Oh, ma guarda, è uscito un nuovo titolo PS3 sui Cavalieri dello Zodiaco! Grande! Ma… era davvero necessario?
Chi, tra voi lettori, ha avuto il piacere (e la sfortuna, visto che ormai andrebbe per gli -enta) di nascere agli albori dei gloriosi anni ’90, come il sottoscritto, non potrà che essere cresciuto con una serie animata a dir poco leggendaria: Saint Seiya o, se preferite, I Cavalieri dello Zodiaco era – ed è ancora – come i cartoni animati di una volta, portatori di una imperitura serie di altissimi valori; e se in Ken il Guerriero veniva calcata la mano, più e più volte, sull’importanza dell’amore come bene assoluto a cui aspirare, nell’anime tratto dall’opera di Masami Kurumada questo valore non potrebbe essere rappresentato altrimenti dall’amicizia e dal sacrificio fraterno. Ma di questi legami, delle gesta di Pegasus e soci, dei motivi per i quali Saint Seiya sia rimasto nei nostri cuori e di perché, secondo certi aspetti, rappresenti una sopravvalutata botta di culo, tratteremo nello specifico prossimamente, sempre sulle nostre dorate sponde. Oggi, isolani, bruciate con coraggio il vostro cosmo da videogiocatori incalliti, perché vi parlerò di Saint Seiya – Brave Soldiers! E bruciatelo parecchio, visto il fegato che vi servirà per riuscire a finire questo gioco…
Partiamo da una premessa: chi vi scrive ha consumato controller su controller a furia di menare mazzate nei picchiaduro. Letteralmente. Dagli albori delle sale giochi, spendendo decine di gettoni (sì, esistevano i gettoni, una volta) su Street Fighter II, passando per le casalinghe saghe immortali di Tekken e Soul Blade/Calibur, senza dimenticare i vari, eccellenti Dragonball Budokai Tenkaichi su PS2, per colpa dei quali un paio di analogici del pad ancora gridano di dolore. Proprio questi ultimi titoli che ho citato condividono con Brave Soldiers la stessa casa di produzione, la nipponica Dimps, nata ad inizio millennio e corresponsabile, tra l’altro, della rinascita di Ryu e soci con Street Fighter IV. È quindi facilmente intuibile lo stato di frustrazione in cui si precipita, dopo i notevoli titoli appena accennati, nel ritrovarsi tra le mani qualcosa di approssimativo e fatto col culo come BS. Sì, l’ho detto, fatto col culo. Ma perché tanto astio? Andiamo con ordine.
Il gioco perde l’impostazione “musou”, in puro stile Dinasty Warriors, del suo predecessore su PS3, La Battaglia del Santuario, rispolverando il classico 1 vs 1 già visto nei capitoli per PS2. Una promettente intro animata ci introduce alle tre saghe classiche del manga, Santuario, Nettuno e Ade; manca, non si sa per quale motivo, il filler di Asgard, che probabilmente verrà inserito con gli immancabili e stramaledetti DLC. Naturalmente è necessario terminarle tutte per sbloccare l’intero roster di personaggi a disposizione. Un roster abbastanza scarno che, a parte i Cavalieri di Bronzo con relative seconde e terze versioni delle armature, i 12 Cavalieri d’Oro, i tre Giudici dell’Inferno e le Divinità, non offre molte variabili, lasciando all’oblio i Silver Saints. La modalità storia è realizzata con la stessa voglia che ha un bradipo di fare sci nautico: per ogni combattimento avremo delle ridicole scene di intermezzo realizzate in cel shading, totalmente statiche, che se da un lato rendono l’idea del fumetto e integrano alcuni fotogrammi dell’anime classico, dall’altra rendono talmente frustrante il dover continuamente premere X per andare avanti che vi troverete non di rado a rifugiarvi nel tasto start, per saltarle in due secondi. Nonostante ciò, la resa grafica ingame non è malaccio: non è al livello di una PS3, certo, ma durante i combattimenti le armature appaiono realizzate discretamente, fedelissime alla controparte animata, e gli effetti di luce sulle stesse, tra riflessi e ombre, sono in assoluto la cosa migliore di questo gioco.
