Negli smartphone e nei tablet di tutto l’universo il fantasy prolifera senza sosta. Ma forse non è tutto oro quel che luccica! Parliamone insieme!
Ben ritrovati miei leggiadri compagni e compagne di avventure! Oggi mi è sembrato giusto spendere due parole su ciò che sta andando di moda negli tempi, e che veramente si sta diffondendo più veloce della luce in tutto il mondo: la moda delle app. È vero, non è di certo nata ieri la smania di scaricare a tutto spiano dai più famosi market per smartphone, che siano Android, iOS o Windows Phone, ma è negli ultimi anni che abbiamo assistito ad un vero e proprio boom, tanto che i download al giorno negli ultimi periodi si aggirano intorno ai 12 milioni. Un vero e proprio record, ma quello che veramente preme a noi, che siamo fantasy-nauti, è sapere se, tra quei 12 milioni, ci sono applicazioni degne di esser considerate fantasy. Ebbene sì, non si vive di solo pane, e il fantasy è il condimento migliore che più ci piace. Lo pensano in molti e non a caso la voglia di vedere sempre più giochi a tema medievale o con le classiche dinamiche RPG e/o Hack ‘n’ Slash ha coinvolto programmatori di tutto il mondo, che hanno puntualmente iniziato a riempire i market con i loro prodotti. Evviva, dunque? Tutto l’opposto.
Se da un lato la scelta è diventata pressapoco infinita, e con talmente tanti giochi diversi che c’è solo l’imbarazzo della scelta, dall’altro abbiamo prodotti che non sempre accontentano la maggioranza del pubblico, e la rivolta e il lancio di pomodori secchi virtuali diventa inevitabile. Ma perché questo accade? Diciamo innanzitutto che disdegnare un’app non risulta tanto complesso: in primis perché tutto è relativo, quindi anche il capolavoro del secolo può non piacere; secondo (e forse aspetto più importante) è che alcune di queste sono sviluppate davvero con i piedi, soprattutto quelle di team indipendenti che si limitano a copiare e a ricopiare lavori già esistenti (per citare il caso più recente, guardare tutti i cloni di Flappy Bird o cavolate del genere) inserendo pubblicità invasive in ogni pixel del nostro dispositivo pur di ottenere uno sputo di fama e di guadagno. Perciò nel nostro discorso di oggi non spareremo sulla croce rossa: le app “di seconda classe” le abbiamo già denigrate, io voglio condurvi alla rivolta (o magari all’acclamazione, chi lo sa) di quelle dal pugno di ferro. Quelle prodotte dalle grosse società e con possibilità di sviluppo senza freni ($$$).
Ultimamente ho approcciato anch’io il mondo dei giochi su smartphone e del download senza freni, e una delle prime cose che ho voluto testare è stata appunto la qualità di giochi appartenenti al nostro genere preferito. Non posso mentire, ed è stato assai piacevole scoprire applicazioni davvero variegate e ben fatte, molte delle quali mi hanno ricondotto a vecchi ricordi e a giochi di epoche passate. È stato molto bello, fino a quando non le ho installate e provate. Prima di far piovere invettive e bestemmie, però, voglio parlare di un giochino sfizioso che mi ha lasciato parecchio soddisfatto, pur nella sua semplicità. Il suo nome è “Spell Sword” ed è prodotto da “Miniclip.com“.
È un titolo molto immediato, ed anche se solo in inglese la sua chiarezza è disarmante, anche un bambino di 5 anni capirebbe cosa fare. Il nostro mini eroe protagonista sembra essere un avventuriero che si ritrova a sconfiggere orde di mostri di vario tipo (ce ne sono davvero molteplici, io fin ora nella mia avventura ne ho contati circa 6 tipi, escludendo le loro variazioni e versione potenziate). Ed il gioco è essenzialmente tutto qui: un gioco a piattaforma in cui il nostro compito è razziare gemme di ogni tipo e colore al fine di potenziarci e comprare nuovi strumenti. Proprio questi ultimi veramente sono tanti e variegati: dai cappelli, alle collane, ai ciondoli, ecc, ognuno con un proprio potenziamento specifico. Tutti acquistabili senza bisogno di metter mano al portafogli tramite acquisti con micro transazioni (anche se ovviamente le cose più appetibili costano una vagonata di gemme, quindi o si gioca per secoli o si acquistano i mini pacchetti che rimpinguano le nostre riserve in game). Ma tralasciando questo, il gioco in sé non ha limitazioni di alcun tipo se si desidera mantenere immacolato il proprio conto, quindi l’esperienza non ne risente. Anche se alla lunga può sembrare ripetitivo vi assicuro che le sfide sempre nuove vi offriranno uno spunto per proseguire nei livelli. Unica nota dolente sono gli scenari, che sono solo 3 (almeno per ora). Dove voglio arrivare dicendo questo? Di certo non ne sto parlando per fare pubblicità, ma lo faccio per darvi un punto di riferimento in mezzo alla bolgia delle app succhiasoldi e le stramaledettissime Pay To Win.
Ecco dove volevo arrivare, ed ecco le app “incriminate” su cui voglio marcare il segno (ed è un discorso applicabile a moltissimi prodotti in circolazione sui nostri store): Dungeon Hunter 4 e Dungeon Keeper.
Minuto di silenzio. Proseguiamo: non è uno scherzo. Abbiamo veramente nominato Dungeon Keeper? Per adesso lasciamolo in sospeso perché voglio affrontarlo alla fine del discorso, così da lasciarci l’amaro in bocca esattamente come accade quando mangiamo l’ultimo mandarino a tavola e scopriamo troppo tardi che è andato a male.
