A lungo annunciato da un battage pubblicitario martellante, a più di due mesi dalla sua uscita parliamo del colossal fantasy Disney: Maleficent!
Il 28 maggio del 2014 è uscito nelle sale italiane (curiosamente, un paio di giorni prima della sua controparte negli USA) Maleficent, rilettura in chiave gotic-fantasy de La Bella Addormentata nel Bosco del 1959 della Disney: quest’ultimo è un lungometraggio animato che tutti, chi più chi meno, hanno almeno visto una volta nella vita e di cui senza dubbio avranno sentito parlare più volte in relazione alla omonima fiaba a cui è ispirato.
Isola Illyon, con dovuta solerzia, all’epoca della diffusione del trailer aveva annunciato la notizia che nel ruolo di Malefica (Maleficent in versione originale) si sarebbe calata Angelina Jolie, latrice a detta di chiunque di una bellezza calda ma pericolosa, quel tipo di fascino che può stregarti e farti perdere in uno sguardo: la moglie di Brad Pitt, del resto, ha rivestito (ed alle volte svestito) i panni di bellezze decise e, alle volte, cattive o comunque dure (Lara Croft in Tomb Raider, Fox in Wanted-Scegli il tuo destino, Sara “Sway” Wayland nel bel film Fuori in 60 Secondi – al fianco del solito, inespressivo, Nicholas Cage – nonchè della Madre di Grendel, la mostruosa creatura di Beowulf, il film in CGI di cui abbiamo parlato qui un po’ di tempo fa e di Olimpiade, la conturbante madre di Alessandro Magno in Alexander).
Solo che poi Isola Illyon non ne ha parlato più: dimenticanza? No, certo.
Carenza di interesse a parlarne? Probabile.
Certo, dopo la visione del film, il collega che mi ha preceduto (l’inossidabile Mario Venezia) ha avuto un tracollo nervoso, una mezza crisi epilettica ed è passato a sostituire il dolcificante con la chetamina: può essere stata colpa del film? In un certo senso, si (ndr: sorry Mario ma era dovuta XD).
Lo scrivente, peraltro, all’epoca della diffusione del trailer aveva inarcato le sopracciglia, rivolto un sonoro “mba!” allo schermo e si era dedicato a tutt’altro, rimuovendo persino l’idea che di li a qualche tempo sarebbe uscito questo film marchiato Disney: questo nella teoria, dato che nella pratica era quasi impossibile farlo, martellati come eravamo da spot pubblicitari in televisione ed in rete, specialmente come pubblicità sovrapposta ai video di youtube o a margine degli immancabili loghi che capeggiano l’uso di certi domini di posta elettronica.
Il perché non stava tanto nell’essere prevenuti, che pure è umana reazione per quanto infantile e presuntuosa, dato che non è giusto giudicare qualcosa che non si conosce. L’incertezza era data invece da un moto di stizza verso una tendenza pericolosissima che temevo potesse dilagare e che, purtroppo, sta peggiorando dal 2011 circa, ossia l’abitudine, in una Hollywood sempre più alla canna del gas quanto ad idee originali, di rinarrare in chiave gotica e fantastica, con un taglio al contempo più realistico ed assieme più onirico, le fiabe. È stato il caso di Cappuccetto Rosso Sangue (2011) la cui trama sembrava estrapolata da una partita a Lupus in Tabula, poi di Biancaneve ed il Cacciatore (2012) con l’unione di due estremi, l’incompetenza recitativa e la bellezza di un tronco di pino (Kristen Stewart) con la bellezza pura e la bravura nonostante un personaggio non ben tagliato e definito (Charlize Theron) il tutto calato in una rilettura quantomeno discutibile della fiaba, poi ancora con l’incomprensibile Hansel & Gretel Cacciatori di Streghe (2013) che, intendiamoci, era un buon action calato in chiave fantasy con un Jeremy Renner (Occhio di Falco/Clint Barton ne Avengers) che evidentemente non riesce a stare lontano dalle armi da tiro, ma resta incomprensibile perché con l’originale fiaba non c’entra un’acca, La Bella e La Bestia (2014) con Vincent Cassel ed infine con Maleficent, appunto, sempre classe 2014, nel quale Angelina riveste anche il ruolo di produttore esecutivo: il che spiega perché ci sia anche sua figlia, Vivienne Pitt, ad interpretare il ruolo di Aurora bambina. Un caso? Seee, vabbè.
