Chi ha detto che la nostra Isola deve occuparsi solo di intrallazzi elfici e di rapporti a luci rosse naneschi? Se provassimo a fare una sorta di “volo pindarico” e ad approdare su lidi poco esplorati, come quelli dell’arte, dell’alchimia e dell’esoterismo, ci seguireste? Proviamoci!
Lungi dall’essere Alti Maestri Alchemici e tanto meno professorotti universitari di chissà quale borgo, questo nostro viaggio oggi avrà semplicemente la “presunzione”, se così vogliam chiamarla, di condividere conoscenza e fatti storici che hanno molto più in comune con il mondo dell’occulto, del magico che con il resto di altri ambiti più pratici e concreti.
Se la nostra prima intenzione è quella di tracciare una sorta di “vena fantasy” all’interno dell’ Arte, della Storia e di date passate di certo non possiamo andare a zonzo nello spazio e nel tempo, ma è più consigliabile focalizzarci su un preciso periodo,e su un preciso autore. Per nostra fortuna abbiamo già scelto tutto il necessario e così la nostra avventura può iniziare, sperando sia di farvi ricordare qualcosa che già sapevate – ma che forse avevate dimenticato – lasciandovi il piacere della scoperta (cit.). Di chi parleremo dunque? Il vincitore di oggi, ai nostri microfoni solo per stavolta per un’eccezionale riesumazione è: il famoso ed unico Albrecht Dürer!
Come molti di voi già avranno notato dal titolo è proprio del tedesco appena citato di cui andremo a parlare e di una sua opera in particolare (sicuramente tra le sue più famose), che sia appassionati che profani avranno almeno una volta visto o sentito nominare: “Melencolia I”.
Piccola premessa: si può dire in molti modi diversi, tutti esatti: melencolia, melanconia, malinconia e cosi via.
Il nostro Signor A.D. è considerato senza ombra di dubbio uno dei maggiori, se non addirittura il più grande esponente del periodo rinascimentale tedesco e basta farsi una semplice carrellata delle sue opere per scoprire che il giovanotto aveva talento da vendere già durante i primi passi. Ma tralasciamo tutta la sua storia che qui troverebbe poco spazio per esser condivisa, e concentriamoci nel dire che le sue più grandi doti sono emerse nella pittura ma soprattutto nell’incisione e che, durante i suoi molteplici viaggi in tutta Europa (Italia compresa) finì per interessarsi sempre più ai temi dell’esoterismo e al neoplatonismo. Ed è qui che finalmente entra in gioco ciò che più ci piace: l’occulto e il fascino per il sovrannaturale. Così, a cavallo tra il 1513 e 1514 completò la sua più famosa incisione: un grandissimo omaggio alla simbologia alchemica, astrologica sopravvissuta fin a quel periodo. Una grande allegoria chiamata Melencolia I. Non state tanto a scervellarvi su quell'”uno”, il quadro fa parte di una sorta di triade di incisioni (ecco perché “uno”), di cui però al momento non è interessante dire altro per il nostro scopo.
“Melencolia I” suscitò sin dal primo momento (e lo fa ancora ora) grande interesse da parte di studiosi e decifratori: nell’opera, infatti, vi sono talmente tanti richiami e simbolismi, che forse alcuni son ancor tutti da scoprire. Ovviamente non mancarono i fanatici che incominciarono a vedere in Dürer una sorta di grande affiliato esoterico delle arti oscure (ed è bene sottolineare che questa moda di pensiero si è sviluppata ora, nel terzo millennio, mentre invece nel 1500 avevano già tutti le idee chiare ed erano tutti meno complottisti di adesso!), ma tralasciando queste congetture non si può negare che la cripticità dell’opera lasciò spazio a fervide immaginazioni e le storie sul suo conto cominciarono a diventare le più strane e variegate.
A noi interesseranno soprattutto i richiami magici e alchemici, perché in fondo il fantasy moderno di cui tanto ci piace leggere e scrivere si basa sulle esperienze passate: se Illyon fosse vissuta 500 anni fa avremmo scritto di pozioni e dell’ultimissimo, appena uscito, quadro di Dürer; però pensandoci bene lo facciamo anche adesso…
Tornando a noi: l’opera presenta uno degli elementi più discussi e chiacchierati di sempre, che ancora rende la Melencolia qualcosa di assolutamente unico: il quadrato magico.
Il quadrato magico non è al centro del soggetto, è quasi nascosto sul muro in alto a destra e ad un occhio distratto può sembrare un nulla di che, ma in realtà il suo potere (magico, certo) ma soprattutto “matematico” è qualcosa di assolutamente fuori dal comune. Costruire un quadrato magico non è poi così difficile, soprattutto ora che su internet o con un po’ di formule matematiche si ci può ritrovare piuttosto agevolati, ma qui sta il bello: il quadrato magico di Albrecht non solo rispecchia tutte le leggi alla perfezione per costruirne uno, ma va oltre inserendo ripetizioni e numeri che avrebbero richiesto menti brillanti al lavoro per anni e anni.
