Inquietanti passi montani, vigili città-fortezze, possenti Regine barbare…tutto questo ed altro ancora nella seconda parte della guida alle Silver Marches!
Pensavate che i vostri prodi redattori si fossero resi uccel di bosco dopo le prime fatiche in quel del nord dei Reami Dimenticati? Niente affatto! Eravamo solo intenti a riprenderci dalla prima parte del viaggio nelle Marche d’Argento (sotto i tavoli della Locanda del Corvo Nero a Khelb con due bottiglie di Vino di Fuoco nanico in corpo, ma questi sono dettagli) ed eccoci pronti a sfidare tempeste, draghi, troll, suocere e altre bestie leggendarie per portarvi nel cuore della Confederazione! Prima di aprire l’uscio del Corvo Nero, può essere utile rinfrescarci la memoria sulla prima parte del nostro viaggio a questo link. Fatto (come direbbe Mucciaccia)?!? Pronti, partenza? Via!
Passo di Silverymoon
Questo passo si snoda lungo le Montagne Inferiori, tra Silverymoon e Sundabar, altra firmataria delle Marche. Si tratta di una strada trafficata nei mesi estivi e deserta in inverno a causa degli enormi cumuli di neve che impediscono l’accesso a questo passo stretto tra due altissime catene di picchi paralleli. Ora però è primavera inoltrata, il traffico è ancora modesto e la neve non è più un ostacolo: sarebbe l’ideale per una bella camminata in montagna con annesso pranzo al sacco, non fosse per la leggenda delle Tombe di Deckon Tar che ci hanno raccontato con dovizia di particolari al Corvo Nero, dove lo sport nazionale pare essere lo Spavento del Forestiero Credulone. Secondo la storia, un tale Deckon Tar era un tempo a capo di un gruppo di astuti banditi che si arricchirono depredando le carovane di Silverymoon e Sundabar in cima al passo, finché le due città non organizzarono una spedizione congiunta per mettere fine a questa minaccia.
Quasi tutti i banditi, capo compreso, furono passati per le armi e sepolti in una serie di tumuli sul fianco della montagna. Da qualche tempo gli assalti alle carovane sono ripresi con rinnovato vigore ma i vecchi del Corvo Nero, ovviamente, più che attribuire la responsabilità a nuovi banditi, sostengono che Deckon Tar non abbia perso il vizietto di razziare il prossimo neppure da orizzontale, riproponendosi insieme ai suoi tirapiedi sotto forma di qualche strano non-morto. Noi, emancipati giramondo, ci facciamo beffe di queste fiabe per bambini, ma intanto acceleriamo il passo per arrivare al Nido del Falco prima di notte: la dozzina di cavalieri di Silverymoon che sorvegliano la torre in cima al passo non sono la miglior compagnia del mondo ma perlomeno non tendono ad azzannarti al polpaccio.
Sundabar città aperta
Il sole si leva terso in cielo mentre scendiamo verso la piana di Sundabar, circondata da un anfiteatro di catene montuose con al centro l’omonima città. Questa piana alluvionale faceva parte un tempo dell’Antico Delzoun, il reame nanico più potente mai esistito sulla faccia del Faerun e che per gran parte si estendeva sotto i nostri piedi. In tempi più recenti questa zona di fertili fattorie attorno alla città era teatro delle scorrerie degli Orchi di Obould che partivano da Cittadella Felbarr, all’epoca Cittadella di Molte-Frecce. Col ritorno dei nani a Felbarr, da pochi anni, il massimo dell’eccitazione da queste parti è rappresentato da qualche disputa catastale.
Discorso diverso per la città vera e propria: Sundabar è talmente paranoica da essere non solo costruita in cima a un colle, da avere non una bensì due cerchie di mura, ma da avere anche tra di esse un fossato allagato, abitato, secondo la gente del luogo, da anguillone divoratrici di uomini (o anche di orchi, troll, ecc). Per entrare gli Arciscudi (l’esercito di Sundabar) ci domandano più volte chi siamo, dove andiamo e un fiorino da versare nelle casse della città. C’è da capirli, poveracci: negli ultimi due secoli hanno subito: un assedio con annesso incendio di metà città da parte dei demoni di Hellgate Keep, prima che venisse bonificata; una mezza dozzina di attacchi orcheschi e una risalita di nani grigi dal sottosuolo: mancano giusto la piaga delle cavallette e la quella della pasta scotta e non si sono fatti mancare nulla. Di conseguenza, mentre camminiamo per le vie acciottolate, circondati da robuste case di pietra a tre piani con finestre a feritoia e nessuna pianta in vista, capiamo perché la nonna sull’uscio ci sorveglia mentre spazza, il bottegaio ci sorveglia mentre conta, la bambina ci sorveglia mentre gioca e gli Scudi di Pietra ci sorvegliano e basta, facendoci sganciare altri due fiorini.