Dicevamo di Dungeon Hunter 4, allora: premettiamo che il gioco è fantastico, realizzato davvero bene, con comparto audio video di tutto rispetto e con una campagna davvero avvincente. Insomma uno dei migliori action RPG mai prodotti su smartphone, ma che per esser goduto a pieno farà piangere i portafogli di molti. Incominciamo con il dire che non parliamo di spiccioletti – non di 5, non di 10, non di 20 euro –, ma di cifre over 50 che potrebbero permettere solamente una discreta esperienza di gioco complessiva. Se si vuole davvero godere a pieno di Dungeon Hunter 4 e magari riuscire a completarlo, i soldi che bisognerà spendere son davvero tanti (non dovrebbe essere difficile superare gli 80€), e questo è davvero inammissibile. Chiaramente non esiste un pacchetto unico con un certo costo che permetta di “sbloccare” il gioco in versione “premium” (dando così a chi acquista un’idea della spesa che andrà ad affrontare) ma bisogna comprare man mano gli upgrade o i diamanti, che sono la valuta più ambita e utile nel gioco. Come se non bastasse, la difficoltà è a livelli demoniaci, e ciò non è un caso: avrete già capito che è una chiara trovata per spingere i giocatori a comprare qualche pozione curativa in più o un po’ più di rigenerazione, e magari convincere i più titubanti a spender fior fior di quattrini. Che dire, insomma, il gioco vale molto ed è da lodare considerando che si tratta di un prodotto mobile, ma non così tanto! La presunzione degli sviluppatori che qualcuno possa concordare con questi folli prezzi rende tutto ancor più fastidioso. Quindi io vi consiglio di provarlo, ma di non spender nemmeno un centesimo per le features aggiuntive. O al più risparmiatevi quel bel 1,1 GB di spazio richiesto per altre applicazioni più modeste. Gameloft mi ha deluso, e per me non c’è storia che il secondo capitolo della saga sia ancora il migliore di tutti. Voi che ne dite?
La storia del male che albeggia su Dungeon Keeper (DK) vi procurerà ancora più dolore. Il gioco in sé non è poi cosi male, anzi: è pieno di elementi innovativi che nei vecchi DK non c’erano (come il materiale “Pietra” utile per costruire il nostro regno), i molti incantesimi, senza contare la presenza di una componente online che permette raid tra giocatori. Sembra tutto molto bello ma c’è qualcosa di profondo che mi disturba e mi inquieta ogni volta che avvio l’app. Per prima cosa vi è un humour esagerato: anche i primi capitoli su PC ne avevano molto – basti ricordare le incredibili frasi emblematiche come: “Il tuo Dungeon è pieno di yogurt” oppure il famoso “Jackpot”, e di tutto ciò che ne conseguiva (chi vi ha giocato, potrà capirmi) –, ma qui veramente si esagera. Sembra diventato un gioco per bambini ancora in fasce con tutte quelle creature troppo “cartoonizzate” e quelle battutine random spesso fuori luogo.
Che poi, DK ha avuto tanto successo non solo per il suo aspetto e per le sue caratteristiche, ma soprattutto perché è stato uno dei primi giochi a rendere bello e lecito giocare dalla parte dei cattivi. Qui manca ogni crudeltà che era giusto aspettarsi nel regno delle creature delle tenebre, e vedere la Bestia Cornuta (che da fanciullo mi faceva molta paura) trasformata in un demonietto che fa faccine stupide, all’occasione anche impaurite, e che soprattutto è soprannominata “Cornetto” per via delle corna, genera un imbarazzo davvero di non poco conto. Per non parlare poi del Pay to Win che è manifesto in una maniera impietosa e frustrante: innanzitutto le costruzioni richiedono parecchio tempo per essere completate, per non parlare dei blocchi di gemme dure che impiegano oltre una giornata per essere tolte di mezzo, a meno che, ovviamente, non si spendano delle fantastiche gemme verdi che annullano i tempi di attesa. In un mondo in cui la corsa agli armamenti nel minor tempo possibile e in cui lo scavare e il costruire in tempi record sono fondamentali, sembra lampante quanto possa essere limitativo giocare senza utilizzare le gemme. Per fortuna non siamo ai livelli di DH 4 e le gemme, seppur in quantità scarse, si trovano anche nel gioco free, ma i vantaggi che si possono assumere comprando abbonamenti o versioni deluxe farebbero cadere le braccia anche al più grande dei nerd, che pur di rivaleggiare contro chi paga perderebbe una vita intera a coltivare il suo mondo. Dov’è la sfida dunque? Che competitività ci può essere se un giorno, in una partita online, ci ritroveremmo noi semplici giocatori contro un possessore di account deluxe che ha speso oltre 90 euro per accaparrarsi 15 mila gemme e ottenere tutto nell’immediato? Se voglio giocare un gioco difficile ma appagante piuttosto mi rivolgo a Dark Souls, che costa anche molto meno!
Non capirò mai questa politica, e non posso che sconfortarmi e pensare che Dungeon Keeper, quello vero, non rivedrà mai la luce nel suo antico splendore. Del resto era già da un anno che l’avevamo profetizzato qui.
In conclusione: DK per dispositivi mobili si presenta bene ed è anche divertente giocarci, ma gli darei uno zero pieno perché hanno voluto spacciarlo come un capitolo facente parte della saga originale, quando invece non lo è per nulla. Avesse avuto un altro nome, veramente avrei avuto solo parole di apprezzamento, escluso il lampante Pay to Win.
Fatemi sapere cosa ne pensate, discutiamone insieme e cerchiamo di capire come evolverà il mondo dei videogiochi questo sistema.
– Giulio Marciello –