“Or ti piaccia gradir la sua venuta: / libertà va cercando, ch’è sì cara, / come sa chi per lei vita rifiuta.” – Dante Alighieri, ‘Divina Commedia’ – ‘Purgatorio’, canto I, vv. 70-72
Nella vita di ogni (video)giocatore di ruolo si impone una scelta, una presa di posizione netta, che definisce chi siamo, da dove veniamo, dove vogliamo andare. Non voglio scomodare nuovamente il Sommo Poeta, come ho fatto con la citazione sulla libertà poco sopra, ma piuttosto offrire uno spunto di riflessione sulle due scuole di pensiero che si dividono l’universo (video)ludico: quella che privilegia la Libertà intesa in senso assoluto e quella che invece dà più peso alla Trama e alla sua coerenza intrinseca. La contrapposizione tra questi due elementi è icasticamente rappresentata dal diagramma che segue:
La domanda che voglio porre, certo di suscitare polemiche, ma coraggiosamente pronto a farlo, è la seguente: esiste, tra questi due poli opposti portati inevitabilmente ad attrarsi, una via di mezzo in grado di portare al perfetto (video)gioco di ruolo?
In principio era la fantasia del Master e degli avventurieri, una matita, una scheda personaggio e poco altro. Paradossalmente, prima dell’avvento dei videogiochi per PC e console, durante le sessioni di ‘Dungeons & Dragons’ si utilizzava inconsapevolmente il motore grafico più potente del mondo: l’immaginazione. A pensarci, fa sorridere sentire lo sviluppatore di turno promettere “mondo di gioco grande il triplo di quello del gioco precedente” o “un’area di 72 chilometri quadrati interamente percorribile”: la mente del vostro Master – certo, il risultato dipende dall’abilità – può creare mondi grandi più della nostra stessa Terra, Piani alternativi da percorrere in lungo e in largo, missioni a ciclo infinito, intrighi sempre più fitti, schiere di NPC con background profondi quanto le miniere di Moria e ricompense generate in maniera solo apparentemente casuale.
Nell’attuale panorama videoludico, tra i videogiochi che ci rubano ai quali dedichiamo decine e decine di ore del nostro tempo ci sono fulgidi esempi di estrema libertà, di libertà ridotta, di trama coerente con se stessa e di trama incoerente, con possibilità di influenzare più o meno pesantemente sviluppi e conclusione della storia per effetto delle proprie scelte; vi sono poi, forse – Khame Adwerte! -, alcuni esponenti del genere che fondono Libertà e Trama in un equilibrio perfetto. Se temete di stare per sorbirvi un lungo e noioso elenco, punteggiato dall’illustrazione della corrispondente posizione del gioco in questione sul diagramma cartesiano presentato poco più in alto, tranquilli: non è nel nostro stile distribuire patenti e inquadrare i comuni hobby in gabbie concettuali. Solo ragionare a mente aperta.
Al grido di “Libertà!” non può che venire in mente il celebre film ‘Braveheart’ l’epica saga ‘The Elder Scrolls’ e, in particolare, il suo ultimo esponente: ‘Skyrim’. Proprio la libertà ha attirato nelle distese settentrionali di Tamriel milioni di videogiocatori: un editor del personaggio su cui perdere letteralmente ore, una quantità infinita di quest, un vasto mondo di gioco popolato di PNG, bestie feroci e draghi quale mai s’era visto prima.
Tra le promesse che avevano preceduto il lancio c’era quella per cui ogni azione avrebbe avuto ripercussioni – non sulla breve storyline principale, nel cui finale è consentita una pur minima scelta che non specificheremo per evitare spoiler, ma – sull’economia del mondo di gioco. Uccidere un PNG falegname, ad esempio, avrebbe rallentato la produzione di legname nella zona. A conti fatti, verificare questa circostanza è difficile. Più facile è notare che il gioco contiene, forse, un eccesso di libertà. Libertà di non finire la storia principale, ad esempio. O, peggio ancora, libertà di far parte della Confraternita della Notte, che fa dell’uccisione di vittime più o meno innocenti il proprio pane quotidiano, e contemporanemente della Gilda dei Ladri, che ruba ma col divieto di uccidere… Per questo uso l’espressione, certo un po’ paradossale, ‘eccesso di libertà’: perché la libertà della sandbox, nella quale si può essere contemporaneamente tutto e tutti, arriva a minare la coerenza del narrato e, in definitiva, la stessa immedesimazione del giocatore. Ero affezionatissimo al mio Nord barbuto Galahad, ma quando riflettevo sul fatto che si trattava di un lupo mannaro, capo dei Compagni, capo della Gilda dei Maghi, capo della Gilda dei Ladri e capo della Confraternita della Notte, arle di una città e – al contempo – uomo di fiducia del comandante dell’armata che doveva impadronirsene, qualche dubbio mi veniva. E di sicuro l’attaccamento al personaggio risultava più dettato dalla consuetudine che da una seria immedesimazione psicologica (e taccio sul capitolo “matrimonio”.)
Per alcuni, quella che – a parere di chi scrive – è un’evidente limitazione diventa invece un incentivo ad interpretare con più convinzione il proprio avatar, proprio come in un gioco di ruolo pen & paper. In che modo? Semplicemente autolimitandosi, in modo da vivere in maniera oggettivamente più convincente le proprie affiliazioni ed il proprio allineamento: ad esempio, dicendosi “sono un assassino, non entrerò nella gilda dei ladri”; oppure “mi sono sempre comportato da eroe, non ucciderò questo NPC accoltellandolo alle spalle”. In questo modo una cosa che per il videogioco è del tutto indifferente fa la differenza per il giocatore, che con l’immaginazione riempie i buchi del sistema (forse la cosa funziona anche con i matrimoni di ‘Skyrim… accidenti, mi ero ripromesso di non parlarne!)
Voi come la vedete? Fatecelo sapere commentando! Lo scontro tra Libertà e Trama continuerà la prossima settimana con la seconda ed ultima parte dell’articolo, con un occhio rivolto ai giochi tutta-trama e a quelli che, a parere di chi scrive, potrebbero realizzare l’equilibrio perfetto: non mancate!
– Stefano Marras –