Abbiamo ormai visto il film “Lo Hobbit: la desolazione di Smaug“. Quale è stata l’aderenza e quale il rapporto con il libro originale per questa seconda pellicola?
Come in tutte le grandi produzioni cinematografiche, i prodotti inerenti le pellicole in uscita diventano successi di vendita anche dopo anni che sono stati ad impoverirsi. Così, sin dall’annuncio del primo film de Lo Hobbit ognuno di voi si è ritrovato per le mani una copia di questo libro, che spero abbia letto. I plot delle sceneggiature si ispirano spesso a opere letterarie, generando una vera filosofia e scienza sulle cose da fare e sul lavoro da mettere in opera in merito all’adattamento cinematografico dei libri. Il lavoro intra-mediale porta però a varie conseguenze e stravolgimenti. Questa non è una recensione di “Lo Hobbit: la desolazione di Smaug” poiché ce ne siamo già occupati (la trovate in questo articolo) ma un’analisi sul rapporto che il regista Peter Jackson ha saputo costruire con un opera originaria così diversa da quello che è stato il risultato finale, scandagliandola per i punti principali. In questa prima parte parliamo dei personaggi.
Personaggi
La prima volta che ho letto “Lo Hobbit“, nonostante tutto lo sforzo di immaginare questa storia come un lavoro non d’interesse editoriale quanto fiabesco e leggero, mi è rimasta per tutta la lettura quell’urticante sensazione di vacuità e vaghezza in merito alla caratterizzazione dei personaggi. A parte Thorin Scudodiquercia e Bilbo, sul quale c’è comunque molto da dire, gli altri nani e lo stesso Gandalf non esprimono quello spessore che gli va riconosciuto e che nel film riusciamo ad apprezzare così bene.
-I Nani-
Balin, Dwalin, Fíli, Kíli, Dori, Nori, Ori, Óin, Glóin, Bifur, Bofur e Bombur sono i 12 nani che accompagnano Thorin nella sua avventura verso Erebor. Capirete che trovare in un libro tutti questi nomi rende difficile riuscirli a collocare all’interno di una storia comprendendo a pieno chi sono, cosa fanno e quali siano le loro peculiarità. Anche se di loro spesso si narra in coppia o in piccoli gruppi, non si riesce ad immaginarli con la facilità che ci dà la pellicola e che ci ha fatto affezionare ad ognuno di loro in maniera diversa. Un lavoro cinematografico come questo non poteva permettere che i nani non avessero grandi differenze fra loro, e così tra questi due episodi c’è stata una forte caratterizzazione degli stessi, che si sono evoluti nella storia, mostrando i propri pregi e difetti, rimarcando così la loro presenza all’interno di un contesto narrativo.
-Thorin Scudodiquercia-
La realizzazione cinematografica del personaggio di Thorin Scudodiquercia è molto fedele al libro: nonostante aggiunte di dialoghi e di gesta, risulta sempre un personaggio definito, deciso e intriso di quello spirito puramente nanico dell’attaccamento alle ricchezze e all’onore. La durezza e testardaggine che lo caratterizza, e la ferita aperta di essere stato scacciato dalla sua montagna e dal suo regno, lo rendono disposto a tutto pur di recuperare quello che ha perso. Senza spingermi oltre e parlare del terzo film, posso dire che mi è sembrato ripreso in maniere più che decente dall’opera letteraria e che rappresenti un co-protagonista molto interessante. Inoltre, questa caccia a Thorin e a tutti i nani messa in opera dalle legioni orchesche rende la sua impresa meno isolata, ma contestualizzata in qualcosa di molto più grande di un gruppo di nani e un cumulo di tesori.
-Bilbo Baggins-
Per quanto riguarda Bilbo, invece, il discorso è diverso. Per tutto il libro non fa che lamentarsi, desiderare di tirarsi indietro da tutto quello che accade, e tentenna in ogni momento rimpiangendo il suo servizio da tè e la sicurezza della sua casa. Un personaggio pedante e pesante, lanciato in questa avventura senza nessun motivo o qualità dalla stupidità apparente del Mithrandir. Nella pellicola lo vediamo come un personaggio deciso, coraggioso, che brandisce la spada con sicurezza, salva tutti e chiacchiera con Smaug con una certa serenità molto meno velata che nel libro. Nonostante questo snaturi il personaggio, penso che la scelta sia stata giusta: un protagonista così pesante e pauroso avrebbe fatto sì che la passione del pubblico si potesse allontanare da lui, e questo non è mai un bene per il personaggio principale di un film. I momenti in cui il suo coraggio supera le aspettative (e a volte anche la credibilità) sono colmati da quel senso di fiaba, che passeggia parallela a tutta la narrazione e che ci aiuta a non farci troppe domande, ma a collocare nel giusto contesto azioni e dinamiche messe in atto dai personaggi. Se il Bilbo del libro fosse stato così avrei letto l’opera con molto più piacere, guardando in un essere così piccolo tanto coraggio e arguzia. Invece non vedevo l’ora di finirlo, come lui non aspettava altro che tornare a casa.
-Gandalf il grigio-
Gandalf, un mix tra un cercatore di avventure e un Harry Potter. Immotivato e illogico il motivo per cui egli scelga quell’hobbit e la ragione per la quale si lanci in questa avventura, lui che conosce e sa quali sono i problemi e le necessità della Terra di Mezzo. Una figura di questa altezza non dovrebbe trovare il tempo per poter aiutare quattro nani a farsi ammazzare da un drago. La prodezza cinematografica risolve ancora una volta il problema, collocando la questione dei nani e di Erebor al centro di un discorso molto più complesso che viene allacciato a quello che succederà nella precedente trilogia di Jackson. Lo stesso motivo per cui il Mithrandir abbandona i nani all’entrata di Bosco Atro è ignoto: prende e va via, senza che si comprenda a pieno il perché, e come si evolverà la cosa. Il film colma questo, come altri vuoti del personaggio, limandolo e rendendolo sempre più complesso in questa trilogia prequel che sfocerà in quella che conosciamo e abbiamo già visto con Il Signore degli Anelli. Gandalf è la guida, è il messia e il profeta. La scena in cui Sauron, uscendo dalla sua stessa pupilla, inchioda il bene rappresentato dallo stregone alla dura parete rocciosa è una forte metafora e allegoria del ruolo di Mithrandir, e di quanto la sua purezza debba riuscire a tenere testa ad un male che striscia e che avvelena. Epico, davvero.
Presto la seconda parte per approfondire la storia e l’universo tolkeniano raccontato nel libro e girato nel film, non perdetela!
-Luca Scelza-