Parliamo delle mie prime esperienze con i giochi da tavolo per farvi raccontare in che modo siete entrati in contatto con questo magnifico mondo!
A volte, guardando i mobili di camera mia straripanti di giochi da tavolo, mi capita di domandarmi come mai abbia iniziato ad acquistarne così tanti e, soprattutto, quando sia nata questa mia passione. Dopo essermi sforzato per un po’, ripercorrendo a ritroso la mia carriera di giocatore, mi tornano alla mente immagini di un tempo lontano lontano, di gioia, giochi e spensieratezza: la mia infanzia; credo, infatti, che il mio attaccamento ai giochi da tavolo sia dovuto dall’importanza che essi hanno rivestito nei bei tempi che furono e che, in seguito, grazie a Boardgames più “impegnati”, ho riscoperto.
Non ricordo con esattezza in che modo venni in possesso del mio primo gioco da tavolo: forse me lo regalarono i miei genitori, qualche compagno di classe al compleanno, o forse i miei parenti; beh chiunque sia stato, non posso fare altro che ringraziarlo con tutto il cuore, perché quel gioco l’ho logorato al punto di renderlo inutilizzabile (dovendolo quindi ricomprare a posteriori): sto parlando del “Labirinto Magico”.
Dio quanto ho amato quel gioco stupendo! Ho fatto dannare tutta la mia famiglia durante le varie cene e riunioni in occasione delle festività, volevo giocarlo sempre, in qualsiasi momento ed infatti, appena ne avevo l’occasione, correvo in camera a prenderlo! Era bellissimo, semplice e al contempo emozionante ed imprevedibile: per chi non lo conoscesse, il gioco si basa sull’utilizzo di un tabellone componibile che rappresenta un labirinto, in cui alcune tessere sono fisse, mentre le altre sono mobili e vengono spostate dai giocatori, facendole scorrere, per modificare la conformazione del labirinto; scopo del gioco è quello di muoversi con la propria pedina lungo il labirinto, nel tentativo di recuperare determinati oggetti o creature, indicati sulle Carte Obiettivo, prima di tutti gli altri giocatori.
Col tempo misi da parte lo stupendo Labirinto per passare a giochi di società più classici, da giocare con gli amici, più che con la famiglia: prima il sempreverde Monopoli, poi Cluedo (con cui mi arrabbiavo sempre perché non riuscivo mai a scoprire il colpevole!), Mastermind, Jumanji (un gioco che è letteralmente scomparso da casa mia dopo qualche partita), Catch Mag (un’oscenità più che un gioco da tavolo, madonna… con tutto quello che potevano fare sfruttando il magnetismo hanno tirato fuori una schifezza senza precedenti!), Affonda la Flotta, Indovina Chi (questo l’ho amato davvero tanto!) e chi più ne ha più ne metta. Tutti giochi classici, conosciuti e, per certi versi, tendenti al noioso, perché privi, almeno per l’età che avevo, di un qualche elemento interessante, se non la possibilità di stare in compagnia con gli amici.
Avevo quindi perso un vero e proprio interesse per i giochi da tavolo fino a quando, per l’ennesimo compleanno, i miei genitori non hanno deciso di acquistare un gioco che mi ha segnato e che, devo ammettere, gioco tutt’ora, ovvero Lionheart.
Quintali di bava alla bocca quando lo aprii, poiché conteneva tutto ciò che un bambino poteva desiderare da un gioco da tavolo (tant’è che avevo anche provato a fare una cosa del genere con i PlayMobil e i LEGO, ma con scarso successo): miniature di cavalieri e soldati medievali, da posizionare su basette e da far scontrare tra di loro simulando, sul tavolo, una battaglia a tutti gli effetti, con tanto di mercenari pronti a cambiare il proprio schieramento per qualche moneta d’oro in più; una figata pazzesca o, come dicevo al tempo, “La cosa più toga del mondo”. Insomma, stiamo parlando di un gioco di strategia e piazzamento, da un certo punto di vista ispirato agli scacchi, basato sul tiro del dado per determinare i risultati degli scontri tra schieramenti, abbastanza facile da comprendere ma comunque stupendo da giocare.
Passai un sacco di pomeriggi con il mio migliore amico a giocarci, immaginandoci, entrambi, signori di un castello in perenne lotta l’uno contro l’altro, e simulando i più feroci e sanguinosi scontri campali di sempre! Con il passare del tempo, purtroppo, persi di vista il mio amico, e quindi mi ritrovai senza nessuno con cui poter giocare: tutti gli altri bambini preferivano, giustamente, giocare nei parchi, all’aria aperta, oppure semplicemente usare i videogiochi. Fatto sta che anche Lionheart, purtroppo, subì un ingiusto trattamento, finendo a prendere la polvere in cantina fino a tempi più recenti.
Solo un altro gioco ha segnato la mia infanzia, principalmente per due motivi: il primo è che, a differenza degli altri due, è davvero MERAVIGLIOSO, tanto da contare tutt’ora un seguito accanito da parte di utenti navigati, mentre il secondo è collegato al fatto che non smetterò mai di infamare i miei genitori per avermelo dato in un periodo in cui non potevo capirne la bellezza, tant’è che il gioco stesso è stato segnato irrimediabilmente dalla mia infanzia, finendo, letteralmente, in pezzi, tanto che ora risulta essere inutilizzabile (maledetto sia il “me” bambino).
Sì, avete letto bene, Heroquest.
Mi chiedo, quale genitore sano di mente metterebbe nelle mani del proprio figlio un gioco da tavolo così figo senza raccomandarsi di non distruggerlo? Ah, tra l’altro, i miei se l’erano comprato per loro, ma dopo qualche partita non li aveva convinti.
Heroquest… ancora ci penso e mi viene male… aveva delle regole troppo “complesse”, non le capivo per niente, e dunque mi limitavo ad utilizzare la componentistica per giocare ai soldatini… quale disonore e stupidità… Ormai non rimane nulla di quel gioco da tavolo, se non una scatola vuota e la mia delusione nell’impossibilità di giocarlo.
Beh, che altro dire, questi sono i giochi che hanno segnato la mia infanzia e che, probabilmente, hanno dato il via alla passione per i giochi da tavolo. E voi? Voi come e quando vi siete avvicinati a questo mondo?
–Luca Mugnaini–