Quanti di voi conoscono Flash Gordon, personaggio dell’omonimo fumetto di fantascienza partorito da Alex Raymond? Probabilmente non molti, se si tiene conto del fatto che il personaggio in questione è stato creato prima che quel burlone di Hitler decidesse di fare un po’ di casino nel vecchio continente. Ebbene, dall’altra parte dell’Oceano il buon Alex – per la precisione, nel 1934 – dà vita a tre serie di strisce, tra cui vi è, per l’appunto, Flash Gordon.
Il fumetto narra le avventure di Flash (non l’avreste mai detto eh?) e i suoi compari sul pianeta Mongo, la cui traiettoria sembra andare giusto verso la Terra. Il nostro campione di polo, affascinante, biondo come il primo degli svedesi (per differenziarsi dal moro Buck Rogers, primo esploratore dello spazio nel mondo dei fumetti, creato nel 1928), viene spedito sul pianeta fatale dal Dottor Zarkov (nell’edizione italiana Dottor Zarro N.d.R.), insieme alla bella Dale Arden. Il pianeta diventa così il teatro delle loro avventure, tra popoli sconosciuti e sforzi per sventare i piani malvagi dell’Imperatore Ming, monarca del pianeta.
Il fumetto risulta un successo, a partire dal tratto preciso e l’enorme abilità di Raymond nel saper mescolare fantascienza, romanticismo, avventura e finanche erotismo a chiudere l’ordito. Nonostante le illustrazioni colte, il personaggio riesce a fare breccia sia nel cuore dei ragazzini americani, che in quello degli adulti. Il successo, come detto, è forte ed immediato, lo stesso anno della pubblicazione viene prodotto un serial cinematografico dalla Universal e, in pochi anni, ne seguono altri due, tutti interpretati da Buster Crabbe, campione olimpico di nuoto che andava per la maggiore in tutti i ruoli di belloccio/capitan muscolo che il cinema americano poteva offrire. Passano gli anni, ma il nostro biondo è di nuovo protagonista di una serie televisiva nel 1950 e – piano con le zip – una parodia erotica del 1974: Flesh Gordon (gioco di parole tra flash=veloce e flesh=carne). Passano cinque anni e viene lanciata una serie televisiva a cartoni animati mentre, l’anno successivo, allo scattare del decennio, viene presentato il kolossal Flash Gordon diretto da Mike Hodges e prodotto dall’italianissimo Dino De Laurentiis.
La pellicola, uscita nelle sale tre anni sopo Star Wars e Incontri ravvicinati del terzo tipo di zio Spielberg, vuole molto probabilmente viaggiare sulla cresta dell’onda creata dalla rinascita del kolossal fantascientifico. Il problema nasce purtroppo dopo una prima visione della stessa, in cui il distacco dalle altre risulta incolmabile, anche se, ad osservare meglio, ci sono dei punti che vanno sicuramente a favore del film con il biondo terrestre protagonista.
Il film non fu un vero e proprio successone ai botteghini, l’accoglienza dei critici fu oltremodo tiepida, cosa rende quindi “Flash Gordon” un cult del cinema di fantascienza? Innanzi tutto, la prima cosa che colpisce gli occhi – dopo la meravigliosa t-shirt con l’originalissima scritta FLASH, giusto per ricordare chi è il protagonista – sono gli effetti speciali, che non sono proprio dei migliori, eufemismo per un “ridicoli” di baratheoniana memoria. Se non altro, giusto per consolarsi, questa è prerogativa della maggior parte dei film di produzione italiana del tempo: non investire molto negli effetti speciali, senza mettere in dubbio che il film è finzione e quindi è inutile prendersi in giro più di tanto; è farlocco diamine, lo sappiamo tutti! Può essere mai questo il punto a favore? Ovviamente no! Ma considerando che il denaro risparmiato viene usato quasi interamente nella produzione di costumi e scenografie, si può affermare che il punto diventa a favore. La ricerca precisa dell’ambientazione riesce a rendere abbastanza fedeli le atmosfere affascinanti del fumetto: i richiami orientali e la fierezza tedesca della corte di Ming; lo sfarzo e la tecnologia.
Ma quello che veramente è riuscito a dare gloria nel tempo a questo film sono le trovate estemporanee di cui è pieno zeppo, in particolare le scene di combattimento che riescono a toccare l’autoironia e il ridicolo nello stesso momento. Elemento sicuramente di imbarazzo è Sam Jones che interpreta il baldo giovine, la cui interpretazione non è certamente all’altezza, ma è riuscito quantomeno a suscitarmi più di un sorriso. Altro scossone assicurato, quando vedrete quella laida di Ornella Muti girare semi-nuda per Mongo, promettendo di fare all’amore con qualsiasi essere di sesso maschile.
Bene, ma non voglio dilungarmi ulteriormente, è uno di quei rari casi in cui il film si può commentare anche da solo. Il mio consiglio rimane quello di vedere questo film, semmai insieme a degli amici, farsi due risate ed apprezzare quello che i fantastici fantastici anni ’80 avevano e hanno da offrirci.
Dimenticavo, la Fox ha annunciato, in primavera, di aver iniziato a produrre un reboot, su cui stanno lavorando John D. Payne e Patrick McKay, già al lavoro per la sceneggiatura di Star Trek 3.
Vi lascio, cari illyoners, con la pietra miliare della paurosa colonna sonora, firmata nientepocodimenochè dai Queen, già all’epoca signori indiscussi della scena rock mondiale. Pompate il volume!
– Vittorio De Girolamo –
Cine (Fantasy) Retro: Flash Gordon!
Isola Illyon
- Ambientazioni e costumi fedeli
- Combattimenti esilaranti
- Colonna sonora imprescindibile
- Sam Jones, azzeccato come il brodo a Ferragosto
- Effetti speciali discutibili
- Cliffhanger inutile