La bella addormentata nel bosccccooosa…?
La fiaba originale a cui Maleficent si è ispirata è, nemmeno a dirlo, parecchio diversa da quella poi portata all’attenzione del pubblico con il lungometraggio animato, e parecchio più fosca: pare che la protagonista della fiaba cada si, in un sonno fatato, ma in maniera meno romantica una persona ben lontana dai canoni del principe senza macchia pensa bene di non svegliarla ed anzi di metterla incinta (erano tempi cupi quelli, altro che…), mentre sarà il bambino, al momento della nascita, a provocare il risveglio della madre. Siete sconvolti? Non siete i soli.
Dato che la fiaba, PER UN QUALCHE STRANO MOTIVO, così com’era non poteva venir sfruttata dalla Disney (chissà come mai!), si pensò di utilizzare una delle numerose altre versioni che circolavano della stessa: si giunse così alla fiaba animata che tutti conosciamo, che nel 1959 rappresentò anche un flop di quelli pesanti, il cui tonfo che ancora si ricorda ad oltre cinquant’anni di distanza (se per caso ne accennate a qualche dipendente di allora della Disney, miracolosamente ancora in vita, state pronti a vederlo scattare per dare capocciate contro il muro) dato il film costò 6 milioni di dollari e ne incassò in tutto poco più di 7 (il che significa flop, in gergo cinematografico) con conseguente perdita di bilancio, licenziamenti in massa… a poco giova che oggi sia considerato un cult ed uno dei più bei film d’animazione di sempre. Chi ha dato capocciate, oramai l’ha fatto.
La storia, molto in breve, narra di una bellissima neonata, figlia dei reggenti di un regno lontano, per festeggiare la quale si indice una grande festa alla quale vengono invitate anche le fate, sebbene non tutte: Malefica, appunto, gelosa ed offesa, getta un maleficio perchè la bambina prima del suo quindicesimo compleanno (nelle varie versioni, anche dodicesimo o sedicesimo) si punga ad un arcolaio e muoia. Una delle fate, che ancora non aveva offerto il proprio dono (le altre avevano donato bellezza, grazia e virtù) ottiene di modificare il sortilegio in modo tale che la principessa sarebbe caduta in un sonno profondo (in qualche versione, si fissa anche il termine di cento anni) salvo venir risvegliata dal bacio del suo vero amore. La profezia si avvererà nonostante il re abbia dato ordine di bruciare tutti gli arcolai ed i fusi del regno e tutti gli abitanti di questo verranno del pari addormentati assieme ad Aurora. Solo dopo un secolo soggiungerà il principe che sfiderà le insidie, blablabla, bosco incantato colmo di pericoli e di un drago, blablabla, bacio di vero amore, vissero tutti felici e contenti.
MALEFICENT (seguono spoiler)
Nel film, oltre ad Angelina Jolie che interpreta Malefica e Elle Fanning (la sorella di Dakota) che interpreta la principessa Aurora c’è anche il per me impronunciabile eppur bravo Sharlto Copley (Distict 9, Oldboy, Elysium) oltre a Imelda Staunton (una bravissima attrice, già vista nella saga di Harry Potter – era l’odiosissima Dolores Umbridge) che interpreta una delle tre fatine particolarmente pucciose chiamate ad occuparsi, assai maldestramente, di Aurora, quando la principessa verrà allontanata dal castello perchè cresca al sicuro.
