migliore è quella di farli rientrare nel filone della Science-Fantasy. La questione si ripresenta, in fondo, con quasi tutte le opere di space opera, non solo letterarie. Come considerate infatti Star Wars, con i suoi cavalieri, spade e principesse: fantasy o science fiction? Ci torneremo meglio in seguito.
Ovviamente, con il passare del tempo, questa prima forma di space opera è stata completamente superata, abbandonando personaggi e situazioni troppo abusati. Senza rinunciare al carattere marcatamente avventuroso tipico di questo sottogenere, attraverso le peripezie dei protagonisti si comincia a raccontare anche altro, a trattare temi più profondi e complessi. Abbiamo così opere di indiscusso valore come il Ciclo di Dune, di Frank Herbert, che con il primo romanzo della saga vinse sia il premio Hugo che il Nebula, i più alti riconoscimenti nell’ambito del fantastico. Tra le lande desertiche del pianeta Arrakis, a cui George Lucas deve tanto, per sua stessa ammissione, nella creazione del suo Star Wars, Herbert racconta la lotta tra il popolo degli Atreides e quello degli Harkonnen per le preziose risorse ambientali, inserendo così la tematica ecologista all’interno della narrazione. Altri esempi possono essere il Ciclo della Cultura di Iain M. Banks, del 1987, o la saga di Ender, di Orson Scott Card, vincitore anch’egli dell’Hugo e del Nebula con il suo romanzo più noto (anche da noi), Il gioco di Ender (1985), il quale dà inizio alle avventure che vedono il giovanissimo omonimo protagonista imparare a essere un arma contro l’invasione degli alieni conosciuti come Scorpioni, e che ci fanno riflettere sulla moralità del sacrificio di un solo individuo a favore del bene comune, anche quando con questo si intende la salvezza dell’intera umanità.
Sono tante le tematiche che nel corso degli anni sono state inserite all’interno delle storie avventurose ambientate nello spazio, ma senza ombra di dubbio il capolavoro letterario di questo genere è rappresentato dalla Trilogia della Fondazione, nata dalla penna e dalla fantasia di quel mostro sacro che risponde al nome di Isaac Asimov. Con Fondazione (1951), Fondazione e Impero (1952) e Seconda Fondazione (1953) Asimov vinse nel 1966 il premio Hugo come miglior ciclo fantascientifico, e non a caso. La vastità che si respira all’interno di questi romanzi e l’epicità degli eventi narrati lasciano il segno nel lettore, che si sente quasi spaesato per le proporzioni dell’opera che ha in mano. Del resto vengono narrate le vicende che si sviluppano durante i mille anni della formazione di un nuovo Impero Galattico, unico baluardo alla minaccia del medioevo di trentamila anni di barbarie e oscurità che si profila all’orizzonte. Questo, almeno, è il futuro previsto dallo scienziato Hari Seldon che, attraverso la psicostoriografia, una nuova disciplina basata sulla ciclicità della storia, riesce a calcolare l’imminente decadenza della sua civiltà.
Per evitare la completa scomparsa della cultura e del sapere del loro tempo, un gruppo di scienziati viene mandato su un pianeta periferico con lo scopo di creare una monumentale Enciclopedia Galattica, ma questa è solo la copertura per un compito ben più importante, ideato dallo stesso Hari: fondare il nucleo del nuovo Impero Galattico che rappresenterà la salvezza dell’umanità. Attraverso la storia di questa nuova colonia vengono toccate tutta una serie di tematiche di grande attualità, come la religione, l’economia, la guerra, che rendono l’immenso affresco del futuro della storia umana ancora più avvincente e realistico. Nella Trilogia si può ritrovare l’ottimismo e quella fiducia incondizionata verso la scienza e nelle capacità dell’uomo che sono, del resto, presenti in tutte le opere di Asimov e che possono forse renderlo ai nostri occhi un po’ superato e anacronistico, visto l’atteggiamento molto più cauto che abbiamo oggi nei confronti dello sviluppo scientifico.
Abbiamo dato uno sguardo d’insieme all’aspetto letterario della space opera, che sebbene sia stato molto rapido, me ne rendo conto, ci ha permesso di soffermarci sull’origine di questa tipologia di Science- Fiction e sulla sua evoluzione. Eppure è in altri ambiti che il genere ha avuto maggior successo, come quello televisivo, con serie famose e senza tempo come Star Trek, diventata una vera e propria icona della fantascienza, o quello cinematografico, con il vastissimo universo narrativo che ruota sulle due trilogie di Star Wars. Ma di questo avremo modo di parlare nel prossimo articolo e, nell’attesa, potete raccontarci dei vostri viaggi interstellari, commentando sotto, prima di effettuare il salto nell’iperspazio!
– Davide Carnevale –