Vi presentiamo oggi un film in computer-grafica che ha riscosso un buon successo trattando del mito per eccellenza, ossia l’eroe Beowulf!
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Partiamo dalla storia (o dal mito, dato che tante volte le due cose si mescolano): Beowulf viene presentato come un eroe geata (i Geati erano una tribù appartenente al ceppo dei Goti e sita in una regione della Svezia) che compare nel poema epico omonimo a lui dedicato, Il Beowulf, appunto.
Figlio di Ecgþeow (o, più semplicemente, Edgetho), che aveva sposato la figlia del re geata Hreðel (o Hrethel), egli crebbe tra i geati con l’amico di infanzia Breca, spesso competendo con lui in gare di nuoto: quando il suo sovrano Hrethel, assieme alla regina ed alla loro corte, viene terrorizzato dal mostruoso troll Grendel, Beowulf viaggia per salvare il sovrano e ripagare così un debito di riconoscenza paterno: assieme ai suoi guerrieri, ben quattordici (per l’epoca erano tanti per essere al seguito di un uomo senza titolo) egli giunge in tempo per affrontare il mostruoso avversario, riuscendo a mozzargli un braccio, che verrà appeso come trofeo; Grendel invece torna nella palude presso la propria madre (alla quale non viene dato un nome) per poi morire ai suoi piedi: di ella poco si sa, salvo che sia lei che suo figlio Grendel discendevano da Caino (si, Caino, il primo assassino della storia nelle religioni abramitiche) e che per questo vengono ricollegate alla stirpe dei giganti.
Furibonda, la madre di Grendel decise di attaccare il palazzo di Hrethel e Beowulf non potè fermarla, dato dormiva nel palazzo accanto: l’eroe decise così di stanarla nella palude e lì si combattè uno scontro mortale culminato con la morte della madre di Grendel, grazie al ritrovamento fortuito, tra il mucchio di tesori della mostruosa creatura, di una spada ammazza-giganti con cui Beowulf riuscì ad ucciderla.
Vi appare vagamente fantasy e particolarmente d&distico? Bene.
Il resto, come si suol dire, è storia: Beowulf tornò indietro (alla nona ora, ossia le tre del pomeriggio, un orario non certo casuale) e blablabla, ottenne oro e cavalli blablabla seguirono altre avventure blabla: non che le vicende del figlio di Edgetho siano noiose, anche perché il nostro eroe sarà chiamato ad affrontare anche un drago che aveva accumulato un enorme tesoro (mmm… D&D? No, dai, non vedo somiglianze…), ma le fonti di ispirazione per il film di cui ora andiamo a parlare terminano qui. Si, c’è anche il drago.
Come nella leggenda di cui sopra, il Re Heorot (Hretel nella versione del poema epico e doppiato da Antony Hopkins) si presenta come un sovrano oramai avanti con l’età, signore potente che ha conquistato in gioventù molte vittorie: al suo fianco, la bellissima (e molto più giovane di lui) regina Wealtheow, oltre al fidato consigliere di corte Unferth (doppiato da John Malkovic). Anche qui Grendel, il mostruoso troll (particolarmente deforme, tra l’altro) attacca il re e la sua corte durante i festeggiamenti, facendo una mattanza (le scene mostrano una considerevole dose di violenza, va detto) e gettando nel panico tutti: il sovrano, letteralmente vestito solo di un panno, lo sfida coraggiosamente, trovando il suo ardimento, ma, misteriosamente, il troll preferisce ritirarsi, anziché ammazzare il re e rapire la regina, come sarebbe lecito aspettarsi da un mostro di buona creanza.
In soccorso giunge, come da copione, l’eroe Beowulf, doppiato da Ray Winstone nella versione originale e qui da un particolarmente azzeccato Francesco Pannofino), il quale però ci viene presentato assai più umano di quanto la leggenda ci proponga: un eroe forte, valoroso e coraggioso, ma vittima di alcune debolezze umane che lo mettono sotto una luce differente rispetto a ciò che ci aspetteremmo. E questo, alla fin fine, è un bene: eroi tormentati o fallibili sono sempre una buona scommessa, per il cinema odierno. Da qui in poi non voglio raccontarvi altro, dato non voglio spoilerare la storia che, per inciso, differisce un (bel) po’ dal mito che vi ho narrato in apertura.
Il film, per inciso, è diretto da Robert Zemeckis (Ritorno al Futuro, Chi ha incastrato Roger Rabbit, La Morte ti fa bella, Forrest Gump, Cast Away ed altri).
La trama è difforme e procede lungo un binario che tende a mettere i personaggi a confronto con la propria umanità, il peso delle proprie scelte, i propri errori, la propria fallibilità: tutte queste cose sono particolarmente positive ed aggiungono parecchio ad una storia che, altrimenti, avrebbe avuto poco da dire al pubblico del 2007, anche se il film si porrebbe su un gradino più alto della media per la grafica molto ben curata e per il fatto d’essere interamente realizzato in CGI, sfruttando al contempo la motion-capture degli attori, alcuni con la A maiuscola (in tutti i sensi), chiamati a recitare nel film, come Angelina Jolie, chiamata ad interpretare una particolarmente seducente “Madre di Grendel”, qui molto più vicina all’iconografia del serpente tentatore della Genesi. E sempre e comunque di una bellezza abbagliante.
Il film, per girare il quale sono stati stanziati la bellezza di 150 milioni di dollari, ne ha incassati circa 196: certo, non un guadagno stratosferico, se visto in proporzione alla spesa, ma c’è da considerare anche il mercato parallelo, l’home video, la diffusione in televisione (l’hanno dato in seconda serata su Mediaset la notte del 31 gennaio 2013, tanto per dirne una), oltre al videogioco disponibile per diverse piattaforme (PS3, pc, XboX, Nintendo Wii, Nintendo 3DS e PSP) ed un gioco da tavolo (distribuito dalla Nexus).
Non c’è dubbio che si tratti di un buon film fantasy, che nella versione nostrana deve molto del proprio fascino alle voci di signori attori (oltre al già citato Pannofino, abbiamo anche Roberto Pedicini – che ha doppiato un gozziliardo di attori e personaggi, tra cui Francesco Dellamorte nel film ispirato alla graphic novel di Tiziano Sclavi, Dellamorte Dellamore, di chiara ispirazione “Dylan Dog”) e che propone tematiche abbastanza adulte da renderlo non proprio adatto ai più giovani – non è, insomma, un cartone animato, ma un vero e proprio film- ma di certo gradevolissimo per chiunque possa apprezzare il fantastico, la rielaborazione di un mito ed il suo adattamento in chiave leggermente più moderna.
Vi consiglio caldamente di guardarlo in compagnia, perché offrirà un buon intrattenimento e risulterà piacevole anche per i vostri amici!
– Leo d’Amato–