La storia, difatti, diverge molto fin nell’essenza dalla fiaba conosciuta, visto che in 97 minuti di film la parte dedicata effettivamente ad Aurora sembra piccola: una buona parte invece è destinata a presentare le origini della fata cattiva, Malefica, e del come sia diventata da benevola ma forte a vendicativa e malvagia: tradita da un uomo, Stefano, il quale la priva delle ali per non ucciderla ma al contempo poter rivendicare il trono dal morente re, ella diviene figura meschina e contorta, oscura e… patetica (nel senso di pathos). Qualcuno, forse a ragione, forse a torto, vi ha visto una metafora di una violenza sessuale, un vero e proprio stupro, data la presenza di elementi comuni a questo crimine (spesso la fiducia mal riposta, una droga, un sonno pesante, la violenza vera e propria ed il risveglio col dolore fisico e morale che accompagnano la presa di coscienza di quanto avvenuto e subìto).
Ciò potrebbe anche dirsi plausibile, sebbene sia una di quelle elucubrazioni che nascono solo mettendocisi davvero di impegno a riflettere su questa scena: è certo, invece, che si tratta di una violenza vera che si consuma, lacerante, a segnare l’animo di Malefica che viene così tradita da chi credeva di amare (ed essere riamata).
Il problema del film, che offre comunque un comparto grafico massiccio ed una CGI parecchio ben fatta, sebbene un tantino troppo invasiva, è che, secondo me, si comprende immediatamente che più che narrare effettivamente di Malefica e del suo passaggio al male (ciao, Anakin Skywalker, anche tu qui?), la storia sembra quasi spiegare (=giustificare) il perchè di ciò e, oltre spingere lo spettatore ad empatizzare con una figura che, nella tradizione, era totalmente malvagia (Mistress of All Evil! si definiva Malefica nel classico Disney) al di là di ogni redenzione, quasi offre delle spiegazioni per le quali sia considerabile tutto sommato legittimo il modo di agire della fata cattiva, che qui tanto cattiva non è (o non appare).
Malefica si comporta infatti in modo particolarmente umano, così come probabilmente farebbe una persona qualunque che subisce una violenza simile (anzi, forse Malefica è persino troppo buona), cercando vendetta contro colui che l’ha offesa, umiliata, ferita, colpendo ciò che costui ama, maledicendo appunto la sua bambina con la profezia di mor… ah, no, qui si parla di un semplice sonno simile alla morte (troppo sensibile il pubblico?). Solo in questo aspetto, che però resta quasi velato e sullo sfondo perchè lo spettatore è preoccupato di immedesimarsi in Malefica stessa, non nella sofferenza di un padre o nella sorte infausta che attende l’infante Aurora, è possibile riscontrare ancora quella cattiveria ai danni di un essere innocente, privo di peccato, qual è appunto la principessina in fasce. Nonostante questo intento malvagio, Malefica stessa diventa, a causa della dabbenaggine delle fatine buone (che ben presto diventano figure assolutamente inutili e marginali), l’artefice della sicurezza di Aurora, preservandola dal male che ella possa farsi accidentalmente, ufficialmente solo per garantirsi che ella raggiunga il fatidico sedicesimo anno di età e la maledizione si compia. In realtà, ella prende ad affezionarsi alla bambina, arrivando persino a venir considerata dall’Aurora adolescente la sua vera “fata madrina”.
