Divorata. In qualche ora? E se ho battuto le ciglia, neppure me ne sono accorta.
Questa piccola Guida agli animali fantastici è un dolce, speziato bocconcino: un’ abbondante cucchiaiata di animali pescati da un po’ tutti gli autori dell’antichità, una spruzzata di erudizione (filologica, scientifica), un bicchierino di ironia e una manciata di bislacchi e comicissimi confronti tra la fauna più incredibile e il mondo d’oggi – la sirena gattamorta, la cicala ottimista che infonde vigore ai mercati, la madre di un neonato ippocentauro che non sa come giustificarsi mentre il suo piccolo già dopo pochi giorni scorrazza per la corsia del reparto, “perché così fanno anche i puledri”. Giusto per citarne qualcuno.
Ermanno Cavazzoni, in groppa ad un paradosso ed armato di un fioretto d’arguzia, si fa strada tra le pagine dei più curiosi cronisti del mondo antico, per portarci a conoscere manticore, remore, sirene, ircocervi, ed altre assurde fiere ormai inesistenti, impossibili nel mondo odierno ma che sì, un tempo popolavano i nostri fiumi, le valli, le città, i deserti e persino il fuoco.
Il fuoco che anch’esso si credeva anticamente fosse un animale. E chi può dirlo? Che non sia la più ferina delle belve, per cui vivere è un unico inestricabile atto di divorare legna e ossigeno, procreare faville, danzare freneticamente nell’unione smaniosa delle fiamme?
Come per il fuoco, Cavazzoni ci propone antiche credenze riadattate alla modernità, come per la voce inudibile dei prati, la causa della pelle nera, gli amori mostruosi tra umani e foche, serpenti, capre, cavalli.
Quasi che gli animali fantastici si fossero stancati della nostra polverosa ottica antropocentrica e saltassero su a dire la loro.
E allora ci portano in un corridoio degli specchi, spronandoci a seguirli nel continuo, serrato capovolgimento di prospettive. Se la fine di un amore fosse solo questione di chimica?
Se l’evoluzione delle specie fosse stata diversa ed i pesci fossero superiori intellettualmente agli uomini, e fossero loro a pescare noi?
Se lo spettacolo delle stelle non fosse per noi soltanto, ma per un pubblico disseminato in cento, mille galassie che poco percepiamo, un pubblico incantato davanti al cielo, sopraffatto dalla bellezza e dalla nostalgia non si sa bene di cosa, e che siano umani o meduse o chissà cos’altro, e che comunichino tra loro per vie a noi sconosciute.
E che pure in quel momento, e davanti a quello scenario tacciano, e tacciano i loro pensieri…
A questo punto, possiamo rivolgere al mondo uno sguardo al di fuori di ogni schema, scavalcando Darwin o raccontando per esempio il comunismo come una degenerazione della vita beata delle api di un alveare. O ancora spiegando la meschinità di certi uomini con una negligenza da parte dei loro genitori, che non avrebbero accolto in casa l’anima del piccolo, caduta dal cielo per entrare dentro di lui.
Ognuno di noi, scriveva Platone, è destinato a reincarnarsi nell’animale più vicino alle sue inclinazioni e al suo carattere durante la vita umana.
Potremo librarci come uccelli, ognuno somigliante agli uomini che siamo stati, passeri, aquile, rondini, merli, pappagalli, corvi, o strisciare col ventre sulla terra, oppure ancora divenire quadrupedi dalle più disparate fattezze. Peggio di tutti sarebbero i pesci, che sono i ricchi e i loro leccapiedi, e quelli che seguono spasmodicamente gli sviluppi delle loro esistenze, le belle della tivù e chi più ne ha più ne metta.
Nel nostro modo di stare al mondo, è allora racchiusa la radice su cui fioriranno altre, tante vite; il nostro dèmone è sacerdote della natura più intima che ci governa.
E quali creature sceglierà per noi, cosa saremo?
Mentre voltiamo l’ultima pagina un nugolo di domande ci assale la mente, domande semiserie, esistenziali o completamente inutili e anche un po’ cretine.
Un po’ come dopo uno spettacolo al circo: luci, ombre, voli a rotta di collo da trapezi annuvolati, numeri buffi e tristi, patetiche scene di esercizi di elefanti tigri cani ammaestrati, e alla fine, quando cala il sipario, una strana voglia di chiudere il cerchio.
Così questa strana fauna esiste tutta seppure non esiste, come un miraggio nel deserto o come il povero, bistrattato ircocervo, con cui chissà perché Aristotele ce l’avesse tanto.
Un libro snello (appena 164 pagine), divertente e divertito, la Guida agli animali fantastici dipinge con grazia la sregolata normatività dell’esistenza, del mistero buffo che è la Vita, nelle volute della sua prepotente tautologia.