Qualche tempo fa, non molto a dire il vero, se ti mandavano in Siberia c’era poco di cui essere allegri. Oggi invece ci andremmo per fare ameni documentari sugli orsi polari o per intraprendere una ricerca visionaria degli ultimi esemplari esistenti di mammut, come stiamo per fare proprio grazie a Syberia, una delle avventure grafiche che hanno fatto la storia del genere.
Stiamo parlando di un gioco pubblicato nel 2002, quindi di un prodotto d’annata, e proprio a ragione di questo ne parleremo con il dovuto rispetto, senza sezionarlo in ogni sua parte per trovare il difetto grafico che farà storcere il naso a chi, troppo giovane, è sempre stato abituato a comparti visivi al limite dello strabiliante, e senza approfondimenti troppo tecnici. Quello che voglio cercare di trasmettere sono le ragioni del perché una persona si dovrebbe rimettere ora, dodici anni dopo, in viaggio verso la poetica Syberia di Benoît Sokal, e rispondere alla semplice domanda che dovrebbe essere alla base di ogni recensione di retrogames, ovvero: cosa può darci ancora un gioco che ha visto la luce così tanti anni fa? Di un genere, quello dei “punta&clicca” che mentre in passato era apprezzato e offriva prodotti di grande rilievo (Monkey Island, Broken Sword, Gabriel Knight solo per citarne alcuni alla spicciolata), oggi sembra destinato all’oblio. Ma andiamo con ordine…
Ho parlato della Syberia di Benoît Sokal, e non magari della Microids (la software-house che ha prodotto il titolo in questione) perché prima di tutto Syberia è e resta un’opera d’arte. Forse il lavoro più bello del fumettista belga, Sokal appunto, in cui ogni sfondo, ogni piccolo particolare è talmente ricco di fascino da far scattare quella “sospensione dell’incredulità” che ci farà completamente dimenticare che il gioco ha troppi anni sulle spalle, pur vedendoli tutti nei pochi poligoni con cui sono realizzati i personaggi, o nelle loro movenze legnose e spesso ridicole. La nostra attenzione sarà, però, tutta assorbita nell’ ammirare gli splendidi scenari che Sokal ha disegnato per il gioco, talmente evocativi da essere sufficienti, da soli, ad assorbirci in un mondo onirico e allo stesso tempo convincente.
La storia parte nel paesino inventato di Valadilène, tra le Alpi francesi, dove si è recata la protagonista dell’avventura, di cui vestiremo sempre i panni, Kate Walker, giovane e promettente avvocatessa di New York giunta nel vecchio continente per concludere, per conto del suo studio, l’acquisizione della fabbrica della famiglia Voralberg, produttrice di automi ad orologeria di grande qualità. Non c’è da stupirsi insomma che sia fallita. Ma quella che doveva essere una rapida trattativa si rivelerà un’avventura che cambierà profondamente Kate, la quale, come dice il suo stesso cognome, dovrà camminare molto, fino a raggiungere i luoghi più sperduti della Siberia alla ricerca dell’ultimo discendente dei Voralberg, Hans, geniale inventore ossessionato dalla preistorica figura dei mammut, inizialmente con l’intenzione di fargli firmare il contratto di cessione dell’attività di famiglia, per poi dimenticare completamente il suo lavoro, e con esso la sua vecchia vita.
È proprio questo cambiamento in Kate a renderla un personaggio profondo, credibile, a cui ci affezioneremo, fino ad arrivare a provare i suoi stessi sentimenti, anche in situazioni della sua vita privata, come il rapporto con il fidanzato Dan, suo collega a New York. Sono davvero pochi i videogiochi a vantare una simile cura psicologica dei propri personaggi, tanto che potremmo accostare Syberia ad uno splendido romanzo. Un romanzo steampunk, per l’esattezza.