A proposito del sistema di gioco, è molto semplificato, chiaramente rivolto ad un target infantile. Scordatevi le perizie tecniche di Tekken, le mezzelune di Street Fighter o le prese di Soul Calibur: Brave Soldiers gestisce tutto il combat system mediante la barra del cosmo, posta in basso, divisa in 4 simpaticissime tacchette. Ricaricabile con L2, quest’ultima gestisce una serie di combo, scatti, schivate e attacchi energetici (Ali della Fenice ecc., eseguibili col tasto cerchio, o il Big Bang finale, con R2), a corto o medio raggio. Insomma, assicuratevi di tenerla sempre piena, e non perderete mai. Tant’è che, facendo partire una ripetitivissima sequenza di cazzotti (quadrato, quadrato, triangolo), e facendo scattare l’avversario con l’ausilio del tasto Croce potreste andare avanti fino a una 40ina di colpi, a meno che il vostro avversario non vi schivi con R1. E qui l’intelligenza artificiale vi renderà le cose abbastanza facili. I nemici, non di rado, se ne stanno fissi imbambolati in mezzo al ring (che, a proposito, è sempre, penosamente costituito da quattro lati – quattro), ricaricandosi l’energia e dandovi tutto il tempo di fare altrettanto.
Se a questo, nello Story Mode, aggiungete che gli incontri varieranno di pochissimo, apportando, saltuariamente, dei miseri boost di rigenerazione cosmo all’avversario, e il fatto che lo stile di combattimento di un personaggio rimanga sostanzialmente invariato, qualsiasi armatura egli indossi – rendendo alcuni personaggi semplici doppioni di altri, sebbene con una skin diversa (Pegasus Sagittario è sostanzialmente Pegasus Armatura di Bronzo) – capirete quanto, nel complesso, il gioco alla lunga risulti noioso, ripetitivo e stucchevole.
La musica non cambia in modalità multiplayer. Se, e quando il server si degnerà di trovarvi un avversario, il matchmaking non è mai bilanciato: alla vostra prima partita vi ritroverete a competere con chi è incollato al pad da 17 match di fila, imbattuto e invincibile, facendovi passare la voglia di una sfida oltreoceano in quattro e quattr’otto. Perlomeno, non ho notato lag o rallentamenti di sorta.
Chiudiamo con la sezione extra, rappresentata da delle fantastiche e mirabolanti carte collezionabili, i modelli poligonali dei personaggi totalmente ruotabili in 3D (oh, mio dio, che fortuna), e delle improbabili sfere con cui potenziare il vostro eroe, per affrontare al meglio la modalità Sopravvivenza. Fine. Stop. Un blu-ray di 25 giga, e questo è quanto.
Ma allora, tirando le fila, perché comprare Brave Soldiers, perché buttare il sangue sprecando quella decina d’ore necessaria a terminarlo? Se, come chi vi scrive, siete fan di vecchia data, non potete perderlo. Ok, sarà ripetitivo, e monotono, e gli sviluppatori non avevano né tempo, né voglia di impegnarsi a creare qualcosa di appena sopra il mediocre (magari sono rimasti folgorati anche loro da Breaking Bad, e passavano le giornate in ufficio a divorarselo, invece di lavorare), ma è sempre Saint Seiya, cazzarola! Da aficionados convinti, trovandolo a una ventina d’euro, non potete farvelo scappare, anche solo per passare qualche pomeriggio con gli amici. È vero, non ce lo meritiamo affatto, e ci sarebbero tutti i mezzi per creare ben altri capolavori, ma purtroppo, per ora, questo passa il convento. Consolatevi, poteva andare peggio.
– Mario Venezia –