Spiegandoci meglio: un quadrato magico è un quadrato, appunto, diviso in righe e colonne in cui vengono inseriti dei numeri,e la somma dei numeri nelle colonne, nelle righe e nelle diagonali deve dare sempre lo stesso valore.
Albrecht Dürer c’è riuscito con un quadrato piuttosto complesso (il più semplice è costruibile in 3×3, mentre il suo è di 4×4) dando la somma del numero 34. L’unicità del quadrato dell’incisore tedesco sta però che il 34 è possibile ricavarlo anche se si sommano i numeri nei quadrati più piccoli di 2×2 che compongono l’oggetto in esame. Già questo lasciò stupiti molti studiosi, ma le sorprese non finirono di certo qui, perché oltre ai 2×2 fuori dalla norma, il 34 era possibile ottenerlo anche con la somma di particolari diagonali (come potrete vedere in figura). La ciliegina sulla torta infine, ma di questo è bene precisare che non si sa quanto sia coincidenza e quanto sia volontario, la si nota nell’ultima riga in cui il numero 4 starebbe per D (Dürer) e l’1 per A (Albrecht), mentre il “1514” nel mezzo sarebbe appunto la data di consegna dell’opera.
Quante probabilità ci sono di ottenere una cosa del genere? Una assoluta coincidenza che fa urlare al cosiddetto “mazzo rotto” oppure qualcosa di più intrigante si nasconde dietro e dentro la mente di Dürer? Non lo sapremo mai, e tralasciando l’atmosfera “Voyageriana” che siamo venuti accidentalmente a creare lasciamo a voi le impressioni.
Tutta la Melencolia però non si ferma certo qui, e la sua simbologia è ancora vasta da analizzare! La figura di spicco non l’abbiamo ancora nominata, eppure è evidente, quanto non scontato, che si tratti di un essere sovrannaturale e surreale: un angelo donna in preda alla bile nera (la malinconia), con lo sguardo perso nel vuoto. Altri oggetti, e di conseguenza “metafore”, circondano la creatura, come l’arcobaleno lunare sullo sfondo, la cometa, il pipistrello portatore del titolo dell’opera.
Tutti elementi a prima vista non correlati tra di loro ma che in realtà hanno un filo conduttore non così celato. La cometa infatti è un richiamo sempre alla bile nera e a Saturno, in quanto si riteneva che quest’ultimo fosse il padrone della malinconia e che una delle sue manifestazioni fossero le comete, eventi astrologici nefasti (per quei tempi).
Poi possiamo notare anche una bilancia appesa ad un muro, simbolo di giustizia vero, ma che qui è più chiaramente un richiamo alla fine dei tempi, in quanto associata con essa vi è anche una clessidra ed una meridiana. Infine l’angelo, nella sua stasi eterna e interminabile ha in mano un compasso, che molto spesso indica lo strumento pratico e (in senso più ampio) la razionalità dell’uomo nel costruire e creare. Ma qui, essendo in mano ad una creatura unica, in un contesto così singolare, alcuni studiosi hanno considerato che fosse più idoneo descriverlo come lo strumento che misura il distacco, mai conoscibile, tra infinito e finito. Tale conoscenza irraggiungibile porta appunto alla malinconia, intesa non come sentimento triste o di lutto, ma come un dolce oblio altalenante, dal quale non è facile liberarsi, e forse non ci si vuole nemmeno liberare.
Forse proprio Dürer si considerava un essere malinconico per via della sua interminabile voglia di conoscenza? Questo può essere il motivo per cui decise di avvicinarsi alle conoscenze esoteriche e alle scienze alchemiche? Nel surreale chissà, forse il limite tra finito e infinito è ancor più sottile. Del resto, anche il nostro pensiero comune ci porta ad associare sempre la malinconia ai grandi artisti, proprio perché rappresenta un modo di “sentire” diverso, più profondo, il mondo che ci circonda.
Che Albrecht ci abbia affascinato è senza ombra di dubbio evidente, e speriamo abbia affascinato anche voi con la sua “conoscenza” fuori dal comune. Non sappiamo se il suo modus operandi, la sua vita e le sue opere siano di carattere così fantastico, questo lo lasceremo decidere a voi, ma siamo certi che ha lasciato un’impronta indelebile nella nostra immaginazione, lasciando un’ombra di mistero cupa quanto basta per concederci di fantasticare.
Se la nostra piccola ricerca nel passato vi è piaciuta e avete voglia di continuare a discuterne, i commenti son sempre ben accetti! Ci si vede alla prossima, magari con qualche altra opera da analizzare, vi va?
Goodbye, malinconia!
– Giulio Marciello –