Proprio così, steampunk, un ulteriore elemento che ci avverte dell’unicità di questa avventura grafica. Il mondo videoludico ha dato scarsissima attenzione a questo tipo di ambientazione, preferendo scenari più futuristici o, nel caso del fantasy, medievaleggianti. Ultimamente pare che ci sia stata un leggero cambiamento di rotta, grazie a giochi recenti come Dishonored, ma prima di Syberia mi vengono in mente solo Arcanum: of Steamworks and Magick Obscura e la serie di Thief che sfruttino i canoni di questo particolarissimo genere. In ogni caso, con Syberia ci troviamo di fronte a qualcosa di diverso, di più poetico e romantico. Gli automi che popolano il suo mondo, nati dalla mente spezzata ma al tempo stesso geniale di Hans Voralberg, sembrano malinconici simulacri che vivono il dolore della loro condizione. Da questo punto di vista Oscar, l’automa che ricostruiremo e che guiderà il treno a molla con cui viaggeremo (sì, ho detto treno a molla, in pieno stile steampunk!) rappresenta uno dei personaggi più riusciti dell’intera storia. Un po’ C-3PO, con momenti di leggerezza assolutamente godibili, un po’ aristocratico macchinista inglese di fine Ottocento, Oscar ci farà provare una vasta gamma di emozioni, facendoci riflettere più di una volta e, almeno in un caso, riuscendo a commuoverci come mai avremmo creduto di fare per una macchina.
La caratterizzazione dei personaggi è valorizzata da un doppiaggio italiano davvero curato, non esente da qualche stonatura ma nel complesso gradevole e ben fatto, e non è una cosa di poco conto, perché una voce azzeccata può essere decisiva, soprattutto in un genere come quello delle avventure grafiche, dove tutto è retto dalla storia e dai dialoghi. Il sistema adottato per questi ultimi, poi, è davvero ben congeniato, perché avremo un taccuino in cui saranno annotate le parole chiave che sbloccheranno nuovi dialoghi, che, a loro volta, porteranno ad ulteriori indizi e dettagli da investigare. Ci troviamo di fronte insomma ad una sorta di romanzo interattivo di vastissimo respiro, immenso quanto le gelate distese della poetica Siberia immaginata da Sokal. La storia è sviluppata in due capitoli, ma Syberia II è così legato al primo sia per trama che per caratteristiche tecniche (il motore grafico è praticamente lo stesso, con pochissime migliorie) che, giocandoli di seguito, difficilmente ci si accorge di essere passati da un titolo all’altro. Il mio suggerimento è di considerarli come un unico gioco, troppo grande per essere contenuto in un solo CD (eh sì, stiamo parlando di Compact Disk, che ormai sembrano vintage quasi quanto i vinili).
L’ annuncio per il 2015 di un terzo episodio della saga, tra la gioia di tutte quelle persone che non hanno mai cancellato dal loro cuore il viaggio di Kate Walker e di Hans Voralberg, ci rende più facile il rispondere alla nostra domanda iniziale: ha ancora qualcosa da darci un gioco di dodici anni fa? Ebbene sì; una storia che non potrà non affascinarci, dei personaggi che impareremo a capire, a conoscere, e a cui finiremo per affezionarci, un mondo romantico e pieno di mistero, con segreti nascosti in ogni dove, che sia tra il ghiaccio di un mondo preistorico o tra gli ingranaggi di una fabbrica di automi. Non si può chiedere di più da un’avventura grafica. E credo che non sia poco, in un periodo in cui, anche nel campo videoludico, si sogna così di rado…
– Davide Carnevale –
Retrogaming: Syberia
Isola Illyon
- Ambientazione estremamente affascinante;
- Gli scenari di Sokal sono delle vere e proprie opere d'arte;
- Personaggi profondi e ben sviluppati nel corso della storia;
- Enigmi ben congegnati e vari.
- Il secondo capitolo viene adombrato dal suo predecessore;
- Alcune musiche, seppure piacevoli, un po' sottotono;
- Alle volte il ritmo può sembrare troppo lento;
- Dobbiamo ancora aspettare per un Syberia 3...