I templi (e chi più di Sundabar ne ha bisogno, dopo la serie di sfighe di cui sopra) sono tutti di divinità del dovere, della lealtà, della guardia, del valore ecc.ecc. . Insomma, una noia mortale. Di intrufolarci a vedere la Faglia del Fuoco Eterno, gigantesca spaccatura sotto la città che ribolle di magma magico e che alimenta le enormi fucine della città, neanche a parlarne: i nani che sorvegliano l’ingresso paiono essere gli unici immuni financo alla birra di Mithral Hall. Ci dirigiamo allora verso la Sala del Maestro, accozzaglia di enormi torri affollate di baliste, catapulte e chi più ne ha più ne metta, sede del Maestro Comandante della città. Qui ci accorgiamo con sorpresa che la maggior parte dello spazio nella fortezza è occupato dagli uffici di Gilde, Compagnie, Associazioni, Club di minatori, taglialegna, fabbri, mercanti, usurai, armaioli, prospettori che sgomitano come matti cercando un pur minimo vantaggio legale sui concorrenti. Ci sussurrano a mezza bocca che l’attuale Maestro Comandante, Helm Dwarf-friend ranger di Mielikki ed ex comandante di compagnia mercenaria, uomo integerrimo, sta cercando di portare il punto di vista della natura in una città fatta di ferro e pietra e che si occupa dei boschi solo quando possono alimentare gli altoforni. E, soprattutto, sta cercando di sforbiciare la miriade di leggi, leggine e regolamenti colle quali le tremila gilde di Sundabar impastoiano la città, incontrando non poche resistenze.
La questione non ci suona nuova, squarci di rimembranze interdimensionali ci colpiscono e quindi, curiosi di conoscere quest’uomo coraggioso, chiediamo udienza. Dopo che il Maestro di Cerimonie ci ha mandato colla domanda all’ufficio pratiche, il quale ci ha spedito con l’allegato 2/ter al sottoscala b2, dal quale siamo partiti in cerca del timbro per l’ufficio sinistri, il quale ci ha rimandato all’impiegato del catasto minerario nell’ala C, siamo usciti per disperazione e, dopo aver pagato un altro fiorino, abbiamo rinunciato all’udienza e salutato Sundabar con destinazione Cittadella Felbarr.
Cittadella Felbarr
La seconda delle cittadelle naniche che visitiamo, situata nelle prime propaggini delle montagne Rauvin, ha un passato piuttosto turbolento: Re Obould Molte-Frecce controllava la fortezza sotterranea da diversi anni, quando fu assediato da un’orda di orchi suoi consanguinei in una lotta fratricida. Come accade spesso, tra i due litiganti godette il terzo, ovvero Re Emerus del clan Warcrown che fece una bella sorpresina agli orchi, spazzando via i loro eserciti esausti dopo settimane di battaglie, con l’aiuto della neonata Legione d’Argento. La cittadella, così rinata, è un vespaio di problemi. I nani sono poche centinaia e, benché una compagnia di 200 legionari d’argento sia distaccata a Felbarr per dare una mano, Re Emerus è ben lungi dal sentirsi sicuro al riguardo. Le montagne Rauvin lì vicino pullulano letteralmente di regni goblin e tribù orchesche sbandate, ragion per cui gli ingegneri nanici hanno progettato due piattaforme fortificate ai lati della valle che conduce ai portali di Fellbarr, chiamandole Martello e Incudine (si sa, la fantasia dei nani, specie dei nani sobri, non è fertilissima).
Martello è già completata ed è irta di catapulte e armi da assedio, mentre Incudine è ancora all’inizio e presenta enormi problemi, specie per quanto riguarda il trasporto e l’assemblaggio di armi da assedio nelle terre selvagge. Inoltre, i minatori del clan Warcrown hanno ricominciato a estrarre minerali preziosi ed Emerus ha disperato bisogno di riaprire le antiche vie naniche sotterranee che uniscono Fellbarr ai loro fratelli di Adbar (chiuse da secoli e popolate da chissà quali creature, magari anche i temutissimi esattori del fisco).Come se non bastasse, un altro guaio è capitato tra capo e collo del Re (che non a caso ha perso tutti i capelli), stavolta in superficie: una banda di barbari Uthgardt della tribù Pony del Cielo si è insediata da tempo vicino alla cittadella nanica. Finora hanno convissuto ignorandosi, ma il vecchio capo dei Pony è stato ucciso da poco dagli orchi e la figlia, Gudrun Garfsdottir, notevolmente più guerrafondaia del padre, ha massacrato tutti gli avversari, è diventata capotribù ed ha iniziato ad assalire coi suoi uomini le carovane cariche di minerali di Felbarr.
Di lei si dice sia una valchiria rossa, alta, avvenente e muscolosa, capace di stritolare nella lotta qualsiasi avversario, così come pare abbia fatto con gli orchi che hanno assassinato suo padre: praticamente il sogno erotico di ogni essere senziente di sesso maschile. Peccato che ai nani, quando qualcuno tocca i tesori, l’ormone scenda sotto gli scarponi corazzati: Emerus ha già fatto sapere che è una situazione che essi non intendono tollerare ancora a lungo e che, al prossimo attacco, Felbarr si muoverà per sradicare i Pony del Cielo dalla Valle del Rivorosso, e nessuno dubita abbiano il potere di farlo. Perché è pur vero che la possente Gudrun è capace di strangolare un troll a mani nude, ma è altrettanto vero che i nani, come il Roberto Maroni di Crozza, sono talmente tarchiati da non avere un collo. Di certo sarebbe un conflitto che indebolirebbe tutti e due i popoli.
Per ora riposiamo le nostre stanche membra nelle sale degli antenati di Re Emerus, che è stato tanto gentile da ospitarci a Felbarr per qualche giorno (disgrazia più disgrazia meno poco importa, ha ragionato il capo del clan di nani più sfigato in circolazione). Posiamo quindi i nostri zaini, ci apprestiamo a sentire nuovamente risuonare i cori della Gente Tozza nei loro saloni di pietra, e vi rimandiamo prossimamente al terzo ed ultimo appuntamento con la Guida alle Marche d’Argento!
– Luca Tersigni –