A voler essere particolarmente attenti ai dettagli, si potrebbe persino speculare sul fatto che anche Malefica sia caduta vittima del proprio stesso sortilegio (“[…] chiunque farà la sua conoscenza la amerà“, recita il personaggio nel film), così da giustificare la reale motivazione del perchè ella si tramuti nell’angelo custode di Aurora per così tanto tempo: ma c’è da dire che, come rilevato in precedenza, vuoi per la bellezza della Jolie, vuoi per la recitazione peculiare e di alto livello, vuoi perchè semplicemente il personaggio è stato scritto così, Malefica non appare mai cattiva, potendosi semmai candidare al ruolo di antieroina, se proprio, o di eroina oscura. Ella stessa, oramai affezionatasi troppo alla fanciulla, tenta prima di annullare il proprio maleficio, non riuscendoci, poi prova a salvare la principessa portandole sotto il naso il principe azzurro Filippo, inserito nella storia in modo davvero casuale e lontano da canoni di eroismo che si riconoscevano al salvatore che appariva nella fiaba: qui il principe è un bamboccio che si innamora con un colpo di fulmine di Aurora in cinque (5) minuti di dialogo – forse anche meno- e che, ovviamente, fallisce nell’impresa di ridestarla con un bacio; non che nella storia ci fosse un maggior legame o corteggiamento, ma qui sembra davvero tutto messo a caso. E qui arriva il colpo di scena, il twist-standig che non ci si aspetta (sul serio non ce lo si aspettava?): a risvegliare La Bella Addormentata sarà la stessa Malefica, con un casto bacio sulla fronte, essendo ella colei che più di chiunque altro ha davvero amato la fanciulla, facendole da madre per sedici lunghi anni: il lungo sonno, altrove narrato in cento anni, qui dura si e no una manciata di minuti…vatti a fidare delle maledizioni moderne.
Sarebbe stata inoltre una novità interessante se questa alterazione dei ruoli già non l’avessimo vista in Biancaneve ed Il Cacciatore (col triangolo Biancaneve, il principe ed il cacciatore, appunto…) e, suggerita dal famoso youtuber Victorlaszlo88, anche nel recentissimo Frozen.
Alla fine il vero cattivo/malvagio/bastardo della storia, ossia Re Stefano, fa la fine che meritano i suoi pari, una fine ignobile due volte dato che la “malvagia” Malefica, tornata in possesso delle sue ali e della sua umanità (a voler proprio cercare significati nascosti), stava offrendogli mercè e salvezza: cerca di uccidere alle spalle, il vigliaccone, la fata redenta ma finisce nella colluttazione giù da una delle torri del castello e muore come il povero Gaston de La Bella e La Bestia. Tutti sono felici, Aurora non si preoccupa nemmeno della morte del padre che, tanto, non ha praticamente mai conosciuto e ride felice mentre i regni, umano e fatato, si riuniscono sotto la guida sua, di Malefica e del principe azzurro/bamboccio.
Una considerazione al volo: non è che il film sia brutto, diretto male o confezionato senza cura, tutt’altro. È un grandissimo successo per la Walt Disney Pictures, dato che è costato 180 milioni e ne ha guadagnati la bellezza 697, per adesso, senza contare tutto ciò che è correlato al merchandising ed all’home video, per quanto la critica non sia proprio stata tenera sul film, oscillando tra le tre stelle e picchi di una sola o addirittura quattro (Rotten Tomatoes assegna due stelle e mezza).
È l’idea stessa quella che urta, nella sua realizzazione, un tale ribaltamento di fronti da confondere abbastanza e narrare una storia completamente differente: per quanto si dica spesso che le novità sono poche e che quindi simili scelte originali possano dirsi le benvenute, il tutto appare eccessivo.
Il film è’ un tripudio grafico che a tratti stordisce, fatto per stupire e colpire lo spettatore e nascondere probabilmente i limiti stessi della storia che è solo in apparenza ben narrata: il rapporto tra Aurora e Malefica è troppo poco approfondito e sbrigato alla veloce perchè appaia credibile il perché la fata si affezioni a colei che, alla fine, ha condannato ad una sorte orribile, salvo scomodare la teoria della maledizione autoinflittasi da Malefica ed il fatto, comunque incontrovertibile, che ella NON VIENE MAI DIPINTA COME MALVAGIA.
È quindi un’anima fragile, quella del film, in cui torna un neonato fatto anch’esso in CGI (non ci avevo fatto caso subito ma cercando tra le immagini credo di essere nel giusto) così come accaduto in Breaking Dawn parte II della saga di TwiLOL, è un reinventare il mito e non solo rinarrarlo, è un trasformare un personaggio cattivo per antonomasia in un “nonsonocattivaèchemidisegnanocosì” perchè le sono accadute delle cose brutte, è un giustificare l’agire per il male quando c’è un tormento d’animo e dimostrare che persino se si è cattive si può essere, in fondo, belle e amate.
Ah, il drago che appare nel trailer c’è ma giusto per qualche minuto ed alla fine del film, tanto per far vedere che avevano i soldi per gli effetti speciali e per farlo azzuffare contro i soldati.
Extra: una considerazione morale di un neopapà nerd.
Ho cercato di tenere fuori ogni valutazione morale che non fosse strettamente correlata alla trama: eppure, mi sono sentito a disagio nell’esprimere un certo concetto, che non a caso relego a chiusura per quei tre o quattro che saranno arrivati fin qui a leggere. Questo perché non mi reputo persona bigotta che viva lontano dalla realtà in un mondo intransigente oppure onirico eppure è facile venir fraintesi quando si parla di moralità e di concetti educativi: come tanti (sono un classe 1980) sono venuto su con la Disney, con storie dolci e romantiche, a volte fosche, comunque preziose per concetti ed educazione; ruolo poi assegnato ad altre produzioni, anche nipponiche, che sapevano trasmettere qualcosa, che parlassero di robottoni nagaiani o di cavalieri protetti dalle costellazioni o samurai in armature elementali, ossia valori, spirito di amicizia, capacità di riconoscere ciò che è giusto da ciò che non lo è, il sacrificio di sè stessi per un bene superiore ed altrui; non sono nemmeno mancati i cartoni tipicamente per ragazze perchè all’epoca nei palinsesti qualunque cartone animato era comunque un intrattenimento per bambini senza particolare attenzione a che un bambino seguisse Georgie o Creamy o una bambina le avventure de L’uomo Tigre e di Macross/Robotech.
Col fatto che sono diventato papà da poco più di tre mesi, ovviamente mi sono posto più volte il problema di cosa mostrare e cosa no al mio bambino appena avrà la capacità di ascoltare storie, udire favole o guardare un cartone animato: bene, temo che Maleficent lo relegherei ad una età (fisica o morale, vedremo) di non meno di quindici, sedici anni.
Questo perchè credo, ho sempre creduto, che i cartoni che parlano ai bambini devono essere, nella miglior tradizione Disney, rigidi e netti su certe figure e concetti: il bene è il bene, il male è il male e non c’è spazio per situazioni ambigue.
Empatizzare con Ursula de La Sirenetta? Con Crudelia Demon de La Carica dei 101? Con Scar, lo zio malvagio di Simba ne Il Re Leone? O con Jafar di Aladdin? Ma andiamo…
Solo con la crescita e con l’esperienza è opportuno che, di pari passo all’educazione, cresca anche la consapevolezza dell’esistenza di aree di grigio, nelle quali si può arrivare a interrogarsi (interrogarsi, appunto) sull’essenza di un atto di male a fin di bene o sul fatto ci siano alle volte persone che pur non essendo necessariamente garbate o in apparenza belle e buone, pure si sappiano comportare meglio di tanti pretesi “buoni”.
Persino il malvagio redento, il Phoenix od il Demon di turno, è una figura matura che va adeguatamente elaborata e fatta propria.
Non sono un pedagogo e nell’educazione di un bambino sono alle prime armi, eppure mi chiedo se sia opportuno stravolgere così tanto il messaggio, il contenuto, la morale della fiaba originale, presentando ad un pubblico di bambini (che tantissimi bambini sono andati a vederlo) una rilettura del genere nella quale si va a giustificare il male perpetrato a danno di una bambina con mille ragioni: “si, ma è perchè è stata tradita!” oppure “si, ma poi si pente!” sono concetti che di solito vanno esposti a chi sia più recettivo, più capace e moralmente pronto a formulare un proprio giudizio.
Sono pronto per i forconi.
-Leo d’Amato-